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Giurisprudenza

Corte Ue: la residenza non conta
se non c’è “discriminazione”

La controversia esaminata dai giudici oppone una impresa al governo belga in merito a un ricorso per annullare le disposizioni di diritto nazionale contenute nella fairness tax

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La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 49 del TFUE e dell’articolo 4, paragrafo 3, nonché dell’articolo 5 della direttiva 2011/96/UE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società al Governo belga in ordine ad un ricorso volto all’annullamento delle disposizioni di diritto nazionale che prevedono un’imposta distinta dall’imposta sulle società e dall’imposta per i non-residenti, denominata ‘fairness tax’, che grava sulle società residenti e non residenti nel caso in cui tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio imponibile definitivo.
 
Il ricorso alla Corte costituzionale belga
La società ha proposto un ricorso dinanzi alla Corte Costituzionale belga volto all’annullamento delle disposizioni di diritto nazionale che istituiscono la ‘fairness tax’.
La Corte costituzionale belga ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte UE, tra l’altro, una questione con cui si chiede se l’articolo 49 del TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osti ad un regime nazionale ai sensi del quale: a) società stabilite in un altro Stato membro provviste di una stabile organizzazione nel Belgio siano assoggettate ad imposta laddove procedano a distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo imponibile, a prescindere dalla circostanza se gli utili realizzati dalla stabile organizzazione nel Belgio siano confluiti o meno nella società madre, mentre società stabilite in un altro Stato membro con una società controllata nel Belgio non sono soggette a tale imposizione qualora decidano di procedere ad una distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo imponibile della società, a prescindere dalla circostanza se la società controllata abbia distribuito o meno dividendi; b) società stabilite in un altro Stato membro con una stabile organizzazione nel Belgio, in caso di accantonamento integrale dell’utile realizzato in Belgio, sono assoggettate ad imposta laddove procedano a distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo, mentre società belghe, in caso di accantonamento integrale degli utili, non sono soggette a tale imposizione.
 
Le valutazioni della Corte UE
Al fine di esaminare la questione posta, la Corte UE osserva che la sede di una società serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il suo collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato.
Ne consegue che l’applicazione di una normativa tributaria nazionale a una controllata residente di una società non residente, da un lato, e ad una stabile organizzazione residente di una società non residente, dall’altro, riguarda il trattamento fiscale, rispettivamente, di una società residente e di una società non residente.
La normativa tributaria belga assoggetta allo stesso trattamento le società residenti, ivi comprese le controllate residenti delle società non residenti, e le società non residenti, essendo tutte queste società soggette alla ‘fairness tax’, laddove procedano alla distribuzione di dividendi.
Ciò premesso, occorre intendere la questione posta nel senso che è volta a determinare se la libertà di stabilimento debba essere interpretata nel senso che osti alla normativa tributaria di uno Stato membro, in forza della quale tanto una società non residente che svolge un’attività economica in tale Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione quanto una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, siano assoggettate ad un tributo, quale la ‘fairness tax’, qualora tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.
 
L’organizzazione del sistema impositivo
Per quanto concerne le disposizioni tributarie, dalla giurisprudenza comunitaria emerge che compete ad ogni Stato membro organizzare, in osservanza del diritto comunitario, il proprio sistema impositivo degli utili, purchè si tratti di utili che ricadano nella giurisdizione tributaria del medesimo Stato membro.
Da ciò deriva che lo Stato membro ospitante è libero di determinare il fatto generatore dell’imposta, la base imponibile nonché l’aliquota d’imposta applicabile alle diverse forme di centri di attività delle società operanti in tale Stato membro, salvo riconoscere alle società non residenti un trattamento che non sia discriminatorio rispetto ai centri di attività nazionali comparabili.
Una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse.
 
La soluzione nel caso specifico
Nel caso di specie, è pacifico che una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione e una società residente, ivi compresa la controllata di una società non residente, sono sottoposte, in linea di principio, ad un trattamento fiscale identico, essendo gravate dalla ‘fairness tax’ laddove distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile.
Tuttavia, nella parte in cui si evince che, a differenza di una società residente soggetta all’imposta sulle società in base al suo reddito mondiale, una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione è soggetta all’imposta in tale Stato membro esclusivamente sulla base degli utili realizzati da tale stabile organizzazione, si potrebbe giungere a diversa conclusione, laddove la normativa in questione costituirebbe quindi una restrizione alla libertà di stabilimento, se le modalità di determinazione della base imponibile della fairness tax conducessero, di fatto, a un trattamento meno favorevole di tale società non residente rispetto a una società residente.
 
