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Giurisprudenza

Il dialogo pre-contenzioso
non è sempre obbligatorio

L’omessa convocazione dell’interessato non scredita l’atto finale. L’instaurazione del contraddittorio è a discrezione dell’ufficio e non pregiudica il diritto di difesa

nuvolette di dialogo
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 20256 del 4 settembre, è tornata a interrogarsi sulla necessità di instaurare, in via preventiva, un dialogo tra contribuente e Amministrazione, confermando la validità di un avviso non preceduto dall’invio di un questionario – ex articolo 32, n. 4, Dpr 600/1973 – (cfr Cassazione, pronunce nn.14367/2007, 14675/2006 e 453/2013).
In tema di accertamento di imposte dirette, infatti, il legislatore nazionale, nel disciplinare il relativo procedimento, non ha previsto l’istituto del contraddittorio preventivo come momento necessario e indefettibile; sicché il mancato invio del questionario non inficia la perfezione e la validità del procedimento di rettifica, che resta subordinato alla sola carenza dei presupposti di cui all’articolo 38 del Dpr 600/1973.
 
Queste le conclusioni della Corte suprema che, muovendo da un’interpretazione restrittiva dell’articolo 38, comma 6, del citato decreto, ha escluso l’obbligo di inviare un questionario in vista di un chiarimento pre-contenzioso.
Tale disposizione, infatti, riconosce al contribuente la sola “facoltà di dimostrare ….. che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta”, lasciando intendere che gli uffici finanziari, nell’espletamento dell’attività d’indagine, non hanno l’obbligo di interpellare preventivamente l’interessato.
 
Il caso
La vicenda riguardava una società a cui l’Amministrazione finanziaria aveva notificato un avviso di accertamento per maggiori imposte Irpeg e Ilor, nello specifico si contestava l’omessa registrazione di ricavi conseguenti alla vendita di un terreno edificabile.
Avverso l’atto impositivo la società proponeva ricorso, lamentando il mancato invio del questionario e la non fondatezza della pretesa; di contro, i giudici di merito, sia in primo sia in secondo grado, ritenevano non dimostrata la tesi difensiva della parte.
Dello stesso avviso i giudici di legittimità che rigettavano il ricorso, argomentando sulla validità dell’atto impugnato, sebbene l’Amministrazione non avesse convocato l’interessato in fase istruttoria.
 
La decisone e le osservazioni
I giudici di Cassazione chiariscono che la disciplina del procedimento di accertamento, stabilita dal Dpr 600/1973, non ha come obiettivo quello di impedire la manipolazione fraudolenta delle scritture contabili “essendo dettata al solo fine di rendere possibile un chiarimento pre – contenzioso delle reciproche posizioni, con risparmio di energie economiche e processuali”, in ottemperanza al principio di efficacia a cui deve essere informata l’azione pubblica.
 
In più occasioni la giurisprudenza ha bocciato l’obbligatorietà del contraddittorio tra fisco e contribuente nella fase amministrativa, stabilendo che l’Amministrazione non è sempre tenuta a interpellare il cittadino, neppure nel caso di incertezza intrinseca della dichiarazione dei redditi (cfr Cassazione, sentenza n. 26316/2010).
La partecipazione del privato al procedimento amministrativo-tributario, quindi, costituisce un’eventualità, essendo rimessa all’Amministrazione la scelta di interpellare preventivamente, ai soli fini istruttori, il contribuente (cfr Cassazione sentenze nn 16874/2009, 20268/2008, 10964/2007 e 16597/2003).
 
In particolare, la giurisprudenza ritiene che il procedimento impositivo, in riferimento alla partecipazione dell’interessato, “rimane sottratto alla disciplina generale del procedimento amministrativo dettata dalla L. 7 agosto 1990, n.241 e succ.mod”, vista l’espressa deroga ivi disposta dall’articolo 13, comma 2, per i procedimenti tributari.
 
Lo stesso legislatore ha previsto l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo solo in relazione a un limitato numero di ipotesi, in particolare, ai casi di accertamento previsti dagli articoli 37-bis e 38 del Dpr 600/1973 che regolano, rispettivamente, l’accertamento legato a ipotesi di violazione di disposizioni antielusive e quello sintetico del reddito delle persone fisiche, così come agli accertamenti che si basano su indagini bancarie e finanziarie o sugli studi di settore, ove è previsto che, prima della notifica dell’avviso di accertamento, “l’ufficio invita il contribuente a comparire”.
 
In sostanza, l’omessa convocazione dell’interessato non può inficiare la validità dell’atto finale, trattandosi di una scelta rimessa alla discrezionalità degli organi accertatori; scelta, questa, che non pregiudica affatto il diritto di difesa dell’interessato, che potrà sempre presentare osservazioni e memorie in vista di un chiarimento pre-contenzioso o semplicemente attendere l’emissione dell’avviso per poi fornire la prova contraria in sede di giudizio.
 
A riprova di quanto detto, si segnala anche la differenza tra il contraddittorio instaurato in sede processuale, “inteso come espressione del diritto di difesa”, e il mero intervento del privato nel procedimento amministrativo, inteso, invece, “come facoltà d’introduzione di ulteriori elementi in fatto e in diritto” (Cassazione, sentenza n. 14027/2012).
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