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Giurisprudenza

La decadenza, un treno da non perdere

Se non opposta, sono validi anche gli atti successivi all'avviso di accertamento non contestato

aula della Corte di cassazione

Se l'avviso di accertamento non viene impugnato nel termine di sessanta giorni dalla data di notificazione dell'atto, previsto dall'articolo 21 del Dlgs 546/1992, anche solo per opporre l'intervenuta decadenza dello stesso, diviene definitivo e, dunque, efficace nei confronti del contribuente. La conseguenza è che, in difetto di tempestiva impugnazione, anche gli atti susseguenti (cartella esattoriale) sono validi. Lo ha affermato la Corte di cassazione con la sentenza n. 18019 depositata il 24 agosto 2007.



La controversia in esame ha a oggetto l'impugnazione di una cartella esattoriale, con la quale l'Amministrazione finanziaria chiedeva, dopo avere notificato un avviso di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione, il pagamento dell'imposta dovuta per intero.
Il ricorso presentato dal contribuente veniva rigettato dalla Ctp, mentre la Commissione tributaria regionale riformava la decisione di primo grado, annullando la cartella esattoriale in quanto fondata su un avviso di accertamento notificato al contribuente oltre i termini previsti dall'articolo 43 del Dpr 600/1973.

Avverso la suddetta sentenza, l'agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, deducendo che la tardività dell'avviso di accertamento avrebbe comportato "solo l'illegittimità dell'atto, da farsi valere dal contribuente mediante tempestiva impugnazione in sede giudiziale, nella specie, non effettuata".

Le ragioni poste alla base della sentenza in esame meritano un preventivo esame della normativa di riferimento.
La legge pone dei termini entro i quali gli uffici dell'agenzia delle Entrate possono effettuare i controlli e notificare le eventuali rettifiche.
In base al disposto del primo comma dell'articolo 43, del Dpr n. 600/73 (rubricato disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), "gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione".
La stessa norma prevede, poi, che "nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, ai sensi delle disposizioni del Titolo I, l'avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata".
In più, "In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia, ai sensi dell'art. 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo d'imposta in cui è stata commessa la violazione" (terzo comma).

La notifica di un avviso di accertamento effettuata oltre i termini previsti dal sopra citato articolo 43 del Dpr 600/1973 lo rende tardivo, con conseguente decadenza dell'Amministrazione finanziaria dall'esercizio del potere di accertamento nei confronti del contribuente.
E', inoltre, da aggiungere che la decadenza produce l'estinzione del diritto, non perché, come nella prescrizione, l'inerzia del titolare lo faccia ritenere da questi abbandonato, ma per il semplice e obiettivo decorso del tempo, senza che il diritto sia stato esercitato.
In altre parole, la decadenza, che assolve alla funzione di assicurare certezza e stabilità ai rapporti giuridici, comporta per gli interessati l'onere di esercitare i relativi diritti tempestivamente; decorso il termine, infatti, questo fatto oggettivo determina automaticamente la perdita del diritto.

Tanto precisato, la Cassazione, con la sentenza in esame, ha accolto il ricorso dell'Amministrazione finanziaria, motivando che la tardività dell'avviso di accertamento, in quanto notificato oltre i termini previsti dalla legge, deve essere opposta dal contribuente con tempestivo ricorso alla Commissione tributaria provinciale, altrimenti la cartella esattoriale, con cui l'ufficio chiede il pagamento dell'imposta dovuta a titolo definitivo, è legittima ed esplica i suoi effetti.

Secondo i giudici di legittimità, in materia tributaria "la decadenza dell'Amministrazione finanziaria dall'esercizio di un potere nei confronti del contribuente, in quanto stabilita in favore e nell'interesse esclusivo di quest' ultimo in materia di diritti da esso disponibili, configura, infatti, un'eccezione in senso proprio che, in sede giudiziale, deve essere dedotta dal contribuente, non potendo essere rilevata d'ufficio dal giudice".
Ne deriva che in difetto di tempestiva impugnazione, l'atto con cui l'Amministrazione esercita il potere impositivo nonostante il decorso di un termine decadenziale "è valido e produttivo dei suoi normali effetti e non determina alcuna nullità degli atti susseguenti".

