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Giurisprudenza

Corte Ue: detrazione rettificabile
se la cessione non è effettuata

Al centro della controversia il caso di un' operazione che è stata fatta valere in forza di un pagamento anticipato a cui non ha fatto seguito alcuna prestazione

pane e prodotti di pasticceria
Secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto alla detrazione, contenuto negli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, costituisce parte integrante del meccanismo dell’Iva ed è finalizzato a garantire la neutralità del sistema Iva. Tale meccanismo consente, infatti, a un operatore, che riveste la qualifica di soggetto passivo, di recuperare il tributo a lui addebitato in via di rivalsa dal cedente o prestatore e di non rimanerne “inciso”.
Per tale ragione, in linea di principio, tale meccanismo non può essere soggetto a limitazioni e le deroghe sono consentite solo in casi espressamente contemplati dalla direttiva (sentenza 19 settembre 2000, cause riunite C-177/99 e C-181/99 o sentenza 8 gennaio 2002, causa C-409/99). In ogni caso le deroghe devono applicarsi in maniera analoga in tutti gli Stati membri, considerato che le stesse incidono sul livello dell’imposizione fiscale.
La detrazione, quindi, esonera interamente l’imprenditore dall’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette a Iva e purché non diano luogo a situazioni fraudolente o abusive in quanto gli interessati non possono mai e in alcun caso avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario.
Nel caso specifico, la peculiarità della controversia esaminata, così come osservato dall’Avvocato generale, è riconducibile alla circostanza che la detrazione dell’imposta versata a monte è stata fatta valere in forza di un pagamento anticipato al quale non è tuttavia seguita alcuna prestazione.
 
Contesto normativo
L’articolo 167 della direttiva afferma che il diritto alla detrazione sorge quando l’imposta diventa esigibile. L’imposta diviene esigibile, a norma dell’articolo 63, nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi. Tuttavia, in caso di pagamento di acconti anteriori alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi, l’imposta è esigibile, ai sensi dell’articolo 65, al momento dell’incasso e a concorrenza dell’importo incassato.
Il diritto alla detrazione dell’Iva, inoltre, è riconosciuto anche con riferimento all’Iva assolta per i beni che sono o saranno ceduti e per i servizi che sono o saranno resi (articolo 168).
In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o ancora di riduzione del prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri (articolo 90, paragrafo 1).
Per l’esercizio del diritto alla detrazione, il soggetto passivo deve, poi, soddisfare le condizioni indicate dall’articolo 178 tra le quali è presente il possesso di una fattura conforme alle disposizioni relative all’emissione delle fatture stesse (articoli 220 e seguenti della direttiva).
La detrazione inizialmente operata, inoltre, deve essere rettificata qualora la detrazione sia superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto (articolo 184). Ciò avviene in particolare quando, successivamente alla dichiarazione dell’Iva, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione e in particolare in caso di annullamento di acquisti o riduzioni di prezzo. La rettifica, invece, non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16. In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto, tuttavia, gli Stati membri possono esigere la rettifica (articolo 185). Le modalità di attuazione delle rettifiche sono, infine, determinate dagli Stati membri.
Per quanto attiene, infine, ai debitori di imposta, l’Iva, ai sensi dell’articolo 193, è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, eccetto nei casi in cui è dovuta da una persona diversa in virtù dei successivi articoli della direttiva. Gli Stati membri, infine, nelle situazioni indicate in tali articoli possono stabilire che una persona diversa dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per l’assolvimento dell’Iva.
 
