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Giurisprudenza

Dalla rendita assegnata d’ufficio,
Registro automatico senza preavviso

L’Agenzia delle Entrate è tenuta solo a emettere un avviso di liquidazione nel termine di decadenza triennale, senza necessità di ogni ulteriore fase di accertamento

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Le parti della compravendita di un immobile privo di rendita catastale possono dichiarare, nell’atto di acquisto, di volersi avvalere della valutazione automatica, avanzando contestuale richiesta per l’assegnazione della rendita. Se, dopo l’attribuzione, il valore dichiarato risulti inferiore a quello determinabile secondo il criterio automatico, l’Agenzia deve riscuotere la maggiore imposta di registro emettendo avviso di liquidazione nel termine di decadenza triennale, senza necessità della preventiva notifica di un avviso di accertamento.
Lo ha ribadito la Cassazione, con l’ordinanza 19126 del 6 novembre.

I fatti
Con avviso di liquidazione, l’Agenzia ha determinato l’imposta di registro dovuta in relazione a un atto di compravendita immobiliare (datato 21 novembre 2000), concernente un complesso a destinazione commerciale ubicato a Roma.
In entrambi i gradi di merito sono stati rigettati i ricorsi dei contribuenti. In particolare, la Commissione tributaria regionale ha motivato la propria decisione sul presupposto che, se in sede di compravendita di un immobile non ancora iscritto in catasto edilizio, le parti chiedono l’applicazione del criterio di valutazione automatica con contestuale domanda di attribuzione della rendita catastale (articolo 12, Dl 70/1988) e il valore dichiarato è inferiore a quello risultante dalla valutazione automatica, “l’Ufficio può procedere alla riscossione della maggiore imposta con un mero avviso di liquidazione che si fonda sulla volontà del contribuente e sulla applicazione di criteri tabellari…”, senza necessità di ogni ulteriore fase di accertamento.
 
I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione lamentando violazione di legge (articoli 51 e 52, Dpr 131/1986), poiché il giudice di merito non aveva ritenuto necessario che si procedesse con avviso di accertamento.
 
La Corte, dichiarando il motivo di ricorso inammissibile (ex articolo 360-bis cpc), ha ritenuto invece che il giudice di appello ha deciso le questioni di diritto in maniera conforme alla giurisprudenza di legittimità. Di conseguenza, in mancanza di elementi utili per mutare il proprio orientamento (cfr, per tutte, Cassazione, sentenza 10192/2003), la Cassazione ha ribadito che “…in tema di imposta, di registro e nel caso in cui il contribuente che abbia acquistato un immobile privo di rendita catastale dichiari di volersi avvalere - ai sensi dell’art. 12 del D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge n. 154 del 1988 - del criterio di valutazione automatica, con il conseguente atto di liquidazione l’Ufficio si limita ad operare sulla base dell’assegnazione della rendita da parte dell’UTE il quale non esercita alcun potere di accertamento, ma svolge un’attività d’informazione, frutto di un semplice calcolo matematico…”.
 
Osservazioni
I giudici di legittimità hanno evidenziato le conseguenze derivanti, in materia di imposta di registro, dalla scelta del contribuente di avvalersi del criterio di valutazione automatica in sede di trasferimento di un immobile privo di rendita catastale. E cioè hanno ribadito:
a) che la maggiore imposta può essere riscossa dall’Agenzia con il solo avviso di liquidazione, senza necessità di notificare previamente un avviso di accertamento. Questo perché la quantificazione delle somme dovute avviene sulla base della volontà espressa dal contribuente e del calcolo aritmetico compiuto dall’ufficio con il criterio tabellare (Cassazione, pronunce nn. 23995/2008, 15956/2008, 25780/2007, 2673/2007). Con la sua richiesta, infatti, il contribuente accetta consapevolmente il rischio che, una volta attribuita la rendita, il valore dell’immobile indicato nell’atto (e in base al quale viene provvisoriamente liquidata l’imposta di registro) venga successivamente modificato dall’ufficio che notifica l’avviso di liquidazione, nell’ambito di una semplice attività di informazione (Cassazione, pronuncia 2480/2006) e sulla base del maggiore valore risultante dall’applicazione del criterio tabellare.
Tale valore (da considerarsi, quindi, “dichiarato” dal contribuente) è il risultato di un procedimento che si articola, prima, nell’attribuzione della rendita sulla base delle valutazioni dell’Ute circa la consistenza e la natura dell’immobile, poi, nel calcolo aritmetico dell’imposta sulla base di tali risultanze (con applicazione, da parte dell’Agenzia, di un coefficiente legale fisso alla rendita attribuita), in assenza di valutazioni discrezionali e senza alcun esercizio dei poteri valutativi tipici del procedimento di accertamento. Del resto, l’articolo 12 della legge 154/1988, che espressamente richiama il solo comma 4 dell’articolo 52, Dpr 131/1986, consente di ritenere che la manifestazione di volontà del contribuente (diretta a ottenere l’attribuzione di una rendita catastale) legittima la determinazione automatica del valore ed esclude il potere di rettifica, previsto dal comma 1 dello stesso articolo (Cassazione, pronuncia 14245/2000)
b) che il termine di decadenza previsto per l’attività di liquidazione dell’imposta è di tre anni (articolo 76, comma 2, lettera a), Dpr 131/1986) per le liquidazioni effettuate in base a valori catastali (articolo 52, comma 4, Dpr 131/1986) e non di due (articolo 76, comma 1-bis, Dpr 131/1986), come per le sole ipotesi in cui l’ufficio abbia proceduto ad accertamento del “valore venale” (articolo 52, comma 1, Dpr 131/1986). Ciò in quanto “la valutazione automatica degli immobili richiede una necessaria attività di istruttoria per l’attribuzione della rendita catastale con adempimenti scadenzati nel tempo …” (Cassazione, pronunce nn. 23995/2008 e 5088/2005).
 
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, per il rinvio all’orientamento di legittimità in materia, trovano applicazione anche i principi consolidati relativi sia al dies a quo, dal quale decorre il termine di tre anni, sia alla natura di imposta principale delle somme dovute. Chiarimenti, questi, che costituiscono, comunque, corollari dei principi affermati.
In particolare, il termine triennale per la riscossione dell’imposta decorre dalla richiesta di registrazione ovvero dal momento successivo in cui il contribuente, ottemperando all’onere posto a suo carico per consentire all’Amministrazione di dar corso alla procedura di liquidazione tabellare (Cassazione, sentenza 6515/2009; circolare n. 25/E del 2009), ha depositato la ricevuta della sua istanza di attribuzione della rendita catastale (Cassazione, pronunce nn. 16098/2007 e 5340/2006).
 
Infine, poiché la maggiore imposta successivamente liquidata dall’ufficio deve ritenersi “applicata al momento della registrazione”, la stessa ha natura principale (e non complementare – ex articolo 42, Dpr 131/1986). È tale, infatti, anche l’imposta per la quale è comunque possibile la mera individuazione dei presupposti al momento della registrazione per poi procedere alla liquidazione in un momento successivo (Cassazione, sentenza 4638/2011): alla liquidazione “provvisoria” dell’imposta (principale) dovuta sulla base del valore dichiarato dalle parti, ma in assenza del verificarsi di uno dei presupposti per il suo calcolo (l’attribuzione della rendita catastale, appunto), segue una liquidazione definitiva e a conguaglio, una volta attribuita la rendita.
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