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Giurisprudenza

Deduzione delle perdite su crediti nei tempi di legge e non per scelta

Per la norma, occorre fare riferimento al momento in cui l’irrecuperabilità risulta da elementi certi e precisi

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Con la sentenza 9218 del 21 aprile, la Corte di cassazione ha stabilito - con specifico riferimento a debitori non assoggettati a procedure concorsuali - che le perdite su crediti sono deducibili nell’esercizio in cui emergono gli elementi della precisione e certezza in relazione alla sua irrecuperabilità, poiché il contribuente non può scegliere l’esercizio più vantaggioso in cui operare la deduzione, considerato che la legge fiscale prevede espressamente il principio di competenza.
 
Il fatto
Le vicende di causa attengono alla contestazione di un avviso di accertamento in materia di imposte dirette (maggior reddito ai fini Irpeg e Irap derivante dalla ripresa a tassazione delle perdite su crediti, dedotte in un esercizio diverso da quello in cui si erano manifestati per la prima volta i previsti elementi precisi e certi), che trovava esito sfavorevole all’Amministrazione in entrambi i giudizi di merito, in base alle assunzioni secondo le quali era legittima la perdita su credito registrata nell’esercizio 1998, e non in quello 1992, atteso il ragionevole convincimento di poter comunque recuperare nel tempo il credito stesso (ma soprattutto verrà successivamente imputato alla commissione del riesame di aver sostenuto che “è all'imprenditore che, sulla base di motivazioni obiettivamente valide a legittimare la componente negativa di reddito derivante dall'eliminazione di poste attive, spetta di decidere quando sussistano i presupposti per la deducibilità della perdita stessa”, visto che nel parallelo procedimento penale non si era potuto accertare nel 1992 il responsabile della frode per un raggiro a danno della società contribuente, creditrice, e della cessionaria, debitrice, per cui la perdita andava dedotta in quell’esercizio e non nel 1998, anno in cui la società creditrice aveva abbandonato ogni azione di recupero del credito vantato).
 
L’Amministrazione finanziaria soccombente ha proposto ricorso per Cassazione, denunciando la violazione dell’articolo 66 del Dpr 917/1986, nel testo vigente ratione temporis e connessi vizi di motivazione in quanto, lasciando alla discrezionalità del contribuente la scelta di decidere il momento in cui operare fiscalmente la deducibilità della perdita, enuncia un principio di diritto non corretto, dovendo la deduzione essere operata con riferimento all’anno di competenza coincidente con l’esercizio in cui si siano concretizzati in modo non equivoco gli elementi circa l’irrecuperabilità del credito.
 
Quadro normativo di riferimento
Atteso che la pronuncia in esame si occupa della questione relativa all’influenza del principio di competenza nella determinazione del reddito di impresa, riferendosi ai criteri di individuazione dell’esercizio nel quale le perdite su crediti, relative a debitori sottoposti a procedure concorsuali, concorrono alla formazione del reddito (articolo 66, comma 3 del Tuir), una sommaria ricognizione della normativa attualmente vigenteimpone di rilevare che in base al comma 5 dell’articolo 101 del Tuir, le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali. La norma dispone altresì che il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data in cui la stessa è stata dichiarata.
Occorre, a tale riguardo, osservare che questa precisa regola è stata introdotta con il nuovo Tuir (secondo il Dlgs 244/2003), in aderenza alla normativa civilistica (articolo 2426, n. 8, codice civile) e in sostituzione della regola precedentemente seguita (articolo 2425, n. 6, codice civile), che consentiva la deduzione solamente alla chiusura della procedura concorsuale.
 
