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Giurisprudenza

Deducibilità dei dividendi:
la norma interna contrasta con l’Ue

La controversia sottoposta ai giudici comunitari riguarda il regime fiscale applicabile alle società madri figlie e, in particolare, l’ordine in cui i redditi devono essere dedotti dagli utili imponibili

dividendi

È contraria alla normativa comunitaria, in particolare all’articolo 4, paragrafo 1, della Direttiva 90/435, la disposizione secondo la quale i dividendi che una società madre percepisce dalla società figlia debbano essere, in un primo tempo, inclusi nella base imponibile della società madre, prima di poter essere in un secondo tempo, oggetto di deduzione, nella misura del 95% del loro importo (Corte Ue causa C-389/18).
 

La fattispecie e la questione pregiudiziale 
La domanda di pronuncia pregiudiziale in commento verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva n. 90/435/Cee relativa al regime fiscale applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone una società avente sede in Belgio allo Stato belga in merito all’ordine in cui i redditi deducibili devono essere dedotti dagli utili imponibili.
I giudici comunitari sono stati in particolare chiamati a pronunciarsi in relazione alla seguente questione pregiudiziale con cui il giudice ‘a quo’ chiede in sostanza se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva n. 90/435 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro in base alla quale i dividendi che una società madre percepisce dalla sua società figlia debbano essere, in un primo tempo, inclusi nella base imponibile della società madre, prima di poter essere in un secondo tempo, oggetto di deduzione, nella misura del 95% del loro importo, la cui eccedenza può essere riportata agli esercizi successivi senza limiti nel tempo, deduzione che è prioritaria rispetto ad un’altra deduzione fiscale il cui rinvio sia limitato nel tempo.
 
Le valutazioni dei giudici comunitari
La Corte Ue, con la pronuncia in esame, evidenzia il contrasto con la disciplina comunitaria di una disciplina interna che, nel prevedere la deduzione prioritaria di alcune componenti reddituali, si riveli idonea a ridurre, se non addirittura ad azzerare, la base imponibile, con l’effetto di privare, in tutto o in parte, il contribuente di un altro vantaggio fiscale. Di seguito, l’iter interpretativo adottato dalla Corte Ue nel pervenire a tali conclusioni.
L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva n. 90/435 prevede che quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in base al rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre e lo Stato membro della sua stabile organizzazione o si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione oppure li sottopongono a imposizione, autorizzando però tale società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dall’importo della sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa a tali utili e pagata dalla società figlia e da ogni sub‑affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata soddisfino i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 di tale direttiva, entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta.
La direttiva 90/435 affida pertanto agli Stati membri la scelta tra il regime di esenzione e il regime di imputazione, rispettivamente previsti al primo e al secondo trattino dell’articolo 4, paragrafo 1, della medesima Direttiva.
Al riguardo, lo Stato belga ha optato per il regime di esenzione come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435, sulla cui base occorre rispondere alla questione sollevata.
Pertanto, gli Stati membri non hanno il diritto di assoggettare il godimento del vantaggio derivante dall’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, di tale Direttiva, a condizioni diverse da quelle previste dalla medesima direttiva.
 
Il regime fiscale belga relativo ai redditi definitivamente tassati (RDT) inizialmente prevedeva che i dividendi percepiti dalla società madre fossero aggiunti alla base imponibile della medesima e che, in seguito, un importo pari al 95% di tali dividendi fosse dedotto da tale base imponibile, ma solo nella misura in cui esistessero utili imponibili in capo alla società madre e senza alcuna possibilità di riportare agli esercizi fiscali successivi la parte non dedotta degli RDT.
 
La Corte ha dichiarato che, qualora la società madre non avesse realizzato altri utili imponibili per il periodo d’imposta considerato, la riduzione delle perdite della società madre avveniva nei limiti dei dividendi percepiti e, nella misura in cui ammetteva il riporto delle perdite agli esercizi fiscali successivi, era idonea ad aumentare la base imponibile della società madre durante gli esercizi fiscali successivi.
 
Il regime degli RDT è stato successivamente modificato. Difatti, in seguito alle modifiche intervenute, la parte degli RDT che non può essere dedotta nel corso dell’esercizio fiscale può ormai essere oggetto di riporto ai successivi esercizi fiscali. Tra l’altro, tale rinvio non è limitato nel tempo. Risulta quindi che la diminuzione delle perdite riportabili, conseguente all’integrazione dei dividendi nella base imponibile della società madre, è ormai compensata da un riporto, illimitato nel tempo, degli RDT del medesimo importo.
Tuttavia, sulla base della apposita disciplina nazionale vigente, risulta che gli RDT riportati devono essere dedotti in via prioritaria dai risultati positivi realizzati dalla società madre in occasione degli esercizi successivi, mentre gli altri elementi deducibili, possono essere dedotti solo se, e nella misura in cui, ciò sia ancora possibile dopo la deduzione degli RDT.
Più precisamente, la base imponibile della società madre è determinata deducendo dai suoi utili, innanzitutto, gli RDT riportati, poi, sempre che esistano ancora utili imponibili, la DCR (deduzione per il capitale di rischio), se il termine per il suo utilizzo non è scaduto, e, infine, le perdite riportate.
Pertanto, la deduzione prioritaria degli RDT è idonea a ridurre, se non addirittura ad azzerare, la base imponibile, con l’effetto di privare, in tutto o in parte, il contribuente di un altro vantaggio fiscale.
Risulta, quindi, che la combinazione del regime degli RDT applicabile ai dividendi percepiti, dell’ordine delle deduzioni previsto dalla normativa nazionale, nonché della limitazione nel tempo della possibilità di utilizzare la DCR, può avere come effetto che la percezione dei dividendi sia idonea a comportare, per la società madre, la perdita di un altro vantaggio fiscale previsto dalla legislazione nazionale e, di conseguenza, un’imposizione di tale società più onerosa rispetto a quella a cui essa sarebbe stata soggetta se non avesse percepito dividendi dalla sua società figlia non residente oppure se i dividendi fossero stati puramente e semplicemente esclusi dalla base imponibile della società madre.
La Corte Ue osserva che l’articolo 4, paragrafo 1, primo trattino, della direttiva 90/435 osta sia a qualsiasi imposizione diretta della società madre a titolo degli utili distribuiti dalla sua società figlia, quanto alle situazioni in cui la società madre subisce indirettamente un’imposizione sui dividendi che essa percepisce dalla sua società figlia. Orbene, la percezione dei dividendi, nell’ambito dell’applicazione di un regime fiscale come quello oggetto della controversia in esame può, in alcune situazioni, comportare la perdita di un vantaggio fiscale, il che, a sua volta, può comportare un’imposizione più gravosa della società madre rispetto al caso in cui tali dividendi fossero stati esclusi dalla sua base imponibile. Poiché è possibile che l’onere fiscale della società venga pregiudicato, si deve considerare che quest’ultima, per tale motivo, subisce indirettamente un’imposizione sui dividendi che essa percepisce dalla sua società figlia.
Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/435 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i dividendi che una società madre percepisce dalla sua società figlia debbano essere, in un primo tempo, inclusi nella base imponibile della società madre, prima di poter essere in un secondo tempo, oggetto di una deduzione, nella misura del 95% del loro importo, la cui eccedenza può essere riportata agli esercizi successivi senza limiti nel tempo, deduzione che è prioritaria rispetto ad un’altra deduzione fiscale il cui rinvio sia limitato nel tempo.
 
Data sentenza
19 dicembre 2019
 
Numero della causa
C-389/18
 
Nome delle parti:
Brussels Securities SA
Contro
Etat belge
 

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