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Giurisprudenza

Corte Ue, sulla raccolta scommesseil ricevitore non paga l’Iva

È la conclusione degli eurogiudici che si sono espressi su una questione che coinvolge la normativa del Belgio

la sede della corte di giustizia
La domanda di pronuncia pregiudiziale ha preso le mosse da un articolata vicenda relativa al trattamento, ai fini Iva, dell’attività di raccolta di scommesse. In particolare, l’attività controversa viene svolta da operatori economici per proprio conto ma in nome di una società per azioni belga. Dal punto di vista giuridico si tratta di chiarire se l’attività debba essere assoggettata a Iva o esentata.

Il codice belga dell’Iva
Nel contesto normativo nazionale, il codice Iva belga disciplina la cessione di beni e stabilisce che si considerano nel rapporto tra commissionario e committente il primo venditore e il secondo acquirente del bene fornito in virtù dell’intermediazione. La cessione dei beni, prevede poi il codice, è tale anche nel caso in cui il committente agisca in nome proprio ma per conto del commissionario. In tema di prestazione di servizi tra le varie fattispecie indicate nel codice rinetra anche la prestazione che, in esecuzione di un contratto, riguardi un mandato. Infine il codice stabilisce che sono attività esenti da Iva le prestazioni di servizi costituite da scommesse, lotterie e altri giochi con poste in denaro nel rispetto di specifiche condizioni.
 
Il contratto di commissione
Il contratto di commissione è costituito da una convenzione tra due protagonisti che sono il singolo ricevitore e la società di raccolta scommesse. In base a tale contratto la società è proprietaria dell’azienda che è soltanto data in gestione al ricevitore. Pertanto la società mette a disposizione sia i locali che tutta l’attrezzatura necessaria compresa l’insegna e la copertura assicurativa. Il ricevitore viene equipaggiato anche del materiale informatico inerente alla registrazione delle scommesse e al relativo pagamento delle vincite. Da parte sua ogni ricevitore assume l’impegno di gestire l’attività con diligenza e comunicare prontamente eventuali anomalie inerenti il materiale informatico fornito. Altro obbligo convenzionale a cui sono assoggettati i ricevitori riguarda il ligio rispetto dei regolamenti sulla gestione delle scommesse. Nella fattispecie, si evidenzia la scrupolosa osservanza delle disposizioni sulla registrazione, contabilità e pagamento delle scommesse. Il ricevitore ha come guadagno una commissione fissata in percentuale rispetto alle scommesse registrate. 
 
La causa principale e la questione pregiudiziale
La vicenda ha avuto inizio a seguito di un controllo effettuato dall’Amministrazione tributaria belga Dai rilievi è emerso che le commissioni percepite dai ricevitori non erano state assoggettate a Iva. A fronte di tale contestazione, la società ricorrente si rivolgeva al Tribunale di prima istanza chiedendo il riconosimento dell’esenzione da imposta in quanto le commissioni incriminate sono percepite dai ricevitori in qualità di commissionari che svolgono una attività esente. Il tribunale di primo grado si pronunciava accogliendo la richiesta,  recepita anche nel giudizio di appello a sua volta richiesto dall’Amministrazione nazionale. La Corte di cassazione, invece, nella sua sentenza provvedeva a cassare il precedente giudicato e a rimettere la questione al giudice del rinvio. Svolto un sommario esame della vicenda e concludendo che i ricevitori prendevano parte alle scommesse sulla base di un contratto di commissione, sospendeva il giudizio rimettendo la questione pregiudiziale all’esame della Corte di giustizia europea. Con la questione pregiudiziale nella sostanza si vuole chiarire se gli articoli 6, n. 4 e 13, parte B, lett. f), della sesta direttiva Iva, siano da interpretare a favore o meno del riconoscimento dell’esenzione Iva dei servizi forniti da un commissionario in nome proprio ma per conto del committente.  
 
Le argomentazioni della pronuncia
Secondo la prevista dall’articolo 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Corte di giustizia è competente soltanto a fornire indicazioni, osservazioni scritte e orali per coadiuvare il giudice nazionale a dirimere la questione pregiudiziale Pertanto, spetta al giudice nazionale definire la questione interpretativa sollevata. L’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera f) della sesta direttiva Iva trova motivazioni di ordine pratico in quanto le operazioni di gioco d’azzardo mal si conciliano con l’applicazione di un imposta quale l’Iva. Quanto al trattamento della prestazione di intermediazione ai fini Iva, l’art. 6, n.4 della sesta direttiva sancisce che, qualora il soggetto passivo agisca in nome proprio ma per conto di terzi che partecipa ad una prestazione di servizi, tali servizi devono essere considerati come se fossero prestati dal soggetto passivo. Ne risulta che nel peculiare rapporto tra committente e commissionario l’obbligazione, ai fini Iva risulta, seppur artificiosamente, invertito. Tale norma, riferibile alla sesta direttiva per la parte che disciplna le operazioni imponibili Iva, lascia intendere che tale inversione artificiosa vale anche per il regime di esenzione. Dato che l’esenzione di cui alla causa principale è generale, alla stessa stregua rientra l’esenzione di cui all’art. 6, n. 4 sesta direttiva. Secondo la Corte non può essere accolta la tesi dellle autorità fiscali del Belgio secondo cui il riconoscimento dell’esenzione Iva anche agli operatori ricevitori lede il principio di neutralità fiscale. A tal riguardo, nel giudizio della Corte l’estensione del regime di esenzione, anche a chi agisce in nome proprio ma per conto di terzi, gioverebbe il corretto funzionamento del regime Iva comunitario.  
 
Il verdetto dei giudici comunitari
Secondo la Corte una attività di raccolta scommesse, svolta da operatori economici per proprio conto ma in nome di una società (di accettazione di scommesse), è attività esente ai fini Iva. Nel rapporto tra la società e i singoli operatori economici, infatti, la prima fornisce una prestazione di servizi che, in quanto riferiti alle scommesse, sono appunto esenti (articolo 13, parte B), lettera f della sesta direttiva Iva).
 
Fonte: sentenza Corte di Giustizia europea procedimento C-464/10
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