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Giurisprudenza

Corte Ue: su ritenuta alla fonte
la detrazione non è a senso unico

Secondo gli eurogiudici, sui dividendi distribuiti da una società residente il diritto ad avvalersene vale erga omnes e la residenza non può essere fonte di discriminazione

dividendi
Le domande di pronuncia pregiudiziale proposte al vaglio della Corte Ue vertono sull’interpretazione dell’articolo 63 TFUE. Tali domande sono state presentate nell’ambito di alcune controversie  che oppongono alcuni contribuenti alla Amministrazione finanziaria olandese in ordine alla ritenuta alla fonte prelevata da tale Amministrazione sui dividendi di origine olandese distribuiti ai soggetti ricorrenti.
 
Le tre controversie al vaglio della Corte
Tre sono le controversia esaminate a sezioni unite dal supremo consesso giurisdizionale europeo. Nella prima, un cittadino olandese residente in Belgio deteneva le azioni di tre società quotate in Borsa nei Paesi Bassi. Nella dichiarazione relativa all’imposta sui redditi nei Paesi Bassi, il contribuente ha dichiarato un reddito globale pari a zero e non ha indicato l’importo dell’imposta sui dividendi da imputare sull’imposta sui redditi. L’Amministrazione finanziaria ha quindi predisposto un avviso di accertamento fiscale relativo all’imposta sui redditi.
Nella seconda controversia, una cittadina olandese residente in Belgio, deteneva alcuni azioni che costituivano il capitale sociale di una società stabilita nei Paesi Bassi; a tale contribuente sono stati distribuiti dividendi sui quali è stata applicata un’imposta sui dividendi. In quanto residente belga è stata assoggettata a prelievo fiscale in Belgio a titolo di imposta sulle persone fisiche sull’importo netto dei dividendi e ha potuto ottenere una detrazione parziale dell’imposta sui dividendi versata nei Paesi Bassi.
Nella terza fattispecie, una società stabilita in Francia ha detenuto pacchetti azionari che rappresentavano una piccola quota del capitale sociale di società olandesi quotate in Borsa. A tale società sono stati distribuiti dividendi, sui quali è stata applicata un’imposta sui dividendi. La società ha ottenuto l’imputazione integrale dell’imposta sui dividendi trattenuta nei Paesi Bassi sull’imposta sulle società pagata in Francia. Poiché la società aveva subito delle perdite nel corso dell’esercizio del 2008, l’imposta sui dividendi trattenuta nei Paesi Bassi non è stata imputata sull’imposta sulle società pagata in Francia. La società ritiene che l’importo integrale dell’imposta sui dividendi trattenuto nei Paesi Bassi dovrebbe esserle restituito, in quanto le società residenti nel menzionato Stato membro hanno il diritto a detrarre tale imposta dall’imposta sulle società, possibilità che non sussiste per gli azionisti non residenti. La società ritiene quindi di aver subito un trattamento discriminatorio in quanto contribuente non residente.
 
Le questioni pregiudiziali esaminate
Le controversie sono approdate nell’apposita sede giurisdizionale e al vaglio pregiudiziale della Corte UE sono state sottoposte alcune questioni, con le quali viene chiesto alla Corte se gli articoli 63  e 65 del TFUE sulla libera circolazione dei capitali debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nei procedimenti principali, che impone una ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti da una società residente tanto ai contribuenti residenti quanto ai contribuenti non residenti, prevedendo un meccanismo di detrazione o di rimborso dell’imposta in parola unicamente per i contribuenti residenti, mentre, per i contribuenti non residenti, persone fisiche e società, siffatta imposta costituisce un’imposta definitiva.
 
