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Giurisprudenza

Credito Iva, il limbo non dura in eterno

Per gli "smemorati" previsti tempi brevi per far valere il proprio titolo

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Crediti Iva sorti in annualità in cui la dichiarazione risulta tardiva o omessa
La Corte di cassazione, sezione tributaria, con sentenza 433/2008, sostiene che "il contribuente che abbia omesso la presentazione della dichiarazione annuale in tema di imposta sul valore aggiunto non è ammesso al recupero del credito maturato nel relativo periodo d'imposta sulla base del trasferimento della posizione al periodo d'imposta successivo, dovendo egli - per converso - avvalersi della procedura dell'istanza di rimborso".

Nella specie, una Snc impugnava l'avviso di rettifica dell'Iva per il recupero di una detrazione effettuata dall'agenzia delle Entrate sulla dichiarazione annuale del 1993, corrispondente al credito Iva per il 1992, anno per il quale la dichiarazione era stata omessa.
Il ministero delle Finanze ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado che accoglieva la tesi del contribuente, confermando la pronuncia del giudice di prime cure.

La Corte di cassazione accoglieva il ricorso, così motivandolo: "se dalla dichiarazione annuale risulta che l'ammontare detraibile di cui al n. 3) dell'art. 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell'imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto a sua scelta al rimborso dell'eccedenza o a computarne in detrazione l'importo nell'anno successivo, annotandolo nel registro indicato dal Dpr 633/72 artt. 25 e 55, l'inottemperanza del contribuente all'obbligo della dichiarazione annuale esclude implicitamente la possibilità di recuperare il credito maturato in ordine al relativo periodo d'imposta attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo d'imposta successivo, residuando, pertanto, al contribuente la possibilità di chiederne il rimborso a norme del Dpr 633 del 1972 articolo 30…" .

Secondo questa pronuncia, dunque, il contribuente che vanta un credito Iva, nel caso in cui ometta di presentare la dichiarazione, non può riportare in detrazione tale eccedenza nell'anno di imposta successivo, ma può solamente richiederne il rimborso ai sensi dell'articolo 30 Dpr 633/1972.
La ratio del dispositivo va ricercata nella necessità di accertare l'esistenza del credito, vista l'assenza della dichiarazione relativa al periodo in cui lo stesso è maturato.
Qualora l'ufficio ritenga, a seguito di controllo documentale, di dover negare il rimborso per assenza dei presupposti stabiliti dalla normativa, potrà riconoscere l'esistenza del credito e contestualmente autorizzare il riporto del medesimo nella liquidazione periodica o nella prima dichiarazione utile ai sensi dell'articolo 1 del Dpr 443/1997.

Questo orientamento conferma quanto sostenuto in precedenza dalla Suprema corte nelle sentenze 8083/1998, 1029/2002, 16477/2004 e 17067/2006, per cui "[…] nelle ipotesi di omessa dichiarazione annuale dell'Iva esclude implicitamente che il credito Iva relativo ad un periodo di imposta privo di dichiarazione annuale possa essere recuperato attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successivo e lascia al contribuente la praticabilità del solo altro corno del sistema facoltativo costituito dalla richiesta di rimborso".

La Cassazione si è pronunciata anche circa l'applicabilità, con riferimento al termine per la presentazione della domanda di rimborso, dell'articolo 16 del Dpr 636/1972, come modificato dall'articolo 21 del Dlgs 546/1992, o dell'articolo 2946 del Codice civile concernente la prescrizione ordinaria.
Diradando ogni possibile dubbio a riguardo, è stato precisato che, mancando nella legislazione speciale dell'Iva una specifica disciplina che tratti le modalità di restituzione o rimborso, si applica la norma generale e residuale di cui all'articolo 16 Dpr del 636/72.
La domanda di rimborso è, pertanto, soggetta al termine decadenziale di due anni, fermo restando che, ove si ravveda il silenzio rifiuto sulla predetta richiesta, la prescrizione decennale, di cui all'articolo 2946 del Codice civile, inizi a decorrere dalla data della sua formazione (cioè dalla scadenza del termine di 90 giorni dalla data di presentazione della domanda di rimborso all'ufficio competente).

