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Giurisprudenza

Corte Ue: sì al “margine” Iva
se chi compra è in piena buona fede

Gli eurogiudici chiamati a pronunciarsi sull’applicazione del regime in un caso di acquisto di auto usate e di inconsapevolezza incolpevole dell’acquirente della frode Iva del venditore

autoveicoli d'occasione
Nel 2012, una società lituana di rivendita di autoveicoli d’occasione ha acquistato, da una società danese, tali beni che ha poi rivenduto a persone fisiche e giuridiche.  Tutte le fatture relative ai veicoli d’occasione acquistati rinviavano agli articoli da 69 a 71 della legge danese sull’Iva e indicavano, inoltre, che i veicoli venduti erano esenti Iva. Al momento della rivendita, la società lituana ha applicato ai veicoli in questione il regime del margine di cui all’articolo 106, paragrafo 2, della legge sull’Iva.
 
I rilievi del Fisco lituano
In esito a una verifica dell’Ispettorato delle imposte del distretto di Klaipėda è stato rilevato che la società lituana aveva applicato infondatamente il regime del margine ai veicoli d’occasione dalla stessa acquistati presso la società danese e rivenduti a persone fisiche e giuridiche, dal momento che quest’ultima compagine sociale non aveva applicato il regime del margine ai veicoli venduti.
 
La vicenda processuale nazionale
A seguito della richiesta di corresponsione dell’Iva e degli interessi moratori, unitamente all’irrogazione di un’ammenda, da parte dell’Ispettorato regionale prima, e nazionale poi,  la società lituana proponeva ricorso avanti alla Commissione per il contenzioso tributario presso il governo della Repubblica di Lituania. Detta Commissione confermava la decisione della Direzione nazionale delle imposte, esonerando, tuttavia, la società dal pagamento degli interessi moratori.
La vertenza finiva, a seguito dell’appello della società, avanti al Tribunale amministrativo regionale di Vilnius.
 
Le questioni pregiudiziali
Rilevato un possibile contrasto con il diritto europeo, il Tribunale amministrativo regionale di Vilnius, sospeso il procedimento, ha proposto alla Corte di giustizia le seguenti due questioni pregiudiziali:
  • se gli articoli 314, lettera a), e 226, paragrafo 11, della direttiva Iva e gli articoli 314, lettera d), e 226, paragrafo 14, della medesima direttiva, non ostino a norme e/o prassi nazionali fondate su tali norme che impediscono a un soggetto passivo di applicare il regime del margine Iva in quanto, in occasione di una verifica fiscale effettuata dalle autorità tributarie, emerga che le fatture Iva per i beni a quest’ultimo forniti recano informazioni/dati inesatti sull’applicazione del regime del margine Iva e/o sull’esenzione dall’Iva, circostanza di cui tuttavia il soggetto passivo non era e non poteva essere a conoscenza;
  • se l’articolo 314 della direttiva Iva debba essere inteso e interpretato nel senso che, anche se la fattura Iva indica che i beni sono esenti dall’Iva (articolo 226, paragrafo 11, della direttiva Iva) e/o il venditore ha applicato il regime del margine ai fini della cessione dei beni (articolo 226, paragrafo 14, della direttiva Iva), il soggetto passivo acquisisce il diritto di applicare il regime del margine Iva solo quando il fornitore dei beni applica effettivamente il regime del margine e debitamente adempie i propri obblighi in materia di pagamento dell’Iva (versa l’Iva sul margine nel proprio Stato).
La risposta della Corte di giustizia
La Corte premette che il regime speciale Iva del margine consente a un soggetto passivo-rivenditore di applicare l’Iva solo al margine da lui realizzato in sede di rivendita di beni d’occasione, oggetti d’arte, da collezione e/o d’antiquariato, acquisiti presso uno dei soggetti di cui all’articolo 314, lettere da a) a d), della direttiva Iva. Detto margine è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto.
L’obiettivo del descritto regime, proseguono i togati comunitari, è di evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi, nel settore dei richiamati beni.
 
L’accesso al regime Iva del “margine”
Le condizioni, prosegue la Corte di giustizia, che devono essere rispettate perché ad un soggetto passivo sia permesso applicare il regime del margine sono previste all’articolo 314 della direttiva Iva: in particolare, nella norma è presente l’elenco dei soggetti ai quali il soggetto passivo-rivenditore deve rivolgersi per acquistare i beni in questione, in modo da poter applicare il regime del margine. Questi ultimi hanno in comune il fatto di non aver potuto in alcun modo detrarre l’imposta pagata a monte all’atto dell’acquisto dei beni ed hanno, di conseguenza, sopportato integralmente l’imposta stessa. 
 
