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Giurisprudenza

Corte Ue: sui diritti di autore
equo compenso fuori campo Iva

È la conclusione degli eurogiudici a margine della controversia che ha visto protagonisti la Società polacca di artisti e interpreti di opere musicali e il ministero delle Finanze

diritto d'autore

Al centro della controversia, approdata dinanzi alla Corte di giustizia, la soggezione o meno a Iva degli oneri sui supporti vergini ed apparecchi di registrazione e riproduzione, pagati dai produttori e dagli importatori di tali apparecchi e supporti, in applicazione della legge polacca sul diritto d’autore.

In particolare la Società di artisti e interpreti di opere musicali ha chiesto al ministero delle Finanze di chiarire se gli oneri sui supporti vergini ed apparecchi di registrazione e riproduzione, pagati dai produttori e dagli importatori di tali apparecchi e supporti, in applicazione della legge sul diritto d’autore, fossero soggetti all’Iva.

Il ministero delle Finanze dichiarava che le somme versate alla Società di artisti costituivano un pagamento per l’utilizzo dei diritti d’autore e, che, di conseguenza, tali somme dovevano essere considerate come retribuzione per i servizi forniti dai titolari di diritti d’autore e dovevano essere, come tali, assoggettate all’Iva.
 

Il caso e le questioni pregiudiziali
La Società di artisti proponeva ricorso giurisdizionale avverso la decisione ministeriale e nel corso del giudizio pendente innanzi alla Corte Suprema venivano poste alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

  • se si possa ritenere che gli autori, gli artisti interpreti o esecutori e altri soggetti aventi diritto effettuino prestazioni di servizi, rilevanti ai fini Iva, in favore di fabbricanti e agli importatori di registratori, videoregistratori e di altri apparecchi simili nonché di supporti vergini, dai quali le società di gestione collettiva percepiscono, per conto degli aventi diritto ma in nome proprio, i canoni su tali apparecchi e supporti a titolo della loro vendita;
  • in caso di risposta affermativa alla prima questione, se le società di gestione collettiva, percependo i canoni sugli apparecchi e sui supporti a titolo della loro vendita da parte dei fabbricanti e degli importatori, agiscano in qualità di soggetti passivi Iva, e se, al momento della ripartizione di tali canoni tra gli autori, gli artisti interpreti o esecutori ed altri soggetti aventi diritto, questi ultimi debbano documentare la riscossione dei prelievi con una fattura che tiene conto dell’Iva, emessa alla società di gestione collettiva che riscuote i canoni.

La pronuncia della Corte
Al fine di risolvere la questione posta, la Corte muove dal presupposto che in ambito Iva, la definizione di prestazione di servizi ha carattere residuale giacché ogni operazione che non costituisca cessione di beni deve essere considerata prestazione di servizi e che rilevano le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso.
 

Al riguardo, la Corte richiama la propria consolidata giurisprudenza secondo cui l’onerosità sussiste in presenza di un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, quando cioè le somme versate costituiscano l’effettivo corrispettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico.
 

Ciò posto, la Corte, esclude che nella fattispecie in esame sussista un rapporto giuridico nel corso del quale siano scambiate prestazioni reciproche tra, da un lato, i titolari di diritti di riproduzione o, eventualmente, la società di gestione collettiva di tali diritti e, dall’altro, i produttori e gli importatori di supporti vergini e di apparecchi di registrazione e di riproduzione. Infatti, evidenziano i giudici europei, l’obbligo dei produttori e importatori di pagare i canoni deriva direttamente dalla legge nazionale che ne determina anche l’importo e, pertanto, non derivi dalla fornitura di un servizio di cui esso costituirebbe il diretto controvalore. Si tratta, quindi, di un canone diretto a finanziare un equo compenso a vantaggio dei titolari di diritti di riproduzione. Orbene, chiarisce la Corte, nella sentenza in commento, l’equo compenso non costituisce il controvalore diretto di una prestazione qualsiasi, poiché è legato al pregiudizio subìto da tali titolari per la riproduzione delle loro opere protette, effettuata senza autorizzazione.
 

Conseguentemente, la Corte esclude che il rapporto tra i titolari di diritti di riproduzione ed i produttori e degli importatori di supporti vergini e di apparecchi di registrazione e di riproduzione, integri una prestazione di servizi, rilevante, ai fini Iva.
 

Data della sentenza

18 gennaio 2017

Numero della causa
C-37/2016

Nome delle parti

  • Minister Finansów
contro

Stowarzyszenie Artystów Wykonawców Utworów Muzycznych i Słowno-Muzycznych SAWP (SAWP);

con l’intervento di:
  • Prokuratura Generaln;
  • Stowarzyszenie Zbiorowego Zarządzania Prawami Autorskimi Twórców Dzieł Naukowych i Technicznych Kopipol;
  • Stowarzyszenie Autorów i Wydawców Copyright Polska
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