Crediti Iva non riportati nelle dichiarazioni annuali successive a quella in cui sono maturati
Nell'ipotesi diversa, concernente l'omesso riporto del credito, i giudici di legittimità sono intervenuti con la sentenza 12012/2006, chiarendo che il contribuente non perde il diritto alla detrazione del credito Iva non indicato nella dichiarazione relativa all'anno successivo, atteso che la decadenza dal diritto matura solo qualora non venga esercitata nel termine previsto dall'articolo 19, comma 1, secondo periodo, del Dpr 633/1972.
La norma stabilisce, infatti, che il diritto alla detrazione può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto.

Alla luce di questa pronuncia, che ratifica l'operato dei giudici della Suprema corte (sentenza 523/2002), volendo, per chiarezza, esemplificare, si può affermare quanto di seguito: qualora un contribuente, evidenziando per l'anno di imposta 2000 un credito Iva di 10mila euro, riportasse correttamente tale cifra nella dichiarazione relativa a questa annualità, omettendo però di inserirlo nella dichiarazione relativa all'anno successivo (2001), potrebbe optare per la restituzione del credito ai sensi e per gli effetti dell'articolo 21 del Dlgs 546/1992 (Cassazione, sentenza 8461/2005) oppure portarlo in detrazione alle condizioni esistenti nel momento della nascita del diritto medesimo e fermo restando il vincolo temporale di effettuare tale operazione entro il secondo anno successivo a quello in cui il è sorto diritto alla detrazione (2003).
Nel caso in cui dal riporto del predetto credito nella dichiarazione relativa all'anno di imposta 2003 venga elaborata una comunicazione di irregolarità, l'ufficio, previo esame della documentazione contabile, potrà annullare l'esito, confermando così l'operato del contribuente.

L'agenzia delle Entrate, nella risoluzione 74/2007, è intervenuta fornendo ulteriori chiarimenti, anche con riguardo all'ipotesi in cui le dichiarazioni successive risultano omesse.
L'Amministrazione finanziaria, nello specifico, ritiene che il credito Iva, richiesto in detrazione ai sensi dell'articolo 30 del Dpr 633/1972, se correttamente esposto nella dichiarazione relativa all'annualità in cui è sorto, non viene perduto dal contribuente.
Ciò sulla base dei principi sanciti dall'articolo 1, comma 2, del Dpr 443/1997, il quale prevede la possibilità di utilizzare in compensazione e/o detrazione i crediti chiesti a rimborso e denegati dall'ufficio perché non riportati nelle dichiarazioni degli anni successivi, e dall'articolo 55, comma 1, Dpr 633/1972, in cui si stabilisce che, nel caso di omessa dichiarazione, l'ufficio può procedere in ogni caso all'accertamento induttivo, computando in detrazione solo i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell'articolo 19 risultanti dalle liquidazioni periodiche degli articoli 27 e 33, e infine dall'articolo 5, comma 1, Dlgs 471/1997, il quale interviene a completare il quadro normativo suddetto affermando che, sempre in caso di omessa dichiarazione, "per determinare l'imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell'anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite".

Tale orientamento trova ulteriore conferma nelle circolari 23/1999 e 222/2000, le quali recepiscono quanto sancito dalla Suprema corte nella sentenza 8602/1996, la quale stabiliva che "in tema di Iva, l'inottemperanza del contribuente all'obbligo della dichiarazione annuale lo espone all'accertamento induttivo, a norma dell'articolo 55 del Dpr 26 ottobre 1972 n. 633, e gli preclude la facoltà di portare in deduzione l'imposta versata nel relativo periodo su acquisti di beni o servizi, se non registrata nelle liquidazioni mensili o trimestrali, ma non lo priva del diritto di scomputare dalle somme dovute in base a tale accertamento il credito che abbia maturato nel periodo anteriore, e per il quale abbia chiesto la successiva detrazione, ai sensi dell'articolo 30 del citato Dpr n. 633/1972".
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