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Giurisprudenza

Crediti Iva senza dichiarazione:
la posizione delle Sezioni unite

A fronte della contestazione dell'ufficio, è onere del contribuente provare adeguatamente le condizioni sostanziali cui la normativa ricollega l'insorgenza del diritto alla detrazione

immagine di mani che si passano un fascicolo
Con le sentenze 17757 e 17758 dell'8 settembre 2016, la Corte di cassazione è intervenuta a sezioni unite al fine di comporre un annoso contrasto verificatosi all'interno della giurisprudenza di legittimità in ordine al trattamento da riservare alle eccedenze di credito Iva maturate in un periodo d'imposta per il quale la relativa dichiarazione annuale è stata omessa dal contribuente, sia con riguardo ai profili sostanziali e alla sorte del credito maturato, sia con riguardo alle procedure utilizzabili dall'Amministrazione finanziaria ai fini del controllo di tali fattispecie.

Al riguardo, le Sezioni unite hanno affermato importanti principi, ovvero che:
  • l'omissione della dichiarazione Iva da parte del soggetto passivo non comporta ex se la perdita del credito maturato nella stessa annualità (circostanza che si verifica solo in assenza dei requisiti sostanziali del diritto alla detrazione), ma è onere del contribuente, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell'esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa ricollega l'insorgenza del diritto alla detrazione
  • è legittima la contestazione di tale violazione da parte del Fisco, mediante l'utilizzo della procedura automatizzata disciplinata dall'articolo 54-bis del Dpr 633/1972, non essendo necessaria l'emissione di un avviso di rettifica; al contribuente è comunque consentito dimostrare la sussistenza e l'effettiva spettanza del credito.
Le sentenze in commento si segnalano in quanto fanno definitivamente chiarezza sulla questione, tuttora ampiamente dibattuta, anche in seno alle Corti di merito.
In senso conforme - e di ciò la Corte suprema dà atto anche nelle sentenze - si era già espressa, nelle more, l'Amministrazione finanziaria con le circolari 34/2012 e 21/2013(1).

Fattispecie e vicende processuali
Entrambe le controversie traggono origine dall'impugnazione di cartelle di pagamento emesse a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione annuale, nella quale la parte contribuente aveva esposto un credito Iva riportato dalla precedente annualità, che risultava omessa (nella controversia relativa alla sentenza n. 17757, il credito era stato in parte già fruito a mezzo della compensazione con altre imposte).

Nel caso deciso con la pronuncia 17757/2016, la Ctr di Roma ha respinto l'appello dell'ufficio, motivando la propria decisione sull'assunto che l'imposta detraibile risultava indicata nelle dichiarazioni periodiche e nella richiesta parziale di rimborso di cui al modello VR trasmesso.
L'ufficio ha eccepito nel giudizio che, in assenza della dichiarazione dell'anno precedente, il contribuente non poteva utilizzare il credito in compensazione, ma solo presentare una istanza di rimborso; peraltro, non risultava fornita alcuna prova documentale dell'esistenza del credito.
Al riguardo, il giudice di secondo grado ha affermato che il diritto di credito non può essere "annullato a causa della mancata compilazione e presentazione della dichiarazione annuale, in quanto trattasi di un diritto che deriva dalla legge e si concretizza in presenza dei presupposti, a prescindere dalla dichiarazione medesima". Più specificamente, l'indicazione del credito da parte del contribuente nelle liquidazioni periodiche è sufficiente "a far sorgere il diritto del medesimo alla contestata compensazione", anche alla luce del disposto dell'articolo 5 del Dlgs 471/1997(2).
Avverso la predetta sentenza, l'Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso in Cassazione per violazione di legge, in particolare delle disposizioni di cui agli articoli 30, 54-bis e 55 del Dpr 633/1972, nonché dell'articolo 5 del Dlgs 471/1997.

