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Giurisprudenza

Corte Ue: ok alle norme italiane
contro i "turisti" della benzina

Al vaglio dei giudici comunitari, lo sconto sul costo del carburante, erogato sotto forma di contribuzione ai residenti in Friuli Venezia Giulia: non è un mascherato taglio delle accise

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La Corte di giustizia, con la sentenza del 14 gennaio 2021, resa nella causa C-634/2019, ha stabilito che il sistema di contribuzione friulano, che concede ai residenti nella Regione una riduzione di prezzo fissa per litro di benzina e gasolio acquistato, non ha istituito una riduzione delle accise: di conseguenza, lo Stato italiano non è venuto meno agli obblighi previsti dalla direttiva n. 2003/96.

I fatti in causa
Per contrastare la prassi in uso tra i residenti della Regione Friuli Venezia Giulia, consistente nella ricerca del pieno di benzina più economico in Slovenia per il loro veicolo, la Repubblica italiana aveva chiesto, nel corso del 1996, una deroga ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva n. 92/81/Cee del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali, per poter applicare un’aliquota di accisa ridotta sui carburanti in tale regione.
La deroga veniva concessa per due volte, fino al ritiro della stessa, con decisione del Consiglio, l'11 dicembre 2006.

La vicenda precontenziosa
Successivamente, la Commissione inviava alla Repubblica italiana una lettera di diffida censurando l’applicazione di aliquote di accisa ridotte alla benzina e al gasolio per autotrazione utilizzati come propellenti, in relazione alla vendita di tali prodotti ai residenti nella Regione friulana, ritenendola contraria alla normativa dell’Unione in materia di tassazione dei prodotti energetici.

Lo sconto "alla pompa"
La Commissione, in particolare, metteva in discussione la conformità, al diritto dell’Unione, del sistema introdotto con la legge n. 549/1995 e con la legge regionale n. 47/1996, sulla base del quale i residenti nella Regione avevano diritto di ottenere una riduzione del prezzo “alla pompa” di benzina nonché, a partire dal 2002, anche una riduzione del prezzo del gasolio.  
Il meccanismo in questione prevedeva uno sconto da applicare agli acquirenti finali dei carburanti residenti in detta regione.
Ai fini della sua attuazione, i fornitori di carburante anticipavano ai gestori dei punti vendita le somme relative alle riduzioni di prezzo e ne chiedevano poi il rimborso alla Regione.

Secondo la Commissione, tale sistema di sconto costituiva una riduzione illegittima dell’accisa, sotto forma di un rimborso della stessa.
Essa osservava che:

  • vi era una coincidenza tra il beneficiario del rimborso e il debitore dell’accisa
  • esisteva un legame diretto tra gli importi dell’accisa pagati allo Stato dai debitori della medesima, che erano i fornitori di carburante, e gli importi del rimborso che questi ultimi coprivano per conto dei gestori delle stazioni di servizio
  • il sistema aveva lo scopo di neutralizzare le notevoli differenze di prezzo con la vicina Repubblica di Slovenia, che all’epoca dell’entrata in vigore della legge regionale n. 47/96 non era ancora uno Stato membro dell’Unione.

La posizione dello Stato italiano
Secondo la Repubblica italiana, invece, detto sistema di sconto non incideva sul regime fiscale e, inoltre, era stato riformato dal legislatore regionale, nel senso che i rimborsi sarebbero stati percepiti direttamente dai gestori delle stazioni di servizio e non più dai fornitori di carburanti.
La legge regionale n. 14/2010 ha, poi, istituito un nuovo sistema volto ad alleggerire il costo finale del carburante sopportato dal consumatore finale, consistente in un “contributo sull’acquisto” di tali prodotti fornito dalle autorità pubbliche.
In forza di tale meccanismo di contribuzione, alle persone fisiche residenti nella Regione, proprietarie di autoveicoli o motocicli, al momento dell’acquisto di benzina o di gasolio presso le stazioni di servizio, è concessa una sovvenzione, corrispondente a un importo di base fisso per litro di benzina e gasolio acquistato, differenziata a seconda della tipologia di carburante e della zona regionale in cui risiede il consumatore interessato.
Il contributo controverso è erogato direttamente al consumatore finale dai gestori delle stazioni di servizio, ai quali la somma corrispondente viene poi rimborsata dall’amministrazione regionale.

Procedimento dinanzi alla Corte Ue
In seguito a una serie di richieste di chiarimenti da parte della Commissione e di risposte dello Stato italiano, ritenute dalla prima insoddisfacenti, la Commissione proponeva ricorso avanti alla Corte di giustizia. Al processo veniva autorizzato a partecipare anche il Regno di Spagna, che aveva una posizione analoga a quella dello Stato italiano.
Gli argomenti delle parti ribadivano la prospettazione espressa in sede precontenziosa.

