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Giurisprudenza

Decade dall'incarico di giudice il consulente fiscale "una tantum"

Al socio di uno studio che offre anche assistenza tributaria viene imputata tutta l'attività professionale

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È legittimo il provvedimento di decadenza dalla carica di giudice tributario di un professionista, socio in uno studio professionale associato che si occupa di dichiarazioni e consulenze fiscali. Ciò in quanto la contitolarità dello studio implica di per sé l'imputabilità a tale soggetto dell'attività svolta al suo interno, con la conseguente lesione del principio di terzietà e di indipendenza del giudice tributario, salvaguardata dall'articolo 8 del Dlgs 545/ 1992.
È quanto affermato dal Consiglio di Stato, con la decisione n. 466 del 2 febbraio 2010, provvedendo a delineare l'incompatibilità della figura di giudice tributario in caso di contemporaneo svolgimento di forme di consulenza, sia giuridica che fiscale.

I fatti di causa
Un professionista-giudice tributario impugnava, innanzi al Tar dell'Emilia Romagna, il provvedimento con il quale il Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria aveva dichiarato la sua decadenza dall'incarico di giudice della Commissione tributaria regionale bolognese.
Il Tar accoglieva il ricorso in base all'assunto che il ricorrente svolgeva, in qualità di dottore commercialista, attività "del tutto marginali e non qualificanti gli aspetti fiscali e tributari", quali l'attività di prestazione di consulenza aziendale e societaria.
Avverso tale sentenza, proponeva appello il ministero dell'Economia e delle Finanze eccependo come l'articolo 8, comma 1, lettera i) del Dlgs 545/1992 individua, tra le ipotesi di incompatibilità con la funzione di giudice tributario, lo svolgimento di attività di consulenza tributaria esercitata "in qualsiasi forma" senza operare alcuna distinzione tra consulenza aziendale e societaria da quella fiscale e tributaria. Inoltre, l'Amministrazione sottolineava come il soggetto interessato, oltre a svolgere tale attività per aziende e società, risultava socio accomandante di una società di servizi di consulenza tributaria.
Il professionista si costituiva in giudizio, deducendo la saltuarietà e accessorietà dell'attività di consulenza tributaria, e proponeva appello incidentale eccependo la violazione del termine di durata del procedimento e la mancata previa diffida a cessare la professione ritenuta incompatibile.

La decisione
Il Consiglio di Stato, accogliendo il gravame, ha delineato la portata della disciplina dell'incompatibilità con la funzione di giudice tributario, di cui all'articolo 8 del Dlgs 545/1992.
Tale norma prevede, tra le ipotesi di incompatibilità con la carica di giudice tributario, quella degli iscritti agli albi professionali che esercitano "in qualsiasi forma" l'assistenza o la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario. Il Collegio osserva che la disposizione di legge, a causa della sua "estrema latitudine", deve essere interpretata nel senso che "qualsiasi forma di consulenza tributaria deve ritenersi incompatibile con la carica di giudice tributario".

Da ciò consegue che non è necessario verificare in concreto se la qualità o il contenuto di tale consulenza possa compromettere il requisito della terzietà e dell'indipendenza del giudice, potendo tale verifica essere effettuata solo quando viene sollevata la ricusazione o l'astensione del giudice. Inoltre, chiariscono i giudici di palazzo Spada, sono incompatibili con la carica di giudice tributario anche le prestazioni rese in forma "sporadica, occasionale, o meramente accessoria alla principale". Allo stesso tempo, anche la sola contitolarità di uno studio professionale associato che si occupa di consulenze fiscali, comporta l'imputabilità, in capo all'associato, dell'attività svolta al suo interno, "con la conseguente incisione della immagine di terzietà e di indipendenza del giudice tributario".

Alla luce di tali osservazioni, il Consiglio di Stato viene a sancire la legittimità del provvedimento di decadenza dalla carica di giudice tributario, sussistendo, in capo al professionista, due motivi di incompatibilità:
1) esercizio dell'attività di consulente, a prescindere se giuridica o fiscale
2) rivestire la carica di socio di uno studio professionale associato che si occupa di consulenza tributaria.

I giudici si pronunciano, poi, sulle eccezioni sollevate dal professionista con appello incidentale.
In proposito il Collegio, nello stabilire l'infondatezza dell'appello incidentale, ha statuito che non viene a configurarsi violazione dei termini di durata del procedimento, dal momento che il maggior tempo per l'accertamento e le controdeduzioni è trascorso a vantaggio dell'interessato.
Infine, ha chiarito che, nel procedimento di decadenza dalla carica di giudice tributario, non è richiesta la previa diffida a cessare l'attività professionale nel caso in cui, per accertare la decadenza, siano state rispettate le garanzie del contraddittorio.

Considerazioni
L'interpretazione della norma sull'incompatibilità con la carica di giudice tributario adottata dal Consiglio di Stato, attestandosi sulla linea del rigore, viene, indubbiamente, a garantire il principio di imparzialità e indipendenza del giudice, che deve costantemente caratterizzare l'esercizio della sua funzione.

Con riguardo all'esercizio della professione di consulente, i giudici amministrativi hanno ritenuto che "la contitolarità di uno studio di commercialisti o la partecipazione del professionista-giudice tributario a un'associazione professionale è di per sé un indizio plausibile di cointeressenza idoneo ad offuscare l'immagine di imparzialità e terzietà da ogni possibile sospetto" (decisione 1478/2009).

In riferimento all'attività di tenuta e custodia di scritture contabili e di redazione della dichiarazione dei redditi, il Consiglio di Stato ha dichiarato tali attività incompatibili con l'esercizio dell'incarico di giudice tributario "non potendosi distinguere, nell'ambito delle consulenze professionali erogabili esclusivamente dagli iscritti all'albo, tra interventi meramente esecutivi e prestazioni intellettuali creative" (decisione 6519/2009).

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