La normativa fiscale bulgara
L’articolo 70, paragrafo 5, della legge bulgara relativa all’imposta sul valore aggiunto esclude il diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte che sia stata indebitamente fatturata.
In materia di responsabilità solidale, l’articolo 177 della stessa legge stabilisce, poi, che il soggetto registrato, destinatario di una cessione imponibile è responsabile per il pagamento dell’imposta dovuta e non versata da un altro soggetto registrato qualora questi eserciti il diritto alla detrazione dell’imposta a monte riconducibile direttamente o indirettamente all’Iva dovuta e non versata. Tale responsabilità non è, peraltro, subordinata all’ottenimento di un preciso vantaggio per effetto del mancato versamento dell’imposta dovuta.
La responsabilità è rinvenibile quando il soggetto sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’imposta non sarebbe stata assolta e tale circostanza è stata dimostrata dalle autorità preposte alla verifica.
La conoscenza, infine, si presume qualora vengano realizzate congiuntamente le seguenti condizioni:
  • l’imposta dovuta non sia stata effettivamente versata per un periodo di imposta da un qualsiasi fornitore a monte, a titolo di operazione imponibile avente ad oggetto il medesimo bene o il medesimo servizio, in una forma identica, modificata o trasformata;
  • l’operazione imponibile sia fittizia, eluda la legge ovvero il suo prezzo si discosti sensibilmente dal prezzo di mercato.
La responsabilità sorge nei confronti del soggetto passivo direttamente destinatario della fornitura per la quale l’imposta dovuta non sia stata versata e, qualora il recupero non vada a buon fine, la responsabilità può sorgere nei confronti di qualsiasi destinatario a valle nella catena delle forniture, così come per i fornitori a monte.
La responsabilità legata alla conoscenza si applica, infine, anche al fornitore a monte del soggetto passivo debitore dell’imposta non versata.
 
Causa principale e questioni pregiudiziali
Nella controversia oggetto della pronuncia, una società di diritto bulgaro, la cui attività consiste nella produzione e commercializzazione di pane e prodotti di pasticceria (con capitale detenuto al 99% da un’altra società e all’1% da un determinato soggetto) ordinava ad un’altra società (interamente di proprietà del soggetto detentore dell’1% della società che effettuava l’ordine) una quantità determinata di grano. L’operazione prevedeva un pagamento anticipato e veniva emessa una fattura con esposizione dell’Iva.
L’imposta veniva quindi portata in detrazione in sede di dichiarazione Iva da parte della società acquirente. L’Amministrazione finanziaria bulgara in sede di controllo contestava detta detrazione affermando che l’operazione faceva parte di un sistema di evasione fiscale. La società che aveva effettuato la vendita, infatti, non sarebbe stata autorizzata a tale attività e questa circostanza, secondo l’Amministrazione finanziaria non poteva essere ignorata dalla società acquirente.
Inoltre, la società acquirente provvedeva a versare alla venditrice una somma maggiore rispetto a quando dovuto per l’operazione e contestualmente la società venditrice versava l’importo esatto dell’operazione alla società che deteneva per il 99% la società acquirente e quest’ultima versava la stessa somma alla società detenuta al 99% che aveva effettuato l’operazione di acquisto.
Tali versamenti venivano giustificati dalla società come un’operazione di finanziamento per la somma che la società venditrice ha effettuato alla società che deteneva al 99% la società acquirente e come un apporto di capitale la somma che la società controllante versava alla propria controllata.
 
La decisione del Fisco bulgaro
Tale giustificazione non veniva accolta dall’Amministrazione finanziaria e veniva quindi emesso avviso di accertamento in rettifica. Contro tale avviso la società proponeva ricorso dinanzi al Direktor che confermava l’avviso. La società proponeva quindi ricorso dinanzi al giudice del rinvio sostenendo che i motivi di diniego alla detrazione si fondavano su circostanze, compreso il carattere fittizio dell’operazione, applicabili ai fini della responsabilità per l’Iva non assolta dal proprio fornitore ma non ai fini del diniego del diritto alla detrazione.
 