L’attuale articolo 109 del Tuir dispone, al comma 1, che le spese e i componenti negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza.
E’ anche da aggiungere che, ai sensi dell’articolo 66, le perdite, le sopravvenienze passive e le minusvalenze, quali componenti negativi nella determinazione del reddito di impresa, sono così disciplinate:
  • sono perditededucibili le diminuzioni patrimoniali verificatesi per cause non imputabili all'impresa
  • si considerano sopravvenienze passive: il mancato conseguimento di ricavi già imputati nel conto economico di precedenti esercizi, il sostentamento di oneri o maggiori oneri relativi a ricavi già imputati nel conto economico di precedenti esercizi, l’eliminazione anche parziale di attività già iscritte in bilanci di precedenti esercizi. Rientrano in tale categoria le perdite su crediti, che sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi, e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali
  • sono minusvalenze quelle relative a cessioni di beni strumentali e consistono nella differenza negativa tra il corrispettivo e il costo iniziale al netto degli ammortamenti
  • generano altresì minusvalenze le cessioni di immobilizzazioni finanziarie (titoli o quote) a un prezzo inferiore all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto.
 
Motivi della decisione
La Corte di legittimità, con la sentenza 9218/2011, ribadendo principi maturati in precedenti interventi, afferma che le perdite su crediti devono essere integralmente dedotte nell’esercizio di competenza, intendendosi per tale quello in cui si manifestano per la prima volta gli “elementi certi e precisi” dell’irrecuperabilità del credito, mentre a nulla rileva la circostanza che il Tuir non imponga di dedurre le perdite nel solo esercizio in cui ricorrono i predetti elementi. Una diversa conclusione - osserva la Corte - consentirebbe al contribuente la scelta del periodo d’imposta più conveniente per riportare la perdita in questione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza (articolo 75, comma 1), che rappresenta invece criterio inderogabile e oggettivo per determinare il reddito d’impresa (Cassazione 16198/2001).
 
In particolare, al riguardo, è stato adeguatamente precisato (cfr sentenze 22135/2010 e 16330/2005) che, in tema di imposte sui redditi d’impresa, l’articolo 66, comma 3, del Tuir, va interpretato nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perché in quel momento si materializzano gli elementi “certi e precisi” della sua irrecuperabilità.
 
In proposito, giova ribadire che la prova della sussistenza degli elementi suddetti non impone né la dimostrazione che il creditore si sia attivato per esigere il suo credito, né che sia intervenuta sentenza dichiarativa di fallimento del debitore (Cassazione 3862/2001).
 
Alla luce delle determinazioni raggiunte, nel senso della deducibilità della perdita su crediti come conseguenza della semplice apertura della procedura concorsuale, occorreva accertare se detta deduzione dovesse avvenire obbligatoriamente nell’esercizio in corso alla data di inizio della procedura medesima ovvero potesse essere operata anche negli esercizi successivi, considerato anche la regola valevole per il bilancio civilistico, in base alla quale i crediti devono essere iscritti secondo il valore di presumibile realizzazione.
 
Intervenendo sul punto, la Suprema corte è giunta a conclusioni sostanzialmente coincidenti con quelle relative a contribuenti “non falliti”. Sicché, laddove la norma dispone la deducibilità della perdita nell’anno di apertura della procedura, non ne impone però la deduzione nel medesimo arco temporale e “non offre una base all’assunto che essa dovrebbe aver luogo in defettibilmente in quell’esercizio”. Tant’è che il riferito vecchio testo dell’articolo 2425, n. 6), codice civile, nell’affermare che i crediti debbono essere valutati secondo il presumibile valore di realizzo, non attribuisce agli amministratori una discrezionalità assoluta, ma implica una valutazione fondata sulla situazione concreta secondo principi di razionalità (Cassazione 17033/2008). Circostanza questa che comporta, in altri termini, che, anche con riferimento ai debitori assoggettati a procedure concorsuali, il periodo d’imposta di competenza per operare la deduzione deve coincidere comunque con quello in cui si acquista la certezza che il credito non può essere soddisfatto, mentre non possono essere iscritti in bilancio - prudenzialmente - i crediti semplicemente sperati, operandosi semmai a tale riguardo un’adeguata imputazione in bilancio in misura minore (Cassazione 6431/1982).
Ne deriva che, ad avviso della Cassazione, la perdita su crediti non deve essere dedotta necessariamente e per intero nell’esercizio in cui la procedura concorsuale si è aperta.
In conclusione, la pronuncia della Ctr ha meritato di essere censurata dal momento che ha fondato le sue determinazioni su assunti ermeneutici opposti all’interpretazione della Corte suprema.
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