Nel caso deciso con la pronuncia 17758/2016, invece, la Ctr di Catanzaro ha accolto l'appello proposto dall'ufficio, riformando la decisione del giudice di primo grado e confermando la correttezza della cartella di pagamento emessa a seguito del controllo automatizzato.
Nel caso di specie, il giudice dell'appello ha evidenziato che un credito d'imposta non esposto nella dichiarazione annuale Iva non può essere portato in detrazione nella dichiarazione per l'anno successivo dovendo essere invece richiesto con domanda di rimborso(3), con la conseguenza che è corretta l'iscrizione a ruolo effettuata dal Fisco avvalendosi dei poteri riconosciutigli dall'articolo 54-bis, secondo comma, Dpr 633/1972.
La sentenza è stata impugnata in sede di legittimità dal contribuente.
Con ordinanze n. 16053 dell'11 luglio 2014 e n. 22902 del 29 ottobre 2014, le sezioni VI e V della Cassazione, assegnatarie dei ricorsi, "considerata la duplice chiave di lettura che può avere la questione … tenuto conto della particolare rilevanza dei principi sottesi alla soluzione del contrasto giurisprudenziale (sia per la diretta incidenza sull'azione del Fisco nel definire il perimetro da assegnare al procedimento di controllo automatizzato in materia di Iva, sia per le possibili ricadute in collegamento con le problematiche di diritto sostanziale …" hanno ritenuto opportuno rimettere gli atti al primo presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite, poi avvenuta per entrambe le controversie.

I principi enunciati nella sentenza 17757/2016
Le sezioni unite della Cassazione, nella sentenza n. 17757, hanno affermato il principio di diritto secondo cui "La neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l'eccedenza d'imposta - risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto - sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione".
In tale ipotesi, pertanto, "il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d'impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto - ovvero non controverso - che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili"(4).

Nella parte motiva della sentenza, la Corte - dopo aver compiutamente ripercorso il quadro normativo, i precedenti giurisprudenziali in tema di detrazione e di emendabilità della dichiarazione(5), nonché l'evoluzione nel tempo della prassi dell'Amministrazione finanziaria(6) - ha valorizzato i principi emersi negli ultimi anni nell'ambito della giurisprudenza comunitaria e in quella nazionale in ordine alla rilevanza delle violazioni "formali", intese "come inadempimento di un obbligo distinto dalle condizioni essenziali previste dalle direttive IVA per l'esercizio della detrazione". In presenza di violazioni che possono essere definite "formali", a parere della Corte, la questione che va risolta è di natura probatoria e "l'infrazione è da ritenersi emendabile sul piano del rapporto impositivo laddove si disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo (Cass. Sez. 5, n. 3586 del 2016), in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l'imposta pagata a titolo di rivalsa (Cass. Sez. 5, n. 25871 del 2015), sempreché non risulti in concreto impedita la prova dell'adempimento dei requisiti sostanziali (Cass. Sez.5, n. 4612 del 2016)".
Al riguardo, i giudici di legittimità hanno evidenziato che:
  • "se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava sull'Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l'onere della relativa contestazione e della consequenziale prova"
  • diversamente, "se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall'ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell'esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l'insorgenza del diritto alla detrazione. … Ovverosia il contribuente deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell'IVA e titolare del diritto di detrarre l'imposta"(7).
I principi enunciati nella sentenza 17758/2016
La sentenza 17757 non ha affrontato la questione relativa alla legittimità dell'utilizzo da parte dell'Amministrazione finanziaria della procedura di controllo automatizzato e dello strumento della cartella di pagamento, non essendo in discussione nell'ambito dello specifico contenzioso.
Tale questione, invece, ha costituito oggetto della sentenza 17758, nella quale la Corte suprema, citando numerosi precedenti, ha evidenziato preliminarmente la presenza di due diversi indirizzi interpretativi nella giurisprudenza tributaria di legittimità:
  • secondo un primo orientamento, quando il credito portato in detrazione non risulta dalla dichiarazione annuale - sia perché diverso sia, più radicalmente, perché la stessa non è stata presentata - è pienamente legittimo il ricorso alla procedura automatizzata
  • secondo altra tesi, invece, la negazione della detrazione nell'anno in verifica di un credito dell'anno precedente, per il quale la dichiarazione è stata omessa, non può essere ricondotta al mero "controllo cartolare" (in quanto implica verifiche e valutazioni giuridiche), essendo necessaria l'emissione di un motivato avviso di rettifica.
Le Sezioni unite hanno ritenuto condivisibile il primo indirizzo, sulla base delle previsioni contenute nell'articolo 54-bis, secondo comma, Dpr 633/1972.
In particolare, secondo la Corte suprema, "Il senso di una normativa di tal genere non può che essere quello di un controllo fatto grazie all'utilizzo di quei mezzi informatici che consentono di correlare i dati esposti nelle dichiarazioni e le informazioni sul contribuente reperibili nell'anagrafe tributaria (…) Nella mancata presentazione di una dichiarazione annuale Iva può ben ravvisarsi una di quelle notizie che rilevano come mero dato storico dal quale derivano conseguenze giuridiche. Sicché non vi sarebbe ragione di non consentire la lavorazione con procedura automatizzata di un dato omissivo, dovendo l'amministrazione provvedere, appunto, "sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni fiscali presentate e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria"".