La decisione
La Corte di giustizia osserva che, secondo la Commissione, la Repubblica italiana, introducendo il sistema di contribuzione in argomento – il quale prevede la concessione, in favore delle persone fisiche residenti nella Regione friulana, di una riduzione di prezzo fisso per litro di benzina e gasolio acquistato per essere utilizzato come carburante – avrebbe stabilito una riduzione delle accise, sotto forma di rimborso dell’imposta versata, in violazione degli obblighi a essa incombenti in forza degli articoli 4 e 19 della direttiva n. 2003/96 che, prevedendo un regime di tassazione armonizzato dei prodotti energetici e dell’elettricità, mira a promuovere il buon funzionamento del mercato interno nel settore dell’energia, evitando, in particolare, le distorsioni della concorrenza.
Tuttavia, affinché tale sistema di contribuzione possa essere qualificato come “rimborso”, ai sensi dell’articolo 6, lettera c), della direttiva n. 2003/96, è necessario che la somma versata a titolo di contribuzione provenga dagli importi delle accise riscosse dallo Stato italiano o, quantomeno, che detto importo versato abbia un reale collegamento con le accise riscosse dallo Stato italiano, di modo che il medesimo sistema di contribuzione sia destinato a neutralizzare o a diminuire le accise sui carburanti.

Ebbene, a parere dei giudici comunitari, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui l’origine delle somme versate nell’ambito di un rimborso di imposta sia irrilevante, purché esse provengano da fondi pubblici statali.
In particolare, la Commissione non contesta il fatto che il sistema di contribuzione di cui trattasi è finanziato dal bilancio generale della Regione e non, in modo specifico, dalla quota delle accise sui carburanti trasferita dallo Stato italiano a tale bilancio. Le somme versate a titolo di tale trasferimento sono integrate nel bilancio generale della Regione e vi perdono qualsiasi forma di individualizzazione.
In ogni caso, argomenta la Corte, la Commissione non invoca né dimostra l’esistenza di un’interferenza oggettiva tra la fonte finanziaria del sistema di contribuzione e le entrate derivanti dalla riscossione, da parte dello Stato italiano, delle accise sui carburanti, di cui una parte è successivamente trasferita nel bilancio generale della Regione.

Invece, come fa valere la Repubblica italiana, sostenuta a tale riguardo dal Regno di Spagna, dato che il costo di produzione del carburante eccede l’importo del contributo controverso, non si può escludere che tale sistema miri ad attenuare le ripercussioni di costi di produzione più elevati sul prezzo finale dei carburanti, in quanto tali costi, la cui entità può variare sensibilmente da una regione all’altra, possono generare differenze di prezzo dei carburanti a seconda della regione interessata.

Pertanto, a parere dei togati di Lussemburgo, la Commissione non ha fornito la prova dell’esistenza di un reale collegamento tra le somme versate a titolo di contribuzione e quelle riscosse a titolo di accise sui carburanti venduti ai residenti della Regione, in modo tale che tale meccanismo di contribuzione comporti la neutralizzazione o la diminuzione delle accise mediante tale contributo.

Il (mancato) collegamento fra contributo e accise
Analogamente, osserva la Corte di giustizia, neppure la circostanza che il contributo controverso è concesso in relazione alla quantità di carburante acquistata e che il suo importo varia in funzione di tale quantità indica l’esistenza di un collegamento tra il contributo e le accise.
Infatti, tale variazione è unicamente dovuta al fatto che, al pari del contributo controverso, le accise sul carburante sono dovute per litro di carburante acquistato, senza che questa sola somiglianza delle modalità di calcolo sia tale da rimettere in discussione la conclusione precedente, sulla mancata prova di un reale collegamento tra contributi e accise.

Orbene, il fatto che un regime di sconto preesistente, i cui elementi sono simili a quelli del sistema di contribuzione in questione, sia stato oggetto di una deroga autorizzata conformemente alle disposizioni della direttiva n. 2003/96 o della normativa dell’Unione anteriore in materia può solo costituire un indizio che giustifichi l’esame della conformità al diritto dell’Unione del nuovo regime, vale a dire il sistema di contribuzione di cui trattasi, ma non può condizionare il risultato di tale esame.

Conclusioni
I giudici comunitari, in definitiva, respingono il ricorso, atteso che la Commissione europea non ha sufficientemente dimostrato che la Repubblica italiana, avendo introdotto tale sistema di contribuzione, abbia istituito una riduzione delle accise, sotto forma di rimborso dell’imposta versata, né di conseguenza che tale Stato membro sia venuto meno agli obblighi a esso incombenti in forza degli articoli 4 e 19 della direttiva n. 2003/96.

Fonte:
Data della sentenza
14 gennaio 2021  

Numero della causa
Causa C-63/2019

Nome delle parti
Commissione europea
contro
Repubblica italiana
sostenuta da
Regno di Spagna

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