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Giurisprudenza

Decreto legge 83/1991: definibili solo le sanzioni

La normativa di favore non si estende anche all’omesso versamento delle imposte

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Con la sentenza n. 671 del 15 gennaio 2007, la Corte di cassazione, accogliendo un ricorso presentato dal ministero dell'Economia e delle Finanze e dall’Agenzia delle entrate, ha chiarito che la normativa di favore, prevista dall’articolo 8 del decreto legge 16 marzo 1991, n. 83 (modifiche in materia di repressione delle violazioni tributarie e disposizioni per definire le relative pendenze), non consente affatto di definire l’omesso versamento delle imposte, che restano pienamente dovute, ma permette unicamente di definire le sanzioni amministrative che da tale omissione derivano.

Nel caso di specie, il curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata impugnava l’iscrizione a ruolo delle ritenute di imposta concernenti l’anno 1985, dichiarate operate e non versate, nonché delle soprattasse e degli interessi, affermando di avere presentato istanza di sanatoria ex articolo 8 del decreto legge n. 83/1991.
La Commissione tributaria provinciale adita accoglieva il ricorso.
Sull’appello proposto dall’ufficio, motivato con la circostanza che la società non aveva mai versato le ritenute, per cui non poteva usufruire della sanatoria, la Commissione tributaria regionale accoglieva l’impugnazione dell’Amministrazione finanziaria limitatamente, però, alle sole sanzioni.

L’Amministrazione ricorreva, quindi, in ultimo grado per Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del citato decreto legge n. 83/1991 per avere il giudice d’appello ritenuto applicabile la sanatoria prevista da detta norma, benché non vi fosse la prova dell’avvenuto versamento delle ritenute operate.
Nel ricorso proposto dal ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’Agenzia delle entrate, ciò che veniva censurato era proprio il fatto che la Commissione tributaria regionale avesse interpretato la norma in questione nel senso che il pagamento della somma ivi prevista sanasse l’irregolarità consistita nell’omesso versamento delle ritenute e degli interessi, e che la mancata prova del versamento consentisse unicamente l’applicazione delle sanzioni.

I giudici hanno ritenuto fondata la censura dell’Amministrazione finanziaria, cassando la sentenza della Commissione tributaria regionale.
L’articolo 8 del decreto legge n. 83/91, ha rilevato, infatti, la Corte, prevede al primo e al secondo comma due distinte ipotesi di sanatoria: la prima, attiene alle violazioni indicate nell’articolo 21 del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, commesse fino alla data di entrata in vigore del decreto n. 83/1991, che possono essere definite mediante il pagamento, per ciascuno dei periodi di imposta cui si riferiscono, della somma di un milione di lire, che deve essere versata contestualmente alla presentazione di apposita istanza; trattasi dunque, in tale prima ipotesi, sostanzialmente di irregolarità formali che non rilevano ai fini della determinazione del reddito e dell’imposta sul valore aggiunto, o di ritardi in adempimenti, sempre di carattere formale, richiesti dalla legge.
Per quanto concerne la seconda ipotesi di sanatoria, prevista dallo stesso articolo 8 del decreto legge n. 83/1991, questa riguarda invece le sanzioni amministrative di cui agli articoli 44 del Dpr 633/72, e 92 del Dpr 602/73, le quali non si applicano ai contribuenti e ai sostituti di imposta che hanno provveduto, entro il 31 dicembre del 1990, al pagamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle dichiarazioni o liquidazioni periodiche dell’imposta sul valore aggiunto, relative ai periodi di imposta chiusi anteriormente alla data di entrata in vigore del più volte richiamato decreto 83/91.

Come si evince chiaramente, hanno proseguito i giudici della Corte, la normativa di favore in questione non consente affatto di definire l’omesso versamento delle imposte, che restano invece dovute, ma permette unicamente di definire le sanzioni amministrative che da tale omissione derivano, e che possono essere sanante a condizione che all’omissione si sia posto rimedio entro il termine fissato dal decreto stesso.

La Cassazione, nella sentenza in commento, ha concluso affermando che, poiché nella fattispecie è lo stesso giudice di appello ad aver dato atto che manca la prova dell’avvenuto versamento delle ritenute, non solo sono dovute le sanzioni (come del resto riconosciuto dalla stessa Ctr), ma anche e soprattutto gli importi relativi alle ritenute operate e non versate e agli interessi, non esplicando alcun effetto sanante il versamento dell’importo previsto dal citato articolo 8, il quale, come già rilevato, si limita solo a consentire la sanatoria delle irregolarità formali, e non anche di quelle sostanziali.

D’altro canto, a conseguenze paradossali, per espressa asserzione dei giudici della Suprema corte, porterebbe l’accoglimento dell’orientamento fatto proprio dal giudice tributario d’appello, secondo il quale il pagamento di una modesta somma di denaro per ogni anno di imposta (somma corrispondente a un milione di vecchie lire) sanerebbe l’omissione del versamento anche di importi rilevanti, mentre quest’ultimo sarebbe necessario per sanare le sole sanzioni amministrative.


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