Le fatture della concessionaria danese
Nel caso di specie, osserva la Corte, sulle fatture che la società lituana ha ricevuto dalla compagine danese vi era menzione tanto del regime del margine quanto dell’esenzione dall’Iva. Tuttavia, era stato accertato che la società danese non aveva il diritto di applicare il regime del margine, poiché era necessario che i beni di cui all’articolo 314 lettera d), della direttiva Iva fossero ceduti al soggetto passivo da parte di un altro soggetto-rivenditore che aveva applicato il regime speciale alla cessione, condizione che, nel caso di specie, non sussisteva.
 
Il soggetto passivo “poteva” o “non poteva non sapere”?
Atteso che spetta alle autorità ed ai giudici nazionali negare il beneficio del diritto alla detrazione se risulta, alla luce di elementi oggettivi, che detto diritto è invocato nel contesto di un’evasione o di un abuso, è opportuno, per analizzare la posizione dell’acquirente lituano, tenere conto di alcune peculiari circostanze.
In questo senso, prosegue la Corte, il diniego all’accesso al beneficio fiscale si verifica non solo quando un’evasione tributaria è commessa dallo stesso soggetto passivo, ma anche quando un soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi, ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’Iva.
Tuttavia, non è compatibile con il regime del diritto a detrazione previsto dalla direttiva Iva sanzionare, con il diniego di tale diritto, un soggetto passivo che non sapeva e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in un’evasione commessa dal fornitore, o che un’altra operazione nell’ambito della catena di fornitura, anteriore o posteriore a quella realizzata da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’Iva. 
Pertanto, anche se non sono soddisfatte tutte le condizioni materiali in presenza delle quali sorge il diritto all’esenzione dall’Iva di una cessione intracomunitaria o alla detrazione dell’Iva, la Corte ha dichiarato che il beneficio di tale diritto non può essere negato ad un soggetto passivo che abbia agito in buona fede ed abbia adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad un’evasione tributaria.
 
Il comportamento esigibile
In argomento, bisogna anche tener presente che, qualora sussistano indizi che consentono di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasione, un operatore accorto potrebbe, secondo le circostanze del caso di specie, vedersi obbligato ad assumere informazioni su un altro operatore, presso il quale prevede di acquistare beni o servizi, al fine di sincerarsi della sua affidabilità.
Tuttavia, l’Amministrazione fiscale non può esigere in maniera generale che il soggetto passivo il quale intende esercitare il diritto di applicare il regime del margine, da un lato – al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o evasione a livello degli operatori a monte – verifichi, segnatamente, che l’emittente della fattura correlata ai beni e ai servizi a titolo dei quali viene richiesto l’esercizio di tale diritto abbia soddisfatto i propri obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’Iva, o, dall’altro lato, che il suddetto soggetto passivo disponga di documenti a tale riguardo.
Spetta, infatti, in linea di principio, alle autorità tributarie effettuare i controlli necessari presso gli operatori al fine di rilevare irregolarità ed evasioni in materia di Iva, nonché infliggere sanzioni all’operatore che ha commesso dette irregolarità o evasioni.
Pertanto, la questione se la società lituana abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che le si potevano ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le operazioni effettuate non la conducessero a partecipare ad un’evasione tributaria appartiene alla competenza del giudice del rinvio, che potrà in particolare prendere in considerazione il fatto che le cessioni di cui al procedimento principale parevano iscriversi in una relazione commerciale di lunga durata.
Del pari meritevole di considerazione, al fine di valutare positivamente la condotta della società lituana – conclude la Corte – era che questa compagine sociale si era rivolta anche all’Autorità fiscale danese, al fine di riscontrare la natura delle menzioni contenute in fattura, per desumere la correttezza dell’applicazione del regime del margine.
 
Conclusioni
L’articolo 314 della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti di uno Stato membro neghino a un soggetto passivo, che abbia ricevuto una fattura sulla quale vi sia menzione tanto del regime del margine quanto dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto, il diritto di applicare il regime del margine, anche qualora da una successiva verifica effettuata da dette autorità emerga che il soggetto passivo-rivenditore, fornitore dei beni d’occasione, non aveva effettivamente applicato detto regime alla cessione dei beni di cui trattasi, a meno che le autorità competenti non dimostrino che il soggetto passivo non ha agito in buona fede o che non ha adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo coinvolga in un’evasione tributaria, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 
Data della sentenza
18 maggio 2017
Numero della causa
C-624/2015
Nome delle parti
  • "Litdana" UAB;
contro
  • Valstybinė mokesčių inspekcija pregare Lietuvos Respublikos finansų ministerijos;
con l’intervento di
  • Klaipėdos apskrities Valstybinė mokesčių inspekcija.
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