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Giurisprudenza

La decadenza disciplinata dal Cipe
è legittimata dalla delega normativa

La mancata presentazione del modello Ricap, comprovante la realizzazione degli investimenti in campagne pubblicitarie localizzate, determina il venir meno del credito d’imposta

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L’articolo 61 della legge 289/2002 aveva previsto, al primo comma, che a decorrere dall'anno 2003 fosse istituito un fondo per le aree sottoutilizzate (coincidenti con l'àmbito territoriale delle aree depresse di cui alla legge 208/1998), nel quale avrebbero dovuto confluire le risorse disponibili autorizzate dalle disposizioni legislative, mentre il terzo comma disponeva che il fondo è ripartito con apposite delibere del Cipe adottate sulla base del criterio generale di destinazione territoriale delle risorse disponibili e per finalità di riequilibrio economico e sociale. A sua volta, il tredicesimo e ultimo comma dell’articolo 61 prevedeva agevolazioni a favore delle imprese operanti in settori agevolabili ex Dl 415/1992 e aventi sede nelle aree depresse (come individuate in base alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato Ce, ovvero ricadenti nell'obiettivo 2 di cui al regolamento Cee 1260/1999) che avessero investito, nell’ambito di programmi di penetrazione commerciale, in campagne pubblicitarie localizzate in specifiche aree territoriali del Paese.
Più precisamente, l'agevolazione è stata riconosciuta in base alle spese documentate effettuate nell'esercizio di riferimento che eccedevano il totale delle spese pubblicitarie dell'esercizio precedente (e nelle misure massime previste per gli aiuti a finalità regionale - pur sempre nel rispetto dei limiti della regola “de minimis” disposti dal regolamento Cee 69/2001) e il Cipe era stato delegato a stabilire - con propria delibera - le risorse da riassegnare e a indicare la data da cui decorre la facoltà di presentazione e le modalità delle relative istanze.
 
Nella controversia oggetto della sentenza in nota (Cassazione n. 5348/2014), una società ha ricevuto un atto di disconoscimento dell’agevolazione suddetta disposta per mancata trasmissione della comunicazione relativa alla realizzazione degli investimenti in tali campagne pubblicitarie localizzate (modello Ricap), ma i giudici di merito, di prima e di seconda cura, avevano opposto come la cennata normativa primaria non avesse previsto tale sanzione atteso “che solo la legge, non una delibera del CIPE, può prevedere ipotesi di decadenza”.
 
La pronuncia in commento accoglie, invece, la tesi dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui la decadenza per la mancata comunicazione di dati relativi all'utilizzazione del contributo è prevista dalla legge citata e legittimamente disciplinata dalla delibera del Cipe 53/2003, asserendo che il citato articolo 61, comma 13, prevede in linea generale la decadenza dal contributo e, comunque, delegò al Cipe la regolamentazione delle modalità di corretta presentazione delle istanze.
 
La soluzione ermeneutica sull’individuazione di “una scelta legislativa di attribuzione di potestà normativa funzionalmente consentita e ammessa in quanto diretta a fornire la necessaria strumentazione operativa alla legge, la quale, in quanto norma primaria, necessita di ulteriore specificazione di dettagli” è stata fatta propria dalla decisione in rassegna, individuando la delega nella previsione del citato articolo 61, comma 13, per il quale il contribuente decade dal contributo qualora la realizzazione del programma di investimento non risulti effettuata nell'esercizio di imposta cui si riferisce la domanda.
In buona sostanza, pur in mancanza di espressa delega legislativa a favore dell’emanazione di normativa secondaria, i giudici di legittimità hanno rilevato che il citato comma 13, nel disporre che i contribuenti “devono produrre istanza all'Agenzia delle entrate che provvede entro trenta giorni a comunicare il suo eventuale accoglimento secondo l'ordine cronologico delle domande pervenute”, ha implicitamente delegato l’emanazione delle norme necessarie.
Ne consegue, a opinione della Suprema corte, che il Cipe non ha previsto una decadenza non disposta dalla legge, ma si è limitato a realizzare la previsione normativa, specificando le modalità attraverso le quali il suddetto dato (realizzazione del programma nell'esercizio di imposta cui si riferisce la domanda) deve essere portato a conoscenza dell'Agenzia delle Entrate per poter conseguentemente “risultare” in maniera ufficiale.
 
Tale conclusione non ci trova del tutto dissenzienti, perché l’indicazione delle modalità di comunicazione previste dalla legge (“Qualora l'utilizzazione del contributo esposta nell'istanza non risulti effettuata, nell'esercizio di imposta cui si riferisce la domanda”) e la connessa sanzione (“il soggetto interessato decade dal diritto al contributo e non può presentare una nuova istanza nei dodici mesi successivi alla conclusione dell'esercizio fiscale”) legittimano l’emanazione di atti non aventi natura regolamentare (come prevista dall’articolo 17 della legge 400/1988), dai quali risulti o meno la realizzazione del programma imprenditoriale.
Non si riscontrano precedenti giurisprudenziali in termini.
 
 
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
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