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Giurisprudenza

Dal "concordato" una pietra sopra al rimborso Irap

Per i giudici l'effetto preclusivo del condono si dispiega oltre il caso di quello "tombale"

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La presentazione dell’istanza di definizione, prevista dall’articolo 7 della legge 289/2002 (cosiddetto “concordato”), così come avviene in caso di adesione al “condono tombale” (articolo 9 della stessa legge), preclude al contribuente il conseguimento del rimborso Irap, considerata come non dovuta per mancanza del presupposto impositivo. Tale eccezione preclusiva ha natura processuale, oltre che sostanziale e, dunque, deve essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, senza che occorra una specifica proposizione a opera della parte interessata a farle valere.
Con tale pronuncia (sentenza n. 25240 del 3 dicembre 2007), la Corte di cassazione è pervenuta a un importante approdo interpretativo: l’effetto preclusivo del condono si dispiega, in relazione alle istanze di rimborso, anche al di fuori dei casi di quello “tombale”.

La controversia, portata all’attenzione della Suprema corte, trae origine da un ricorso proposto da un consulente informatico, avverso il silenzio-rifiuto formatosi su un’istanza di rimborso Irap, presentata per mancanza dei presupposti impositivi dell’imposta.
L’ufficio, rimasto soccombente in primo grado, proponeva appello. In pendenza di tale giudizio, il contribuente aderiva alla sanatoria di cui all’articolo 7 della legge 289/2002.
La Ctr respingeva le doglianze dell’ufficio, tra cui l’eccezione di adesione al condono del contribuente ritenuta tardiva.
Contro tale decisione, l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in Cassazione, rimanendo vittoriosa.

I giudici di legittimità hanno, primariamente, precisato che "le questioni relative all’applicazione del condono, pur non risolvendosi interamente nei problemi processuali, partecipano anche di tale natura e sono, perciò, rilevabili d’ufficio, senza che occorra una specifica proposizione ad opera della parte interessata a farle valere". Ciò in quanto, ha osservato la Cassazione, l’adesione al condono, dispiegando efficacia estintiva nei confronti delle pretese del Fisco e del contribuente, incide anche sul processo "palesandosi come una questione ufficiosa, di ordine pubblico, che s’impone al giudice, ove rilevata o rilevabile in via ufficiosa, prima di ogni altra".
Di conseguenza, il giudice deve rilevare d’ufficio l’operatività del condono sia a vantaggio del contribuente, relativamente alle controversie afferenti gli accertamenti dell’obbligazione tributaria e la debenza dell’imposta, sia a vantaggio dell’ente impositore, in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso.

Chiarita la problematica della rilevabilità d’ufficio dell’eccezione preclusiva, la quale può essere sollevate dalla parte per la prima volta anche in grado di appello, la Suprema corte ha esaminato una questione interpretativa di indubbio spessore: l’adesione al “concordato”, previsto dall’articolo 7 della legge 289/2002, preclude al contribuente il conseguimento del rimborso Irap?
A tal riguardo, i giudici hanno ricordato come la stessa Cassazione, con la sentenza n. 3682/2007, con riferimento al condono tombale (articolo 9, legge 289/2002), si era espressa nel senso che "la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via a agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamene inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, Irap)". Ciò, in virtù della natura transattiva della normativa sul condono, che consente al contribuente di scegliere liberamente di "coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, se del caso, il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria".

Tale principio, ad avviso della Cassazione, trova il suo fondamento non tanto e non solo sulla base dell’assoluta incompatibilità tra l’istanza di rimborso e la relativa domanda di condono, ma soprattutto sulla specifica previsione legislativa, contenuta negli articoli 7 e 9 della legge 289/2002. Secondo la Suprema corte, "la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate, anche ai fini Irap, con tali dichiarazioni intendendosi solo quelle contenenti la specifica indicazione del credito richiesto".
Quindi, proprio il tenore identico delle previsioni, riguardanti entrambe le norme, comporta che il rimborso Irap debba essere escluso, anche nel caso in cui il contribuente abbia aderito al “concordato” (articolo 7), oltre che in caso di adesione al “condono tombale” (articolo 9). Pertanto, la Cassazione ha dato luogo a un’interpretazione “equiparatrice”: l’adesione del contribuente alle sanatorie fiscali produce effetti ostativi nei riguardi della prosecuzione del giudizio di rimborso dell’Irap.

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