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Giurisprudenza

Corte Ue, la domanda di rimborso di eccedenze Iva ha gli anni contati

Al centro del contenzioso l'interpretazione dell'articolo 18, n. 4, della sesta direttiva sulle deduzioni

la sede della corte di giustizia

L'articolo 12 della legge relativa all'imposta sul valore aggiunto della Lettonia, prevede, tra l'altro, che in caso di versamento in eccedenza dell'importo dell'Iva, il soggetto passivo possa chiedere che sia riportata ai fini dell'assolvimento di altre tasse, imposte o tributi dovuti. A tal fine, l'Amministrazione finanziaria dispone di un periodo di 30 giorni, a decorrere dalla ricezione della domanda che risulti fondata e sia accompagnata da documenti giustificativi. La normativa della Lettonia concede, infine, un termine di tre anni quale termine di prescrizione per la presentazione della domanda di rimborso.

L'oggetto della controversia
Nel caso di specie, il contribuente chiedeva il rimborso delle somme che riteneva di aver indebitamente versato a titolo di Iva. In proposito, l'Amministrazione Finanziaria decideva di non rimborsare l'importo in questione, in quanto la domanda di rimborso era stata presentata oltre il termine triennale previsto dall'articolo 16, comma 10 della normativa nazionale.
Il contribuente, quindi, a seguito del rigetto del ricorso, sia in primo che in secondo grado, proponeva ricorso al giudice di ultima istanza, deducendo che la normativa nazionale non era conforme a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria e nella specie a quanto previsto dall'articolo 18, n. 4 della sesta direttiva Iva che, in proposito, non prevede alcun termine di prescrizione per la richiesta di rimborso.

I termini della questione pregiudiziale
La questione pregiudiziale verte, quindi, sull'articolo 18, n. 4, della sesta direttiva che, in materia di deduzioni relative all'imposta sul valore aggiunto, stabilisce che qualora, per un dato periodo fiscale, l'importo delle deduzioni autorizzate superi quello dell'imposta dovuta, gli Stati membri possono procedere a rimborso o riportare l'eccedenza al periodo successivo, secondo modalità da essi stabilite.

La posizione dei giudici nazionali
In tale sede, i giudici lettoni nel rilevare, da un lato, che l'Amministrazione finanziaria, esaminando le domande di rimborso dell'eccedenza dell'Iva, può legittimamente procedere ad accertamenti nel rispetto del termine triennale previsto dalla normativa in questione e  dall'altro, che l'assenza di un termine di prescrizione del diritto del soggetto passivo di richiedere il rimborso delle eccedenze, in realtà potrebbe sfociare in un utilizzo abusivo della normativa da parte di coloro che presentano le domande di rimborso in un momento in cui l'Amministrazione Finanziaria non può più procedere ad accertamento, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione pregiudiziale alla Corte europea.

Il giudizio della Corte
In proposito, la Corte rileva che l'articolo 18, n. 4, della sesta direttiva non prevede espressamente alcun termine di prescrizione. Ciò però non necessariamente esclude che la domanda di rimborso non debba sottostare a un suddetto termine. Infatti, la possibilità di proporre domanda di rimborso senza un vincolo temporale potrebbe scontrarsi con il principio di certezza del diritto, in base al quale la situazione fiscale di un soggetto passivo non può essere indefinitivamente rimessa in discussione, ma occorre che ci sia una certezza nell'ambito dei diritti e degli obblighi che i contribuenti hanno nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria.
Rileva, poi, la Corte che la mancanza di una disciplina comunitaria relativa alla ripetizione di imposte nazionali indebitamente riscosse comporta la necessità per l'ordinamento interno di ogni Stato membro di stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario. Tali modalità devono, poi, essere stabilite nel rispetto del principio di equivalenza, cioè tali da non essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi di natura interna, e del principio di effettività, cioè tali da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento comunitario.

I principi di equivalenza e ed effettività
Occorre verificare, quindi, se nel caso in esame siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività. Per quanto attiene al principio di equivalenza, rileva la Corte che non emerge dagli atti e dalla causa che il termine di prescrizione, oggetto della controversia, sia tale da violarlo. Le modalità stabilite dalla legge lettone consentono, infatti, l'esercizio del diritto riconosciuto dall'ordinamento comunitario senza creare discriminazioni con quanto stabilito dall'ordinamento interno per ricorsi analoghi.
Per quanto riguarda poi il principio di effettività, la Corte ritiene compatibile la previsione di un termine ragionevole di ricorso al fine di salvaguardare la certezza del diritto sia nell'interesse del contribuente sia nell'interesse dell'Amministrazione Finanziaria. Il termine di tre anni, infatti, è ritenuto dalla Corte un termine ragionevole in quanto non può essere considerato come idoneo a rendere l'esercizio del diritto a detrazione impossibile o eccessivamente gravoso.

La conclusione degli eurogiudici
Per tali motivi, la Corte, con la sentenza in esame, ritiene che l'articolo 18, n.4, della sesta direttiva Iva non osta alla normativa di uno Stato membro, quale quello in parola, che preveda un termine di prescrizione triennale ai fini della proposizione delle domande di rimborso delle eccedenze dell'Iva indebitamente riscosse dall'Amministrazione finanziaria di tale Stato.
 

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