Le valutazioni della Corte Ue
Sulla base di consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte, le misure vietate dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal compiere investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di detto Stato membro dal compierne in altri Stati. In ordine alla questione se una normativa di uno Stato membro costituisca una restrizione ai movimenti di capitali, occorre rilevare che, sulla base della citata normativa, sia i dividendi distribuiti ad un contribuente non residente sia quelli distribuiti ad un contribuente residente sono assoggettati ad una ritenuta alla fonte con aliquota del 15%. Tuttavia, per quanto riguarda il contribuente non residente che beneficia di dividendi, la trattenuta in parola è prelevata a titolo definitivo, mentre, rispetto al contribuente residente che beneficia di dividendi, sia questi una persona fisica oppure una società, si tratta, rispettivamente, di una ritenuta d’acconto della sua imposta sui redditi o di una ritenuta d’acconto della sua imposta sulle società.
Per valutare se una normativa di uno Stato membro sia compatibile con l’articolo 63 TFUE, spetta al giudice del rinvio, verificare se, per quanto riguarda i dividendi in parola, l’applicazione della ritenuta alla fonte del 15% prevista dalla normativa nazionale comporti che sui ricorrenti gravi, in definitiva, una pressione fiscale più elevata, nei Paesi Bassi, rispetto a quella sopportata dai residenti per i medesimi dividendi.
Al riguardo, il giudice ‘a quo’ opera una distinzione fra la pressione sopportata dai contribuenti persone fisiche e quella sostenuta dalle società, ponendosi degli interrogativi, anzitutto, al fine di comparare la rispettiva pressione fiscale definitiva dei contribuenti residenti e dei non residenti, circa la durata, di un anno o più, del periodo di riferimento. Inoltre si domanda se si debbano prendere in considerazione i dividendi ricevuti durante tale periodo o nel loro complesso, ricomprendendovi tutte le azioni che il contribuente possegga in società olandesi, oppure distinguendoli a seconda della società olandese che li ha distribuiti.
In primo luogo, in ordine alla durata del periodo di riferimento al fine di comparare la rispettiva pressione fiscale definitiva dei contribuenti residenti e dei non residenti che sono persone fisiche, si rileva che, per quanto riguarda i primi, il periodo di cui si tiene conto ai fini dell’imposizione è quello dell’anno civile.
 
Dividendi: come considerarli?
Inoltre, per quanto riguarda la circostanza di considerare nel loro complesso o separatamente dividendi percepiti nel periodo in parola, al fine di porre a confronto la pressione fiscale definitiva rispettivamente gravante su contribuenti residenti e non residenti, risulta che l’imposizione sulle persone fisiche residenti è effettuata sulla base del rendimento forfettario del complesso delle azioni detenute in società olandesi. Conseguentemente, ai fini del raffronto della pressione fiscale rispettivamente sopportata, tali azioni vanno considerate nel loro complesso. Per quanto riguarda il punto se, a tali fini, occorra tener conto del capitale esente da imposta sui redditi, la normativa nazionale applicabile prevede che il rendimento, il quale è stabilito in modo forfettario, è preso in considerazione unicamente quando esso risulta superiore al capitale esente dall’imposta sopra menzionata
La Corte UE rileva che non costituisce un vantaggio individuale collegato alla situazione personale del contribuente un’esenzione che costituisce un vantaggio disponibile per tutti i contribuenti residenti, indipendentemente dalla loro situazione personale. Pertanto, la pressione fiscale dei contribuenti persone fisiche che sono residenti e quella gravante sui non residenti per quanto riguarda l’imposizione del reddito delle azioni possedute in società olandesi, deve essere valutata, relativamente ad un anno civile, prendendo in considerazione i dividendi nel loro complesso, pur tenendo conto della franchigia prevista dalla normativa nazionale.
Invece, per quanto attiene agli elementi da considerare ai fini del raffronto fra la pressione fiscale sulle società residenti e di quella sulle società che sono non residenti, il giudice del rinvio intende conoscere se occorra prendere in considerazione tutte le spese che sono economicamente collegate alle azioni dalle quali risultano i dividendi, oppure, diversamente se sia necessario dedurre dai redditi imponibili sia il dividendo incluso nel prezzo di acquisto delle azioni, sia l’eventuale costo del finanziamento risultante dal possesso delle azioni in parola.
 
