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Giurisprudenza

I debiti con il Fisco autorizzano
la revoca del fondo patrimoniale

Irrilevante che l’amministrazione finanziaria avesse già ottenuto un sequestro conservativo sugli beni dei ricorrenti fino alla concorrenza di una somma inferiore all’entità del credito

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Con l’ordinanza n. 13275 del 1° luglio 2020, la Cassazione respinge il ricorso della parte privata avverso l’Agenzia delle entrate e conferma le decisioni emanate dai giudici di primo e secondo grado, nelle quali veniva dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’articolo 2901 del codice civile, dell’atto con il quale due contribuenti disponevano la costituzione di un fondo patrimoniale mediante conferimento di alcuni beni immobili.
I contribuenti, impugnando la decisione di secondo grado dinanzi alla Corte suprema, ritengono insussistente l’interesse ad agire in revocatoria dell’Agenzia in quanto quest’ultima aveva già ottenuto un sequestro conservativo sui beni dei ricorrenti.
La Cassazione non accoglie il motivo del ricorso allineandosi all’orientamento giurisprudenziale in omaggio al quale il creditore che abbia ottenuto la concessione di un sequestro conservativo su un immobile mantiene l’interesse ad agire con azione revocatoria ex articolo 2901 cc, qualora il medesimo bene venga successivamente alienato dal debitore a un terzo, dato che detta azione consente di ottenere una tutela più ampia rispetto a quella assicurata dal sequestro.
Tale atto, infatti, ha a oggetto l’intero immobile, non soffrendo, pertanto, dei limiti derivanti dall’importo fino a concorrenza del quale sia stata autorizzata la misura cautelare, esclude il concorso con altri creditori e non è condizionata dagli esiti del giudizio di merito sulla sussistenza del diritto cautelato.

Nel caso di specie, infatti, il sequestro conservativo ottenuto dall’Agenzia delle entrate era stato autorizzato fino alla concorrenza di una somma di gran lunga inferiore all’entità del credito in relazione al quale l’Agenzia ha esercitato l’azione revocatoria. Ciò a conferma della concreta esistenza di un interesse ad agire al fine di ottenere la inopponibilità nei propri confronti dell’atto con cui i ricorrenti conferivano i propri immobili nel fondo patrimoniale.
I contribuenti, con ulteriore motivo, rilevano che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale sarebbe stato posto in essere successivamente al sorgere del credito vantato dal Fisco, stante il completamento della verifica fiscale in data successiva alla costituzione del fondo, e tenuto conto della natura costitutiva dell’accertamento fiscale in relazione all’insorgenza dell’obbligazione tributaria.
Al riguardo la Corte, rispingendo anche tale motivo di ricorso, ritiene che i crediti tributari nascono ex lege con l’avveramento dei relativi presupposti e non per effetto dell’atto amministrativo di accertamento posto in essere dall’amministrazione finanziaria ciò comportando che, ove i presupposti si siano verificati prima del compimento dell’atto dispositivo impugnato, i crediti devono ritenersi anteriori a tale atto, ai sensi dell’articolo 2901 cc, benché non siano stati in tutto o in parte accertati o iscritti nei ruoli.
Pertanto, nel caso di specie, i giudici hanno rilevato la posteriorità dell’atto di disposizione costitutivo del fondo patrimoniale rispetto all’accertamento dell’esistenza di documentazione extracontabile riferita all’attività commerciale dei ricorrenti e all’inizio di una verifica fiscale in loro danno.
Inoltre, la Corte ha ritenuto irrilevante il fatto che i beni conferiti nel fondo patrimoniale siano stati sottoposti a precedenti iscrizioni ipotecarie, dato che, in omaggio a un consolidato orientamento giurisprudenziale, in tema di azione revocatoria ordinaria, l’esistenza di una ipoteca sui beni oggetto dell’atto dispositivo benché tale da assorbirne l’intero valore, non esclude la connotazione di tale atto quale eventus damni (presupposto per l’esercizio dell’azione revocatoria ex articolo 2901 cc).
Difatti, sia la valutazione dell’idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio sia della possibile incidenza sul valore del bene della causa di prelazione connessa all’ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualità del venir meno o di un ridimensionamento della garanzia ipotecaria.

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