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Giurisprudenza

Corte Ue: paga l’Iva il gruppo
sui servizi della madre alla filiale

A tale conclusione sono pervenuti i giudici su due questioni pregiudiziali che vedono protagonista la succursale svedese di una holding con sede negli Usa

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La questione controversa, che ha richiesto l’intervento dei togati comunitari, riguarda una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa agli articoli 2, 9, paragrafo 1, nonché 11, 56, 193 e 196 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa all’imposta sul valore aggiunto. La domanda è stata presentata ai giudici europei e fa riferimento alla decisione dell'Amministrazione finanziaria svedese che ha assoggettato a Iva le prestazioni di servizi fornite dalla società madre, stabilita negli Stati Uniti, alla propria società succursale localizzata nel territorio svedese.
 

Il procedimento principale
La società ricorrente è la succursale di una società di acquisto di servizi informatici, capogruppo di un gruppo di livello mondiale, con sede negli Stati Uniti d’America. La capogruppo distribuisce servizi informatici alle società del gruppo tra cui anche alla ricorrente stabilita in Svezia che ha il compito di trasformare tali servizi telematici in prodotti finiti percependo una certa percentuale di commissione e ripartendo i costi con la capogruppo venditrice dei servizi. L’Amministrazione finanziaria svedese, per gli esercizi 2007 e 2008, considerava la società succursale quale soggetto debitore Iva con conseguente assoggettamento a imposizione dei servizi ricevuti dalla capogruppo. Non concordando con la decisione dell’Amministrazione finanziaria, proponeva ricorso presso il Tribunale  amministrativo di Stoccolma che, a sua volta, decideva di sospendere il procedimento e rivolgere la questione ai giudici della Corte di Strasburgo.
 
Le questioni pregiudiziali
Le questioni pregiudiziali poste dal giudice nazionale sono relative agli articoli 2, paragrafo 1, 9 e 11 nonché sugli articoli 56, 193, 196 della direttiva Iva. Nella prima questione si chiede di stabilire se le prestazioni di servizi fornite da uno stabilimento principale, sito in paese extra Ue, alla propria succursale siano imponibili ai fini Iva qualora il gruppo di appartenenza sia soggetto passivo Iva. Con la seconda, occorre chiarire se, nella circostanza di specie, una volta appurata la soggettività passiva del gruppo, il medesimo gruppo sia il solo soggetto debitore dell’imposta.
 
Il ragionamento sulle due questioni pregiudiziali
Preliminarmente i togati europei sottolineano che, secondo l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva Iva, sono assoggettate a Iva le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio dello Stato da un soggetto passivo in quanto tale. Per soggetti passivi, definisce il seguente articolo 9, sono tutti coloro che esercitano un attività economica in modo indipendente. Secondo giurisprudenza della Corte, una prestazione è imponibile dal momento in cui sussista, tra prestatore e destinatario, un rapporto giuridico alla base dello scambio delle reciproche prestazioni. Nel caso di specie, lo stabilimento succursale non opera in maniera autonoma e indipendente e non sono a suo carico i rischi economici dell’attività. Inoltre, proprio in qualità di stabilimento succursale, la società non è dotata di un capitale proprio e il suo stato patrimoniale è assorbito da quello della capogruppo. Per queste ragioni che la società ricorrente non potrebbe essere identificata quale soggetto passivo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. A tale conclusione non osta nemmeno il fatto che tra società madre e succursale vi sia un accordo per la ripartizione dei costi. Circostanza che, pertanto, non ha nessuna rilevanza per i giudici europei. Allo stesso modo non si può negare che la succursale appartenga a un gruppo di imprese, di cui la società statunitense è la capogruppo, al quale l’Amministrazione finanziaria ha riconosciuto la soggettività passiva ai fini Iva. In tale contesto, le prestazioni di servizi prestate dalla società madre a favore della sede succursale devono essere assoggettate ad Iva in capo al soggetto passivo, ossia in capo al gruppo. Quanto alla seconda questione, come ricordano i giudici europei, l’articolo 196, della direttiva Iva, prevede, in deroga alla regola generale di cui all’articolo 193, che l’Iva sia dovuta nello Stato membro dal soggetto passivo che effettui una prestazione di servizi imponibile qualora, ai sensi dell’articolo 56 della stessa direttiva Iva, tale soggetto non sia stabilito nello Stato membro del beneficiario. Essendo, pertanto, il gruppo a beneficiare dei servizi della società madre è questo il debitore dell’imposta sul valore aggiunto su tali servizi.
 
Il verdetto finale
I giudici della seconda sezione della Corte di giustizia europea, a conclusione delle motivazioni esposte, si sono espressi affermando che le prestazioni di servizi, fornite da uno stabilimento sito in Paese extra UE a un altro stabilimento localizzato nel territorio di uno Stato membro, vadano considerate come prestazioni imponibili ai fini Iva a condizione che lo stabilimento succursale appartenga ad un gruppo giuridicamente soggetto passivo ai fini dell’imposta. In tale fattispecie, quale quella di cui alla causa principale, è il gruppo stesso, in qualità di soggetto passivo unico, ad essere debitore e tenuto al versamento dell’imposta sul valore aggiunto.  



Data della sentenza
17 settembre 2014
Numero della causa
Causa C-7/13
Nome delle parti
  • Skandia America Corp. (USA), filial Sverige
Contro
  • Skatteverket
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