Il ruolo dei precedenti di giurisprudenza
Sulla base della giurisprudenza costante della Corte UE, per quanto riguarda le spese, quali le spese professionali direttamente connesse all’attività che ha generato i redditi imponibili in uno Stato membro, i residenti e i non residenti in tale Stato sono posti in una situazione analoga, e pertanto  una normativa di tale Stato che, in materia di imposizione fiscale, neghi ai non residenti la deduzione di tali spese, concessa invece ai residenti, rischia di sfavorire principalmente i cittadini di altri Stati membri e comporta pertanto una discriminazione indiretta fondata sulla nazionalità. In particolare, trattandosi di un reddito percepito sotto forma di dividendi, tale collegamento esiste unicamente quando le spese, le quali possono, eventualmente, essere direttamente collegate ad un importo versato in occasione di un’operazione relativa a transazioni di titoli, sono direttamente collegate alla percezione, in quanto tale, di detto reddito. Ne deriva che soltanto spese che siano direttamente collegate alla percezione, in quanto tale, dei dividendi devono essere prese in considerazione al fine di porre a confronto la pressione fiscale gravante sulle società. Le spese di cui dà atto il giudice del rinvio nella questione pregiudiziale non presentano un collegamento del genere. Trattandosi, infatti, da un lato, della detrazione del dividendo compreso nel prezzo di acquisto delle azioni, risulta che siffatta detrazione è diretta a stabilire il prezzo di acquisto reale delle medesime. La suddetta detrazione non si pone dunque in relazione con spese che sono direttamente collegate alla percezione, in quanto tale, dei dividendi provenienti dalle azioni di cui trattasi. D’altro lato, i costi di finanziamento menzionati dal giudice ‘a quo’, si pongono in relazione al possesso delle azioni in quanto tale e quindi non sono direttamente collegati alla percezione, in quanto tale, dei dividendi provenienti dalle azioni.
La Corte UE, con la sentenza in commento, tratta inoltre la questione relativa alla eventuale sussistenza di una giustificazione alla restrizione alla libera circolazione dei capitali, e perviene alle seguenti conclusioni.
 
Le conclusioni degli eurogiudici
Gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro che impone una ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti da una società residente tanto ai contribuenti residenti quanto ai contribuenti non residenti, prevedendo un meccanismo di detrazione o di rimborso della trattenuta in parola unicamente per i contribuenti residenti, mentre, per i contribuenti non residenti, persone fisiche e società, detta trattenuta costituisce un’imposta definitiva, nella misura in cui la pressione fiscale definitiva relativa ai dividendi in parola sopportata, in tale Stato, dai contribuenti non residenti è più elevata rispetto a quella che grava sui contribuenti residenti, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare nelle controversie di cui ai procedimenti principali. Al fine di stabilire la rispettiva pressione fiscale, il giudice del rinvio deve tener conto, dell’imposizione gravante sui residenti relativa al complesso delle azioni possedute in società olandesi nel corso dell’anno civile nonché della franchigia concessa in forza della normativa nazionale e, delle spese che sono direttamente collegate alla percezione, in quanto tale, dei dividendi. Nell’ipotesi in cui fosse stabilita la sussistenza di una restrizione ai movimenti di capitali, quest’ultima può essere giustificata dagli effetti di una convenzione bilaterale diretta ad evitare la doppia imposizione, conclusa dallo Stato membro di residenza e dallo Stato membro della fonte dei dividendi, purché cessi la differenza di trattamento, relativa all’imposizione dei dividendi, fra i contribuenti residenti in detto ultimo Stato e quelli residenti in altri Stati membri. In circostanze come quelle in discussione nelle cause C‑14/14 e C‑17/14 e con riserva delle verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, la restrizione alla libera circolazione dei capitali, nell’ipotesi in cui sia stabilita, non può considerarsi giustificata.
 
 
Data della sentenza
17 settembre 2015
Numero della causa
Cause riunite C-10/14/17-2014
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