Al riguardo, anche nella pronuncia 17757/2016, le Sezioni unite, pur non costituendo oggetto del giudizio, ma per completezza, hanno precisato di condividere tale assunto, affermando che "Il che può ben costituire innesco iniziale dell'azione del fisco…".

In conclusione, nelle fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva è consentita l'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta nella dichiarazione dell'anno successivo e la consequenziale emissione di cartella di pagamento(8), poiché si tratta di mera attività esecutiva, con la quale l'ufficio finanziario si limita a dare attuazione al precetto legale (articolo 54-bis) rispetto ai dati della dichiarazione.


NOTE:
1) Nella circolare 34/2012, è stato osservato che, ai sensi del secondo comma dell'articolo 30 del Dpr 633/1972, se dalla dichiarazione annuale risulta un'eccedenza di Iva detraibile, "il contribuente ha diritto di computare l'importo dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività"; pertanto, in caso di omessa dichiarazione annuale, il contribuente non può riportare l'eccedenza di Iva detraibile con consequenziale legittimità della procedura di cui all'articolo 54-bis del Dpr 633/1972, volta a "correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni", che nel caso di specie risulta omessa. Il credito, pertanto, non essendo stato dichiarato nell'anno in cui è maturato, non è utilizzabile in detrazione, ma può essere solo chiesto a rimborso. Tuttavia, il contribuente è ammesso a dimostrare, a seguito di apposita istanza di rimborso o nel giudizio avverso la cartella di pagamento (nella fase di mediazione o conciliazione), l'effettiva sussistenza e spettanza del credito. Nella successiva circolare 21/2013, è stato precisato che, a seguito del ricevimento della comunicazione d'irregolarità, se il contribuente ritiene che il credito non dichiarato sia fondatamente ed effettivamente spettante, può attestarne l'esistenza contabile, mediante la produzione all'ufficio competente di idonea documentazione (ad esempio, con riferimento alle eccedenze Iva, mediante esibizione dei registri Iva e delle relative liquidazioni, della dichiarazione cartacea relativa all'annualità omessa, delle fatture e di ogni altra documentazione ritenuta utile). Resta ferma la possibilità per il Fisco di effettuare le attività di controllo in merito alla dichiarazione omessa, anche al fine di accertare l'effettività sostanziale del credito maturato nel relativo periodo d'imposta. La dimostrazione dell'esistenza contabile del credito, prosegue il documento di prassi, pone il contribuente, ancorché tardivamente, nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato qualora avesse correttamente presentato la dichiarazione.
2) Ai sensi di tale disposizione, nel testo vigente ratione temporis, "Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell'imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. Per determinare l'imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell'anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite". 3) La Ctr ha osservato, inoltre, che il contribuente (un Comune) aveva sostenuto genericamente che l'onere della prova dell'esistenza di irregolarità fiscali incombesse sull'ufficio finanziario, senza contrastare le risultanze dell'Anagrafe tributaria circa l'omissione della dichiarazione Iva, per le annualità precedenti, e limitandosi a sostenere la legittimità del credito d'imposta invocando documentazione in suo possesso, nei fatti mai prodotta in giudizio. 4) Nella sentenza si legge che "Nel complesso normativo e nel formante giurisprudenziale dell'UE emerge, dunque, che il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell'operazione, …". 5) La Corte afferma espressamente che "La linea evolutiva qui percorsa nel caso di dichiarazione omessa materialmente - ovvero omessa perché ultra-tardiva - si salda strettamente con i principi fondanti la citata decisione di queste sezioni unite n. 13378 del 2016, sull'emenda delle dichiarazioni fiscali". 6) V. citate circolari 21/2013 e 34/2012, con le quali è stata superata la precedente posizione restrittiva adottata con risoluzione 74/2007. 7) La Corte richiama in particolare le precedenti pronunce 11168/ 2014, 18924/2015, 7576/2015, 17815/2015. 8) Anche nella pronuncia in argomento, la Corte evidenzia che comunque è "… fatta salva, nel successivo giudizio d'impugnazione della cartella, l'eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati a Iva e finalizzati a operazioni imponibili)".
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