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Giurisprudenza

Corte Ue: no al regime del margine
per l’usato non “bene di occasione”

Per essere tale, occorre che conservi la funzionalità originaria, sia riutilizzabile e non rientri tra gli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato né tra metalli e pietre preziose

La domanda di pronuncia pregiudiziale, ai sensi dell’articolo 267 Tfue, presentata nell’ambito di una controversia tra una società e l’Amministrazione finanziaria della Lettonia, verte sull’interpretazione dell’articolo 311, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/Ce e, nello specifico, sull’applicabilità del regime d’imposizione del margine di utile sui cosiddetti “beni d’occasione”.
 
Il procedimento principale
La società ricorrente, soggetto passivo ai fini Iva, esercita un attività creditizia attraverso la quale eroga prestiti a privati non soggetti passivi di Iva, ricevendo a garanzia pegni costituiti da metalli preziosi.
A seguito di uno stato di morosità dei soggetti debitori, la società ricorrente rivendeva ad altri commercianti, soggetti passivi Iva, i pegni non riscattati applicando un regime speciale dell’Iva che consente il pagamento dell’imposta esclusivamente sulla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita dei metalli preziosi.
A seguito di una verifica ai fini dell’imposta del valore aggiunto, l’amministrazione finanziaria lettone accertava che la rivendita dei beni avveniva sotto forma di scarto e non di bene d’occasione. Ecco che allora, l’amministrazione finanziaria, non ritenendo applicabile il regime speciale Iva per i “beni d’occasione”, procedeva alla richiesta del versamento dell’imposta a integrazione del dovuto.
 
La società proponeva ricorso contro questa decisione, che veniva respinto alla Corte amministrativa regionale, in quanto i beni rivenduti erano stati ceduti come scarti e quindi fuori dalla legittima applicazione del regime del margine di utile previsto dall’articolo 138 della legge sull’Iva.
 
Successivamente, veniva proposto ricorso alla Corte suprema lettone e veniva fatto valere, dalla società ricorrente, in particolare, che l’applicazione del regime del margine di utile non poteva dipendere dalle finalità di utilizzo dell’acquirente, rivendita o trasformazione, oltre al fatto che non poteva essere sufficiente la presenza di lavori di gioielleria nei beni per definirli beni di “scarto” e non “d’occasione”.
 
Di contro, per il giudice del rinvio, i beni di cui alla fattispecie principale, ceduti al solo scopo del recupero dei materiali preziosi in essi contenuti, non rientrerebbero nel novero dei beni “d’occasione” e, inoltre, la normativa di riferimento offre una definizione stringente al riguardo. Tuttavia, in considerazione del fatto che la Corte non si sia ancora pronunciata sull’interpretazione della nozione di “bene d’occasione” di cui all’articolo 311 citato, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia europea le conseguenti questioni pregiudiziali.
 
Le questioni pregiudiziali
Con le sue questioni, che la Corte ha ritenuto di esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio ha chiesto in sostanza se l’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2006/112, debba essere interpretato nel senso che nella nozione di “beni d’occasione” debbano ricomprendersi beni usati contenenti metalli o materiali preziosi rivenduti al solo scopo di recuperarne i materiali.
 
Sulle questioni pregiudiziali
Ai sensi dell’articolo 311, per poter essere considerati “beni d’occasione”, occorre che i beni soddisfino vari requisiti ovvero essere un bene mobile materiale, suscettibile di reimpiego e non deve rientrare nella categoria degli oggetti d’arte, da collezione, d’antiquariato e, infine, nella categoria dei metalli o pietre preziose.
Per quanto riguarda i primi due requisiti è necessario che il bene conservi la funzionalità che possedeva allo stato nuovo e che possa essere riutilizzato allo stato originario.
Quanto al terzo requisito, l’articolo in parola, seppur menzionando metalli e pietre preziose, non contiene alcun riferimento ai beni contenenti tali materiali, né tanto meno cosa s’intenda per il loro reimpiego.
Ecco che allora, non essendoci alcun riferimento agli oggetti contenenti composti di metalli e pietre preziose, occorre analizzare la loro inclusione tra i “beni d’occasione” e, per far chiarezza sul quesito posto, fare riferimento allo scopo stesso perseguito dall’articolo 311 in parola.
 
Al riguardo, i togati europei sottolineano come lo scopo perseguito dall’articolo 311, paragrafo 1, punto 1, della direttiva Iva, che contiene l’ambito oggettivo di applicazione del regime del margine di utile, come si evince dal considerando 51 della stessa direttiva, sia quello di evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore dei beni d’occasione.
Ecco dunque che, trattandosi di un regime Iva speciale, e non essendo menzionati i beni usati contenenti metalli o pietre preziose tra i beni d’occasione, spetta al giudice nazionale stabilire se di volta in volta i suddetti beni abbiano mantenuto la loro funzionalità iniziale.
 
La sentenza
I giudici della decima sezione della Corte di giustizia europea si sono pronunciati in merito all’applicabilità del regime speciale Iva per i beni d’occasione di cui all’articolo 311, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/Ce sui beni di cui alla fattispecie principale.
In particolare, dall’interpretazione del richiamato articolo nella nozione di “beni d’occasione” non rientrerebbero beni usati contenenti metalli o pietre preziose nella fattispecie di beni non più idonei ad avere la funzionalità originaria.
Su questo aspetto, comunque, spetta al giudice nazionale verificare, di volta in volta, l’effettiva perdita di funzionalità iniziale dei beni.
 
 
Data della sentenza
11 luglio  2018
 
Numero della causa
Causa C-154/17
 
Nome delle parti
SIA “E LATS”
contro
Valsts ieņēmumu dienests
 
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