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Giurisprudenza

Il detto in verifica non si smentisce: vietato cambiare le carte dopo

Le informazioni fornite nel corso di un controllo dell’Amministrazione finanziaria hanno valore indiziario

La partecipazione attiva del contribuente alla verifica, tramite l’indicazione degli elementi di fatto necessari per la ricostruzione dell’attività e il calcolo dei ricavi effettivi, determina che quanto accertato in contraddittorio assuma un valore indiziario vincibile solo con idonea prova contraria fornita tempestivamente.
Con tale principio di diritto, la Commissione tributaria regionale di Firenze, con la sentenza n. 40/1/09, del 2009, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, riformando parzialmente la sentenza di primo grado che aveva visto vittorioso un contribuente esercente l’attività di commercio al dettaglio di carni.
 
I fatti di causa
Il ricorrente aveva impugnato l’accertamento di maggiori ricavi per l’anno d’imposta 2003 effettuato sulla base di un processo verbale di constatazione, il quale, valorizzando proprio le dichiarazioni rese dal verificato, aveva proceduto a una ricostruzione indiretta determinando il costo del venduto e applicando allo stesso le percentuali di ricarico riscontrate nel 2005.
 
Nel ricorso introduttivo era stato sostenuto, in sintesi, che:
  • il 75 % del fatturato derivava dalla vendita di carni macellate in proprio
  • l’ufficio non aveva individuato correttamente il prezzo di vendita dei singoli tagli di carne
  • le percentuali di resa e di scarto adottate dai verificatori, in base alle dichiarazioni del contribuente, in realtà erano state da lui contestate per non aver capito i criteri che avevano portato alla loro determinazione
  • non era chiaro il motivo per cui erano state applicate le percentuali di ricarico del 2005 al 2003, pur avendo egli dichiarato che probabilmente nei due anni esse coincidevano
  • la regolare tenuta della contabilità impediva la determinazione presuntiva dei maggiori ricavi, i quali, comunque, non potevano essere superiori a quelli risultanti dallo studio di settore.
La Commissione provinciale accoglieva il ricorso sulla base della constatazione che le dichiarazioni del contribuente non avevano natura confessoria e osservando che lo stesso aveva allegato dei dati, riferiti ad altre città, da cui emergeva che le percentuali di resa e di scarto applicate dall’ufficio erano inferiori e che non era possibile applicare i ricarichi del 2005 al 2003.
 
L’appello dell’Amministrazione finanziaria censurava quanto deciso dai primi giudici evidenziando che:
  • la quantificazione delle percentuali degli scarti, della resa e del ricarico adottato era emersa da elementi specifici: per quanto riguardava l’entità della resa e degli scarti, essa era stata concordata con il contribuente, nonché riscontrata con quelle emergenti presso altre attività similari operanti nello stesso territorio. In relazione, invece, alle percentuali di ricarico, esse derivavano da indicazioni dello stesso contribuente durante il contraddittorio
  • la quantificazione di entrambe le percentuali era stata fatta in maniera prudente, in modo che i risultati della verifica non fossero troppo penalizzanti per il commerciante.

La decisione della Ctr
I giudici fiorentini hanno accolto l’appello dell’Agenzia, pur riducendo i maggiori ricavi del 20% in ragione del riconoscimento di una ridotta rilevanza delle contestazioni addotte dal ricorrente.
Nello specifico, il collegio, dovendo verificare la correttezza del metodo adottato dai funzionari delle Entrate per la ricostruzione dei ricavi sulla base del costo del venduto, ha ritenuto opportuno ripercorrere le fasi salienti della verifica, osservando che:
  • sin dal primo accesso era stato compilato un prospetto da cui emergevano i criteri essenziali per la ricostruzione delle vendite, rappresentate distintamente per tipologia di taglio di carne (prodotto finito, percentuale sulla pezzatura, prezzo al cliente)
  • relativamente a tale prospetto, nel verbale conclusivo delle operazioni, veniva evidenziato che “la percentuale di resa della singola pezzatura sul totale della mezzena è stata dichiarata dalla parte e trova riscontro sia nella tecnica di lavorazione che nelle osservazioni sul territorio
  • sempre nello stesso verbale vi erano tutta una serie di prospetti indicanti la percentuale di resa sul totale, il prezzo lordo e quello medio ponderato per ogni singola categoria di merce e per i quali la parte “… nella sua qualità di titolare, nel prendere atto di quanto sopra verbalizzato dichiara(va) di non avere, al momento, nulla da dichiarare
  • durante un ulteriore contraddittorio, relativo alla descrizione dei dati emersi dalle operazioni di verifica, il contribuente aveva dichiarato che i prezzi di vendita praticati tra gli anni 2003 e 2005 erano “sostanzialmente costanti
  • solo 5 mesi dopo la notifica del processo verbale di constatazione, con comunicazione scritta, il contribuente aveva contestato la resa e gli scarti, proponendo dati diversi da quelli accertati con la sua partecipazione alle operazioni di verifica.
Acclarati tali fatti, i giudici di secondo grado hanno, quindi, rilevato che “la partecipazione del contribuente alle operazioni di accertamento, pur priva di valore negoziale e di riconoscimento delle obbligazioni tributarie conseguenti, quanto ai fatti accertati niente aggiunge all’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico, mentre quanto alle conseguenze di tali fatti assume valore indiziario, superabile mediante prova contraria, nel caso tuttavia non fornita e che non può essere sostituita da argomentazioni. Tuttavia, la determinazione percentuale dei resi e degli scarti non è frutto di valutazione discrezionale, ma costituisce fatto oggettivamente rilevabile dai dati della gestione, nei confronti dei quali la mancanza di tempestiva contestazione da parte del contribuente, vale quale conferma della oggettiva esattezza di tali dati”.
 
Pertanto, alla luce dello svolgimento delle operazioni di verifica, la Commissione, preso atto che né nei verbali giornalieri né in quello conclusivo vi era alcuna traccia di specifico dissenso alle operazioni svolte dai verificatori e che le osservazioni fatte dal contribuente erano pervenute all’ufficio dopo 5 mesi dalla notifica del verbale e dopo 20 giorni dalla notifica dell’accertamento, ha ritenuto che tali deduzioni, più che contestazioni, costituivano un comportamento che induceva a ritenere corretta la metodologia adottata dai verificatori e, di conseguenza, ha accolto l’appello dell’Agenzia.
 
Quanto deciso dalla Ctr di Firenze è pienamente conforme all’orientamento manifestato sulla questione.
In un caso simile, la Corte di cassazione, con la sentenza 1286/2004, ha evidenziato che “la partecipazione alle operazioni di verifica senza contestazioni equivale sostanzialmente ad accettazione delle stesse e dei loro risultati. Non occorre per questo un’accettazione espressa, ma soltanto la mancanza di contestazioni. Se avesse avuto qualcosa da contestare sulle operazioni di verifica (che concernevano – vale sottolinearlo – la materialità dei fatti e non considerazioni tecniche o giuridiche) il contribuente avrebbe dovuto, e potuto, formulare immediatamente, seduta stante, il proprio dissenso e pretendere che le proprie contestazioni fossero riportate sul verbale. Oppure in caso di rifiuto da parte dei verbalizzanti di porle a verbale, comunicare immediatamente per iscritto la propria protesta, segnalando il rifiuto e ribadendo le contestazioni”.
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