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Giurisprudenza

Corte Ue, la residenza è criterioche non annulla la deduzione

È la conclusione a cui sono pervenuti i giudici comunitari su una questione che coinvolge la normativa tedesca

Nella controversia che ha portato alla pronuncia dei giudici europei, un contribuente, cittadino tedesco e residente in Belgio, acquistava dai genitori un bene immobile che si trovava in Germania, lasciando poi in loro favore il diritto di usufrutto. Successivamente lo stesso contribuente riceveva, insieme al fratello, altri beni immobili situati sul territorio tedesco a titolo di successione anticipata da parte della madre. Il diritto di usufrutto di cui era titolare la madre fino a quel momento veniva tramutato, quindi, in una rendita che doveva essere corrisposta sia dal contribuente in parola che dal fratello.
Dal bene acquisito in precedenza, poi, il contribuente, insieme al fratello, percepiva dei redditi provenienti dalla locazione dello stesso bene.
L'amministrazione finanziaria tedesca, in merito, fondava l'avviso di accertamento sugli importi percepiti dalla locazione e rifiutava la detrazione della somma corrisposta dal contribuente alla madre a titolo di rendita.
Il contribuente quindi proponeva ricorso avverso tale rifiuto; nell'ambito di tale ricorso, il tribunale teutonico rilevava un diverso trattamento fiscale tra il contribuente che proponeva ricorso e il fratello che si trovava nella stessa fattispecie.
Quest'ultimo infatti, risiedendo in Germania e quindi assoggettando l'intero reddito percepito all'imposta sul reddito in Germania, secondo una consolidata giurisprudenza poteva dedurre dall'imponibile la rendita corrisposta alla madre, rientrando tra le categoria di spese straordinarie. Il contribuente ricorrente, invece, non essendo residente, e quindi assoggettando solo una parte del reddito totale percepito all'imposta sul reddito tedesco non poteva dedurre la rendita in questione in quanto secondo l'Amministrazione Finanziaria tedesca mancava il nesso economico richiesto dalla disciplina nazionale per i soggetti parzialmente assoggettati all'imposta.
Il giudice del rinvio  decideva quindi di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale.

La normativa comunitaria
Analizzando la normativa comunitaria di riferimento, osserviamo come l'articolo 1 della direttiva n. 88/361/CEE del 24 giugno 1988, prevede che gli Stati membri sopprimono le restrizioni ai movimenti di capitali effettuati tra persone residenti negli Stati membri. Tale articolo pur non definendo la nozione di "movimenti di capitali" aggiunge che sono classificati in base ad una nomenclatura riportata nell'allegato I della stessa direttiva. All'interno di tale classificazione è possibile rinvenire i movimenti di capitali a carattere personale che comprendono, in particolare, i doni e le successioni.

La normativa nazionale 
Il diritto nazionale tedesco in materia di imposta sul reddito sancisce il principio generale secondo cui le persone fisiche che hanno il domicilio o la residenza abituale in Germania sono assoggettate integralmente all'imposta sul reddito. I soggetti che non realizzano tali condizioni, invece, sono assoggettate soltanto parzialmente a tale imposta qualora percepiscano redditi nazionali, tra cui quelli provenienti dalla locazione di un bene immobile situato nel territorio tedesco.
L'articolo 10 della legge nazionale sull'imposta sul reddito fa, poi, rientrare tra le "spese straordinarie", tra l'altro, le rendite e gli oneri permanenti fondati su obblighi specifici. Tali spese, per consolidata giurisprudenza, possono essere oggetto di deduzione a prescindere dalla circostanza che gli stessi presentino un nesso economico con i redditi irrilevanti ai fini dell'assoggettamento ad imposta.
L'articolo 50 della legge, invece, contiene particolari disposizioni per i contribuenti che sono assoggettati parzialmente all'imposta, per i quali è prevista una deduzione di oneri di gestione o spese professionali soltanto nell'ipotesi in cui le stesse presentino un nesso economico con i redditi percepiti nel territorio nazionale.