Il ruolo del giudice del rinvio
Nella specie, spetta al giudice del rinvio, unico competente ad interpretare il diritto nazionale, verificare, tenendo conto di tutti gli elementi della normativa tributaria nazionale nel suo complesso, se le modalità di calcolo della base imponibile garantiscano che, in qualsiasi situazione, il trattamento fiscale riservato a una società non residente che svolge la propria attività in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione non sia meno favorevole di quello cui sia soggetta una società residente.
Nell’ambito di tale verifica, il giudice ‘a quo’ dovrà tener conto del fatto che la normativa nazionale è finalizzata a tassare gli utili rientranti nella giurisdizione tributaria belga, distribuiti, ma sui quali lo Stato membro medesimo, per effetto del ricorso a determinate agevolazioni fiscali previste dal regime tributario nazionale, non ha esercitato tale giurisdizione tributaria.
Di conseguenza, in una situazione in cui le modalità di calcolo della base imponibile di una società non residente condurrebbe a tassare la società stessa anche sugli utili non rientranti nella giurisdizione tributaria dello Stato membro, tale società non residente subirebbe un trattamento meno favorevole di quello di una società residente.
Qualora, in esito a tale verifica, dovesse risultare sussistente un trattamento meno favorevole, si dovrebbe quindi ritenere che una normativa tributaria rappresenti un ostacolo alla libertà di stabilimento.
Tale ostacolo può essere ammesso solo se riguarda situazioni che non sono oggettivamente comparabili o se è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale.
Con riferimento ad una normativa tributaria dello Stato membro ospitante volta ad evitare che gli utili conseguiti in tale Stato, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano distribuiti senza essere stati tassati in capo al soggetto passivo, la situazione di un soggetto passivo non residente che svolge un’attività economica in detto Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione è comparabile a quella di un soggetto passivo residente. Infatti, in entrambe le ipotesi, tale normativa tributaria mira a consentire allo stesso Stato di esercitare il proprio potere impositivo sugli utili rientranti nella propria giurisdizione tributaria.
Pertanto, la situazione di una società non residente che svolga un’attività economica in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione è comparabile a quella di una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente.
 
I motivi di interesse generale
Di conseguenza, la giustificazione della restrizione può riguardare soltanto motivi imperativi di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la restrizione dev’essere idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e non eccedere quanto necessario per raggiungerlo.
Se è pur vero che questi due obiettivi costituiscono motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato, la normativa in esame non è idonea a garantire la loro realizzazione, cosicché tali obiettivi non possono giustificare un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento.
Infatti, in primo luogo, considerato che la normativa tributaria è volta a tassare gli utili rientranti nella giurisdizione tributaria belga, distribuiti senza essere stati tuttavia tassati dallo Stato membro medesimo, essa non tende affatto a ripartire la giurisdizione tributaria tra il Belgio e un altro Stato membro.
Inoltre, poiché l’obiettivo di tale normativa è di limitare l’effetto prodotto dalla fruizione delle agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, essa non mira, di per sé, ad evitare la sussistenza di pratiche abusive.
 
Le conclusioni della Corte UE
Tutto ciò premesso, la Corte UE perviene alla conclusione che la libertà di stabilimento deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa tributaria di uno Stato membro, come quella in esame nel procedimento principale, in forza della quale tanto una società non residente svolgente un’attività economica in tale Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione, quanto una società residente, ivi compresa la controllata residente di una società non residente, sono assoggettate ad un tributo quale la ‘fairness tax’, quando tali società distribuiscano dividendi che, per effetto della fruizione di determinate agevolazioni fiscali previste dal regime fiscale nazionale, non siano ricompresi nel loro risultato d’esercizio definitivo imponibile, sempreché le modalità di determinazione della base imponibile di tale imposta non conducano, di fatto, ad un trattamento meno favorevole della società non residente rispetto ad una società residente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
 
 
Data della sentenza
17 maggio 2017
Numero della causa
C‑68/15
Nome delle parti
  • X
contro
  • Ministerraad
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