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Giurisprudenza

Decreto ingiuntivo del fideiussore:
l’imposta di registro è proporzionale

Respinta la tesi della Ctr che, per il principio di alternatività, aveva concluso per la misura fissa del tributo, in quanto l’obbligazione oggetto del ricorso era un’operazione soggetta a Iva

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È legittima l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale nella misura del 3% sul decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore, a seguito di azione di rivalsa avanzata nei riguardi del debitore garantito. Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 18520/2019, hanno risolto una questione di legittimità, su cui era stata ravvisata difformità di pronunce.

Secondo i giudici, poiché nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto dal garante autonomo nei confronti del debitore principale non vengono in considerazione "corrispettivi o prestazioni soggetti a imposta sul valore aggiunto", non può trovare applicazione il principio di alternatività Iva/Registro. Ne consegue l'applicazione dell’imposta proporzionale del 3 per cento.

La fattispecie
La questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità trova riscontro in una pronuncia della Commissione tributaria regionale lombarda. Con essa, si è ritenuto che la condanna recata in un decreto ingiuntivo, azionato dal fideiussore in sfavore del debitore inadempiente, deve intendersi collegata  al negozio fideiussorio soggetto a Iva (articolo 10, comma 1 del Dpr n.633/1972). In forza del principio di alternatività, i giudici di merito hanno concluso per l’assoggettamento dell’imposta di registro in misura fissa, in applicazione della nota II apposta in calce all’articolo 8 della tariffa, parte I, del Tur. che prevede testualmente: “Gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1 -bis non sono soggetti all'imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 40 del testo unico.
A sostegno del proprio decisum la Ctr ha osservato che l’operazione complessiva sarebbe stata unica ed inscindibile e il "negozio fideiussorio", in quanto soggetto a Iva, avrebbe naturalmente determinato l’applicabilità del principio di alternatività previsto dall’articolo 40 del medesimo testo unico, come espressamente contemplato nella nota di riferimento.


Il contrasto giurisprudenziale
La sezione tributaria della Cassazione, nel tempo, aveva espresso un orientamento non univoco sulla questione.
Da un lato, infatti, taluna giurisprudenza ha condiviso la tesi esposta nella citata sentenza della Ctr volta a riconoscere che il decreto ingiuntivo ottenuto dal “garante” andava registrato a tassa fissa, nel presupposto che l’obbligazione principale oggetto del ricorso dovesse considerarsi operazione soggetta a imposta sul valore aggiunto (in questo senso, Cassazione, sentenze 14000/2014, 16192/2014,  16306/2014, 16307/2014, 16308/2014, 16975/2014, 16976/2014, 16977/2014, 24997/2015 e 19365/2018).
Da un’angolatura diversa, altra giurisprudenza ha escluso l'unitarietà e la inscindibilità dell'operazione complessiva, guardando invece al fatto che il titolo da cui deriva il debito principale doveva ritenersi distinto dalla polizza fideiussoria e, il rapporto tra “garante” e “debitore”, doveva considerarsi un contratto autonomo di garanzia. In modo che il garante, a seguito del pagamento, non farebbe valere nei confronti del debitore corrispettivi derivanti da prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto. Di conseguenza, ai fini della registrazione del successivo decreto ingiuntivo esecutivo, sarebbe venuto a mancare il presupposto per l’applicabilità del principio di alternatività Iva/Registro (Cassazione, sentenze 20260/2015, 20261/2015, 20262/2015, 20263/2015, 20264/2015, 20265/2015, 20665/2015, 20666/2015, 20667/2015, 20668/2015, 20669/2015,. 25702/2017, 12221/2017, 1339/2018, 1341/2018 e 2551/2018).

La posizione delle Sezioni unite
Le sezioni Unite, attraverso un’approfondita motivazione, hanno mostrato di volere aderire a questo secondo orientamento interpretativo.
Intanto, si rileva che nella sentenza in esame vengono tenute costantemente presenti due importanti considerazioni:

  1. che  si verte in tema di garanzia nascente da polizza fideiussoria (onerosa)  prestata ai fini dell'ottenimento del rimborso dell'Iva e che, in quanto tale, in relazione alla pretesa di rimborso nei confronti di quanto dovuto dal fisco non si possono configurare «corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto».
  2. che, inoltre, con il procedimento monitorio, il garante - mediante l'esercizio di azione di rivalsa - richiede l'emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore principale quanto ha versato al creditore. Chiede, quindi, il ristoro  di quanto versato e  non fa valere in alcun modo il credito da corrispettivo per la prestazione resa al debitore, in seno al rapporto che a lui lo lega, vale a dire per il costo della garanzia (art. 8 della I. n. 212/00).

Molto interessante si presenta anche il richiamo, svolto in via preliminare dalle sezioni unite, al testo novellato dell’articolo 20 del Dpr n.131/1986 (applicabile in via retroattiva), per negare qualsiasi possibilità circa l’esistenza nella specie di un “negozio fideiussorio”, stante che l’atto sottoposto a registrazione “deve  essere valutato  sulla base degli elementi desumibili unicamente dall'atto medesimo, dovendosi escludere  qualsiasi  possibilità di collegamento con elementi extra testuali e con atti (o negozi) ad esso collegati”.

I giudici, inoltre, hanno escluso nella fattispecie l’unicità e l’inscindibilità della operazione complessiva e hanno ravvisato, a seguito della mancata prestazione del debitore, la sussistenza di una novazione oggettiva.

Invero, si legge nella pronuncia che “la polizza fideiussoria non mira a garantire l'adempimento dell'obbligazione principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata. Cosicchè, in questo caso, come avanti precisato, la prestazione che ne è oggetto è qualitativamente altra rispetto a quella  oggetto dell'obbligazione principale.
Di contro, è stata esclusa l’esistenza, a seguito  dell’inadempimento del debitore, di una “novazione soggettiva” dell’obbligazione principale e negata la possibilità  che il fideiussore potesse ritenersi “surrogato” nei diritti del creditore.

Al riguardo  le sezioni unite negano espressamente che possa ricorrere nella specie l'istituto della surrogazione, posto che in virtù del contratto autonomo di garanzia incorporato nella polizza fideiussoria, il garante non è tenuto con altri, ma neanche per altri al pagamento del debito altrui, perché è tenuto per sé all'adempimento dell'obbligazione che scaturisce da contratto stipulato e che ha contenuto diverso rispetto all’originaria obbligazione del debitore principale.

Conclusioni e principio di diritto
Secondo i giudici, poiché nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto dal garante autonomo nei confronti del debitore principale non vengono in considerazione "corrispettivi o prestazioni soggetti a imposta sul valore aggiunto", non può trovare applicazione il principio di alternatività Iva/Registro. Ne consegue l'applicazione dell’imposta proporzionale del 3% prevista dall'articolo 8, comma 1, lettera b), della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr n. 131/1986 (atti dell'autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi recanti condanna al pagamento di somme o valori).

Infine, allo scopo di comporre il citato contrasto interpretativo, è stato affermato il seguente autorevole principio di diritto:
In tema d'imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all'imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto, ma esercita un'azione di rimborso di quanto versato.

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