La decisione della Corte
La Corte di Giustizia europea di fronte alla questione posta, nel rilevare innanzitutto che la nomenclatura individuata dall'allegato I della direttiva 88/361, secondo giurisprudenza costante, ha un valore indicativo e non può essere considerata esaustiva, procede ad esaminare l'applicabilità degli articoli 63 e 18 del TFUE.
Per quanto attiene all'articolo 18 TFUE che sancisce il divieto generale di discriminazione fondata sulla nazionalità, la Corte ribadisce che l'applicazione autonoma della disposizione può realizzarsi esclusivamente nelle ipotesi in cui il Trattato non stabilisca regole specifiche di non discriminazione. Nel caso si specie, rinvenendo nell'ordinamento, invece, regole specifiche relative alla libera circolazione dei capitali l'art. 18 TFUE non è applicabile alla fattispecie di cui alla causa principale.
L'articolo 63 invece vieta espressamente tutte le restrizioni di capitali tra gli Stati membri, nonché tra gli Stati membri e i paesi terzi. In particolare, le successioni e i doni, che rientrano nell'ambito dell'allegato I della direttiva 88/361, costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell'articolo 63 a condizione che i relativi elementi non si trovino all'interno di un solo Stato membro.
Nel caso di specie, quindi, sicuramente la cessione, attuata tramite donazione o successione anticipata, di beni immobili siti in Germania ad una persona fisica residente in Belgio rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 63 TFUE.
La Corte, quindi, procede nell'esaminare la portata normativa dell'articolo 63, valutando in particolare lo scopo perseguito dal legislatore comunitario nonché l'esistenza delle condizioni che permettono agli Stati membri di introdurre una disciplina differenziata in base alla residenza.
Per quanto attiene alla ratio della normativa, i giudici comunitari sottolineano che il principio di divieto di restrizioni ha quale scopo vietare qualsiasi misura che possa dissuadere un soggetto a fare investimenti in uno Stato membro o comunque a mantenere investimenti già effettuati.
Nel caso in esame, i giudici comunitari rilevano che la mancata deduzione della rendita riconosciuta al contribuente provoca un trattamento fiscale meno favorevole per i contribuenti non residenti che potrebbe avere quale effetto dissuaderli dall'acquisizione o dal mantenimento di beni immobili nel territorio tedesco; allo stesso modo tale disciplina potrebbe dissuadere i cittadini tedeschi dal designare quali beneficiari di una successione anticipata i soggetti residenti in uno Stato membro diverso dalla Germania.
Per quanto riguarda, poi, la possibilità di introdurre discipline differenziate, i giudici comunitari sottolineato che ciò può essere attuato solo qualora la disparità sia relativa a situazioni che non sono oggettivamente paragonabili oppure che la stessa sia motivata da ragioni imperative di interesse generale. In ogni caso la disparità in questione non deve eccedere quanto necessario al conseguimento dello scopo perseguito dalla normativa stessa.
Di conseguenza, la mancata fruizione di alcune agevolazioni ai non residenti non costituisce di per sé una discriminazione in quanto le fattispecie potrebbero essere non oggettivamente comparabili per la diversità della fonte dei redditi o per le capacità contributive personali o ancora per diverse situazioni personali e familiari.
Ciò nonostante, nel caso in esame, la Corte ritiene che i due contribuenti si trovano in una situazione analoga e le spese sostenute sono direttamente connesse all'attività che ha generato i redditi imponibili, di conseguenza la mancata deduzione da parte del contribuente non residente delle ha come effetto sfavorire i cittadini di altri Stati membri realizzando una discriminazione indiretta fondata sulla nazionalità.
Infine, non rileva la tesi del governo tedesco secondo cui la deduzione non è consentita per la mancanza di un nesso economico diretto tra gli oneri di gestione o le spese professionali e i redditi percepiti nel territorio nazionale, nesso richiesto dall'articolo 50 della legge nazionale sull'imposta sul reddito quale condizione per operare la deduzione.
Ciò in quanto, secondo il governo tedesco la rendita pagata dal contribuente rientra nell'ambito nel sostegno della famiglia e l'importo non è fissato in base al valore dei beni ceduti ma in base ai bisogni alimentari del beneficiario e alla capacità  contribuente economica generale del debitore.
Tale tesi non trova accoglimento da parte della Corte in quanto pur supponendo che l'importo della rendita sia collegata agli elementi rappresentati dal governo tedesco, occorre comunque considerare che l'esistenza di un nesso diretto deriva non dalla correlazione tra importo e reddito ma dal fatto che la spesa sia strettamente collegata e inscindibile dall'attività che produce il reddito.
Di conseguenza, qualora il giudice di rinvio verifichi che il pagamento della rendita è scaturito dalla cessione dei beni immobili, la rendita costituisce una spesa direttamente connessa alla gestione dei beni stessi e in questo senso il soggetto non residente è posto in una situazione analoga al contribuente residente.

Le conclusioni
Da ciò ne deriva che la negazione della deduzione ai non residenti, concessa invece ai residenti, non ha una valida giustificazione né è possibile rinvenire un motivo imperativo di interesse generale tale da giustificarne l'esistenza.
Per le ragioni espresse, i magistrati europei hanno stabilito che l'articolo 63 del Tfue deve essere interpretato nel senso che lo stesso osta alla normativa di uno Stato membroche, pur consentendo a un contribuente residente di dedurre le rendite corrisposte a un genitore che gli ha ceduto beni immobili situati nel territorio di tale Stato dai redditi da locazione prodotti da tali beni, non autorizza una siffatta deduzione a un contribuente non residente.
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