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Giurisprudenza

Corte Ue, per i servizi esteri
no alla ritenuta alla fonte

È la conclusione a cui sono pervenuti i giudici comunitari su una questione relativa alla differenza normativa tra le prestazioni rese a soggetti residenti e non

gioco del calcio
La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda la tassazione delle prestazioni di servizi effettuate nei confronti di soggetti residenti nel territorio nazionale e dei non residenti. I giudici europei sono stati chiamati a pronunciarsi sull’applicazione della ritenuta alla fonte sui redditi di prestazioni di servizi estere piuttosto che su quelle rese a connazionali.
 
La causa principale
Una società calcistica organizzava due incontri di calcio rispettivamente nel 2002 e nel 2004. Gli incassi delle partite, però, non erano riversati ai calciatori partecipanti. con conseguente mancato versamento delle imposte relative. Di conseguenza erano emesse dalla Amministrazione finanziaria cartelle di pagamento per ritenute alla fonte non effettuate e per le mancate imposte versate. Nel giudizio di primo grado la società calcistica è stata condannata al versamento delle ritenute e delle imposte. La società decideva, pertanto, di presentare ricorso per cassazione adducendo l’incompatibilità del diritto nazionale con l’articolo 56 del Tfue. Date le circostante il giudice nazionale sospendeva il procedimento e per rivolgere alla Corte alcune questioni pregiudiziali riguardanti il regime nazionale di ritenute alla fonte.  
 
Le questioni pregiudiziali
Una prima questione richiama l’applicazione dell’articolo 56 Tfue in considerazione del diritto  nazionale olandese per il quale, differentemente per le prestazioni di servizi rese a soggetti residenti, alle prestazioni di servizi rese ai soggetti di altri Stati membri debba essere applicata la ritenuta alla fonte. Una siffatta normativa costituirebbe una violazione del principio della libera prestazione di servizi. In secondo e terzo luogo, questioni trattate congiuntamente, i togati europei sono stati chiamati a stabilire se, una ritenuta alla fonte, come quella di cui alla fattispecie principale, sia giustificabile da obiettivi di miglior riscossione dell’imposta e di lotta all’evasione
 
Le valutazioni della Corte
Ai fini della pronuncia del giudice nazionale, non ha alcuna rilevanza la circostanza che l’Olanda abbia recentemente, attraverso la modifica della normativa nazionale, rinunciato alla applicazione della ritenuta alla fonte oggetto della controversa questione. Da costante giurisprudenza della Corte, sottolineano i giudici, si evince che, sebbene in materia di imposte indirette la potestà legislativa dei singoli Stati membri sia imperativa, questi ultimi devono esercitarla nel rispetto del diritto dell’Unione. In virtù dell’articolo 56 Tfue, infatti, è vietata qualsiasi normativa nazionale che ostacoli o renda più oneroso o economicamente meno vantaggiose le prestazioni di servizi rese a soggetti di altri Stati membri rispetto ai residenti. Dalla fattispecie in esame emerge che la normativa fiscale dei Paesi Bassi assoggetta i destinatari di servizi che si avvalgono di prestatori di servizi non residenti nel settore sportivo all’obbligo di procedere a una ritenuta alla fonte. Le osservazioni presentate dai governi intervenuti a sostegno dell'Olanda, hanno sottolineato che il problema è essenzialmente di natura tecnica in quanto la ritenuta alla fonte non è prevista per i redditi di fonte nazionale in quanto gli stessi verrebbero già tassati nell’ambito di applicazione dell’imposta sulle società. A tal riguardo, la Corte, in passate pronunce, ha sempre ricordato che, ai fini della violazione di un principio dell’Unione, è sufficiente un lieve quanto debole ostacolo all’esercizio della libertà di volta in volta esercitata. La ritenuta alla fonte, di cui alla causa principale, costituisce una restrizione al principio di libertà di prestazione di servizi. Tale conclusione non può essere giustificata neanche da motivazioni di carattere di miglior sicurezza e riscossione delle imposte nonché di lotta alla evasione fiscale.   
 
La decisione finale
Alla luce delle argomentazioni sostenute dai togati della prima sezione della Corte di Strasburgo l’articolo 56 Tfue deve essere interpretato nel senso di prevedere uno stesso trattamento tra le prestazioni di servizi a soggetti residenti piuttosto che a quelli non residenti. Alla luce di tale posizione, l’applicazione di una ritenuta alla fonte solamente alle prestazioni rese ai non residenti non è compatibile con il diritto comunitario laddove stabilisce il principio di libertà di stabilimento. In secondo luogo, come viene sottolineato nel testo della sentenza, una ritenuta siffatta non può essere giustificata dal raggiungimento di un obiettivo di lotta e contrasto all’evasione in una prospettiva di fattiva cooperazione tra gli Stati membri. Infine non ha rilevanza, ai fini delle valutazioni effettuate, il fatto che il soggetto non residente possa portarsi in detrazione  le imposte sostenute in altri Stati membri. 
 
Fonte: sentenza Corte di giustizia UE, procedimento C-498/10
 
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