Il rinvio alla Corte di giustizia
Il giudice di rinvio decide di sospendere il procedimento e di sottoporre quattro questioni pregiudiziali con le quali chiede sostanzialmente alla Corte l’interpretazione delle disposizioni che regolano, da un lato, la detrazione dell’imposta assolta a monte, dall’altro, la disciplina sulla responsabilità in solido di un soggetto passivo per l’imposta dovuta da un terzo.
In particolare le questioni pregiudiziali riguardano:
  • se, in casi come quello oggetto del procedimento principale, il combinato disposto dell’articolo 168, lettera a), dell’articolo 65 con l’articolo 90, paragrafo 1, e dell’articolo 185, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, debba essere interpretato nel senso che, alla luce della mancata esecuzione, per motivi oggettivi e/o soggettivi, della prestazione principale in conformità delle condizioni di fornitura, il diritto alla detrazione dell’imposta a monte deve essere negato al momento del suo esercizio;
  • se, alla luce dell’interpretazione di detto combinato disposto e tenuto conto del principio di neutralità dell’Iva, in un’ipotesi del genere, rilevi o meno la possibilità oggettiva per la fornitrice di rettificare l’Iva esposta in fattura e/o la base imponibile, secondo le modalità previste dalla normativa nazionale e quali effetti esplichi una tale rettifica sul diniego dell’iniziale detrazione dell’imposta a monte;
  • se l’articolo 205, in combinato disposto con l’articolo 168, lett. a) e con l’articolo 193, tenuto conto anche del considerando 44 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono negare al destinatario di una fornitura la detrazione dell’imposta a monte applicando soltanto i criteri da essi stessi fissati in una normativa nazionale, secondo cui il debito fiscale viene imputato a un soggetto diverso dal soggetto passivo, qualora, in tal caso, il risultato fiscale finale sia diverso da quello conseguito con il rigoroso rispetto delle regole previste dallo Stato membro;
  • in caso di risposta affermativa alla terza questione, se disposizioni, quali quelle oggetto del procedimento principale, siano conformi all’articolo 205 della direttiva e siano compatibili con i principi di effettività e di proporzionalità, laddove introducano una responsabilità solidale per il versamento dell’Iva sulla base di presunzioni i cui presupposti non siano fatti oggettivi immediatamente accertabili, ma istituti definiti di diritto civile, sui quali, nella fattispecie venga statuito in modo definitivo in un altro procedimento.
La decisione della Corte
I giudici comunitari nell’affrontare le questioni pregiudiziali, rilevano, preliminarmente, la non ricevibilità della quarta e parzialmente della terza questione. Il rinvio pregiudiziale alla Corte, di cui all’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ha quale funzione essenziale quella di assicurare un’interpretazione del diritto dell’Unione uniforme in tutti gli Stati membri. Il giudice nazionale è, infatti, tenuto ad interpretare la norma comunitaria e qualora vi fossero dubbi sull’interpretazione della stessa può sollevare la questione pregiudiziale davanti la Corte. Nel caso in cui, poi, il giudice in questione è giudice di ultima istanza la facoltà diviene un obbligo che tende ad evitare un consolidamento nella giurisprudenza di un’interpretazione che, non passata al vaglio della Corte di Giustizia, possa rivelarsi erronea. Secondo costante giurisprudenza, tale procedimento rappresenta uno strumento di cooperazione mediante il quale i giudici comunitari forniscono ai giudici nazionali gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione necessari per dirimere le controversie che i giudici nazionali stessi sono chiamati a risolvere. L’oggetto del procedimento di rinvio deve riguardare, quindi, una questione di diritto e specificatamente di diritto dell’Unione e deve essere una questione concreta ossia deve esservi la necessità di applicare la norma dell’Unione al fine di risolvere la controversia pendente tra le parti. Le ipotesi di non ricevibilità delle questioni si verificano invece solamente qualora l’interpretazione richiesta non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva e con l’oggetto della controversia principale oppure qualora la Corte non disponga di elementi, di fatto o di diritto, necessari per rispondere alle questioni.
 