Sul punto, si rammenta, per completezza espositiva, che la Cassazione in precedenti pronunce aveva gia affermato il principio secondo cui il termine di decadenza sostanziale, stabilito in favore del contribuente, non si può ritenere indisponibile e, pertanto, non trova applicazione, ai sensi dell'articolo 2969 del Codice civile, la disciplina della rilevabilità d'ufficio, prevista da detta norma nel caso di materia sottratta alla disponibilità delle parti.

La regola, posta dall'articolo 2969 Cc (secondo cui "la decadenza non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause d' improponibilità dell'azione") per la quale la decadenza non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, non ha carattere assoluto, trovando deroga nell'ipotesi che si controverta "su materia sottratta alla disponibilità delle parti", per tale intendendosi non soltanto quella che riguarda i diritti indisponibili, ma anche quella per la quale v'è un regime legale che escluda un potere di disponibilità delle parti, nel senso che tale regime non può essere da loro obliterato, rinunciato o comunque modificato.

La stessa giurisprudenza di legittimità aveva, inoltre, sostenuto che la violazione del termine di decadenza sostanziale stabilito in favore del contribuente va tempestivamente dedotta davanti all'adita Commissione tributaria, posto, peraltro, che l'articolo 57, comma 2, del Dlgs 546/1992 (secondo cui "non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio"), ne impone la formulazione nel giudizio tributario di primo grado.
Più specificatamente, deve essere distinta l'ipotesi di decadenza dell'Amministrazione finanziaria dall'esercizio di un potere nei confronti del contribuente, da quella di decadenza del contribuente dall'esercizio di un potere nei confronti dell'Amministrazione finanziaria.
Nel primo caso, la decadenza (in quanto stabilita in favore e nell'interesse esclusivo del contribuente, in materia di diritti da questo disponibili) non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, ma deve essere dedotta dal contribuente in sede giudiziale (ex multis, Cassazione, sentenze 5129/1999, 5634/1999, 2552/2003).

Nel secondo caso, invece, la decadenza, in quanto stabilita dalla legge fiscale in favore dell'Amministrazione finanziaria e attinente a situazioni da questa non disponibili (perché, come già sopra evidenziato, disciplinata da un regime legale non derogabile, rinunciabile o modificabile dalle parti), è rilevabile anche d'ufficio (ex plurimis, Cassazione, 8606/1996, 8341/2000, 8466/2000, 9940/2000, 10591/2002).

Conseguentemente, alla luce del succitato articolo 57, quando la decadenza dell'ufficio dal potere di accertamento (stabilita in favore del contribuente), non sia stata tempestivamente eccepita in primo grado, la sua deduzione dinanzi al giudice di secondo grado o di legittimità resta preclusa, non essendo consentito al contribuente di prospettare con l'atto di appello, nonché con il ricorso per cassazione, motivi non proposti nel giudizio di primo grado, ovvero nuove ragioni che implichino la valutazione di fatti e situazioni precedentemente non dedotti.

Sulla base delle suesposte argomentazioni, deve, quindi, ritenersi che, qualora il contribuente non presenti per tempo ricorso avverso l'avviso di accertamento tardivo (che è atto presupposto, ovvero primo atto impositivo impugnabile, resosi, nel frattempo, definitivo per mancata impugnazione), la decadenza dell'ufficio dal potere di accertamento non potrà essere dedotta nemmeno con ricorso avverso la cartella esattoriale, posto che essa è, peraltro, titolo esecutivo, finalizzato alla riscossione coattiva del tributo e degli accessori e, quindi, impugnabile solo per vizi propri, senza possibilità di fare valere anche i vizi relativi agli atti presupposti non tempestivamente eccepiti.

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