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Giurisprudenza

Il destinatario dell'atto impositivo è sempre legittimato ad impugnarlo

Anche nell'ipotesi in cui non sia il soggetto passivo ma solo il responsabile del tributo

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Il destinatario di un atto impositivo può sempre far valere le proprie ragioni in sede processuale anche quando agisce nella veste di responsabile di imposta; in questo caso, inoltre, la sua difesa potrà essere estesa anche alla sussistenza o quantificazione del tributo preteso.
Così, in estrema sintesi, si è espressa la Corte di cassazione con la sentenza n. 4954 (depositata lo scorso 8 marzo), attraverso la quale i giudici di legittimità hanno precisato che, se l'Amministrazione finanziaria chiede il versamento dell'imposta di registro al notaio rogante, quest'ultimo è legittimato a contestare l'atto impositivo in sede giudiziaria, a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto che intercorre tra pubblico ufficiale e Fisco.

Nello specifico, l'ufficio finanziario aveva chiesto il pagamento dell'imposta di registro a un notaio, nella sua qualità di rogante l'assemblea straordinaria di una società per azioni, con la quale era stata disposta la copertura delle perdite e l'aumento del capitale sociale.
Le ragioni dell'opposizione alla richiesta erariale, motivate dal pubblico ufficiale in sede di impugnazione dell'atto, hanno trovato pieno accoglimento sia presso i giudici di merito che presso la Suprema corte, a cui si era rivolta l'Amministrazione finanziaria che eccepiva, tra l'altro, la carenza di legittimazione passiva in capo al notaio in ordine alla pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo.

I giudici di legittimità hanno effettuato una distinzione fra le due "funzioni" che può assumere il notaio nell'ambito del rapporto tributario.
La prima, relativa alla fattispecie in esame, si riferisce alla legittimità a impugnare la pretesa tributaria nell'ipotesi in cui la stessa venga avanzata direttamente nei confronti di un soggetto (il notaio appunto) che l'ufficio finanziario assume obbligato al pagamento dell'imposta.
La seconda, invece, riguarda il rimborso delle somme pagate in eccedenza, circa la quale la legittimazione del pubblico ufficiale è stata, per pacifica giurisprudenza, ampiamente negata, per essere il medesimo estraneo al rapporto tributario.

Proprio riguardo a quest'ultimo aspetto, è opportuno segnalare - tra le tante - la recente sentenza della Cassazione (n. 9440 del 6 maggio 2005), con la quale i giudici di piazza Cavour hanno statuito che il notaio, nella qualità di agente rogante, è solo un responsabile d'imposta - estraneo al rapporto tributario - e obbligato al pagamento dell'imposta soltanto per fatti e situazioni riferibili ad altri soggetti (ex articolo 64, comma 3, del Dpr 29 settembre 1973, n. 600).
Egli, in questa funzione, non è legittimato a chiedere il rimborso delle somme pagate in eccedenza a titolo di imposta di registro, ma può soltanto esercitare, in virtù del citato articolo 64, l'azione di rivalsa per il recupero delle somme pagate al posto dei soggetti passivi d'imposta.

E' oramai principio consolidato, sia in dottrina sia in giurisprudenza, che il legislatore ha voluto attribuire al notaio una particolare figura di responsabile di imposta; la peculiarità consiste nell'avergli dato idonei strumenti per poter conseguire, in via preventiva o successiva, quanto dovuto da coloro che sono i veri soggetti passivi.
Il pubblico ufficiale, pertanto, per disposizione del legislatore, è soltanto affiancato al reale soggetto passivo del tributo, non per la sua partecipazione al presupposto d'imposta, certamente riferibile ad altri, ma perché pone in essere fatti ulteriori e diversi dal presupposto stesso, ai quali la legge ricollega - ai fini della tutela dell'interesse fiscale previsto dall'articolo 53 della Costituzione - l'obbligo del pagamento del tributo, cioè della stessa somma dovuta dal soggetto passivo d'imposta (cfr Cassazione, sezione I, n. 12066 del 27 ottobre 1999).

Nella sentenza in commento, invece, la "funzione" del notaio prescinde da ogni considerazione in ordine alla sua qualificazione giuridica (mero responsabile di imposta e, come tale, estraneo al rapporto tributario) e la sua legittimazione deriva incontestabilmente dalla circostanza che la pretesa del Fisco è stata azionata nei suoi confronti.
Infatti, precisa la Corte, "...l'avviso di accertamento è stato notificato personalmente al notaio che viene indicato come destinatario della pretesa erariale per cui è ovvio che il medesimo abbia interesse diretto e conseguentemente sia legittimato a contestare tale pretesa al fine di evitare che la stessa non possa più essere discussa né nell'an né nel quantum ed è altrettanto ovvio che la sua difesa non possa essere limitata alla sua personale responsabilità ma possa essere estesa alla stessa sussistenza o quantificazione del tributo preteso".

La fattispecie in commento offre lo spunto per una breve riflessione in merito alla "legitimatio ad causam", intesa come l'esatta individuazione della parte legittimata a proporre ricorso.
Nell'ambito del giudizio tributario, essa deve avvenire sulla base delle indicazioni di ogni singola legge d'imposta e, precisamente, con riferimento ai destinatari degli atti che possono formare oggetto di impugnazione (elencati nell'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992).
Di solito, il soggetto attivo del processo tributario (il ricorrente) corrisponde al soggetto passivo dell'obbligazione tributaria (contribuente), in quanto destinatario di un atto diretto alla realizzazione della pretesa fiscale.

A volte, l'atto può essere notificato a persona diversa dal "debitore effettivo"; in queste ipotesi, tale soggetto ("legittimato di fatto") è comunque interessato e legittimato ad agire per impugnare l'atto notificatogli.
Se così non fosse, in caso, cioè, di inerzia processuale, l'atto diverrebbe definitivo e, di conseguenza, il "legittimato di fatto" diverrebbe obbligato sostanziale della pretesa tributaria, pur non essendolo originariamente.

Il nostro ordinamento prevede espressamente casi in cui gli obblighi tributari sono posti a carico di soggetti diversi da quelli incisi dal tributo (ad esempio, il sostituto o il responsabile d'imposta). I sostituti e i responsabili sono, quindi, legittimati a impugnare gli atti a loro notificati in base alla qualità rivestita, nonché in considerazione della circostanza che la notifica, di uno degli atti di cui al già citato articolo 19, individua il soggetto titolare della "legitimatio ad causam".

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