Il caso specifico
Nella fattispecie, i giudici comunitari rilevano che in realtà l’Amministrazione finanziaria bulgara non ha ritenuto la società acquirente responsabile in solido per il pagamento dell’Iva dovuta dalla società venditrice e di conseguenza l’interpretazione dell’articolo 205 della direttiva, riconducibile alla quarta questione e parzialmente alla terza, fa ritenere irricevibili le predette questioni.
Per quanto riguarda, invece, le questioni relative al diritto alla detrazione dell’Iva, la Corte nell’esaminarle congiuntamente, rileva che l’articolo 65 della direttiva, che consente in caso di pagamento di acconti effettuati prima della cessione dei beni o della prestazione dei servizi di anticipare l’esigibilità dell’imposta al momento dell’incasso, deve essere interpretato restrittivamente in quanto costituisce una deroga al principio generale enunciato dall’articolo 63.
In tali circostanze l’imposta diviene esigibile a condizione che vi siano tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore (ossia il fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta) e in particolare occorre che tutti i beni o i servizi siano specificatamente individuati. Ed è tale condizione che deve essere soddisfatta nel procedimento principale.
Qualora, infatti, la realizzazione del fatto generatore sia invece incerta non è possibile applicare l’articolo 65. Tale incertezza è sicuramente rinvenibile in presenza di comportamenti fraudolenti. Infatti, qualora sia dimostrato che sulla base di elementi oggettivi il diritto in questione è invocato fraudolentemente o abusivamente sicuramente i giudici nazionali devono negare il diritto in questione. Di contro, qualora un soggetto passivo non sapesse o non potesse sapere che l’operazione interessata si collocava in un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione nell’ambito della catena di cessioni precedenti o successive era viziata da evasione dell’imposta non è possibile sanzionarlo con il venir meno del diritto alla detrazione. La valutazione di detti elementi oggettivi e circostanze di fatto non rientrano, tuttavia, nella competenza della Corte e devono essere oggetto di valutazione da parte del giudice di rinvio.
I giudici procedono quindi a fornire una risposta nel caso in cui il giudice nazionale ritenesse che tutti gli elementi pertinenti della futura cessione potessero essere considerati già conosciuti dalla società acquirente nel momento di versamento dell’acconto e quindi che la cessione fosse in realtà incerta.
In merito, i giudici rilevano che il meccanismo della rettifica mira sostanzialmente ad aumentare la precisione delle detrazioni in modo tale che le operazioni effettuate allo stadio anteriore continuino a dare luogo al diritto alla detrazione soltanto nei limiti in cui esse servono a fornire prestazioni soggette a tale imposta.
È rinvenibile quindi una relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione pagata a monte e l’impiego dei beni e servizi per le operazioni soggette ad imposta a valle. La rettifica inoltre a norma dell’articolo 185, paragrafo 1, deve essere operata qualora intervengano, successivamente alla dichiarazione dell’Iva, mutamenti degli elementi presi in considerazione per determinare l’importo della detrazione stessa.
 
Le conclusioni della Corte
Nel caso di specie, fra gli elementi che devono essere presi in considerazione in sede di determinazione della detrazione rientra, nel caso di pagamento dell’acconto, anche l’aspettativa che, secondo il normale svolgimento dell’operazione, la prestazione imponibile verrà eseguita. Qualora, infatti, si constati che tale aspettativa non si realizzerà in quanto è prevedibile che la prestazione non verrà eseguita, si è di fronte a un mutamento degli elementi rilevanti per la detrazione. Di conseguenza l’amministrazione finanziaria può esigerne la rettifica e ciò a prescindere dalla circostanza che l’Iva dovuta dal fornitore non sia stata rettificata.
Fermo restando, infatti, il diritto del soggetto passivo di ottenere da parte del fornitore la restituzione dell’acconto, la circostanza che l’imposta non sia stata rettificata dal fornitore non incide sul diritto dell’Amministrazione finanziaria di ottenere la restituzione dell’imposta detratta dal soggetto a titolo di versamento dell’acconto.
La detrazione operata, quindi, dal destinatario di una fattura redatta ai fini del pagamento di un acconto deve essere rettificata qualora, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la cessione non venga effettuata e anche qualora il fornitore resti debitore di tale imposta e non abbia rimborsato l’acconto.
 

Data della sentenza
13 marzo 2014
Numero della causa
C-107/2013
Nome delle parti
  • FIRIN OOD/ Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika»
  • Veliko Tarnovo pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite
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