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Giurisprudenza

La dichiarazione fraudolenta è reato
anche se l’accertamento è annullato

Secondo il principio del doppio binario i procedimenti penale e tributario sono indipendenti e procedono autonomamente, di conseguenza, gli esiti dell’uno non producono effetti sull’altro

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Legittima la condanna per dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di false fatture anche se l’accertamento è stato annullato in sede tributaria. Infatti, il processo penale è impermeabile alle presunzioni tributarie perché ha criteri di giudizio più penetranti.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 149 del 10 gennaio 2022, ha respinto il ricorso del rappresentante legale di una società accusato di aver inserito in contabilità costi per sponsorizzazioni false.

La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione.
La vicenda riguarda due soggetti imputati, in qualità di rappresentanti legali dei rispettivi enti, per i reati di cui agli articoli 2 e 8 del Dlgs n. 74/2000. Le operazioni fittizie riguardavano alcune sponsorizzazioni nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica da cui erano scaturite contestazioni tributarie sfociate anche in ambito penale.
La Corte d’appello confermava la condanna a carico degli imputati disponendo altresì la confisca diretta o per equivalente nei confronti del soggetto utilizzatore.
Col proprio ricorso in Cassazione quest’ultimo denunciava, tra l’altro, la mancanza di motivazione adeguata sull’irrilevanza, ai fini penali, delle sentenze della Ctp che avevano annullato gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle entrate con cui era stata negata la deducibilità dei costi per sponsorizzazioni nei confronti di un’Asd.

Nel rigettare il ricorso la Cassazione ricorda che va escluso che il giudice penale debba confrontarsi, nel valutare quanto sia fondata l’accusa, con le ragioni dell’annullamento dell’avviso di accertamento operato dal giudice tributario. Tra l’altro l’annullamento degli accertamenti era stato disposto in virtù dell’applicazione della presunzione assoluta di inerenza delle spese di sponsorizzazione sostenute a favore di Asd ai sensi dell’articolo 90, comma 8 della legge n. 289/2000. Secondo tale disposizione i corrispettivi in favore di associazioni sportive dilettantistiche, fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200mila euro, non possono essere recuperate a tassazione per mancanza di inerenza, essendovi, al riguardo, la presunzione assoluta in base alla quale vanno considerate spese di pubblicità ai sensi dell'articolo 90, comma 8 della legge 289/2002 del 2002 (cfr Cassazione, pronunce nn. 8540/2020 e 17973/2018).
Infatti, il processo penale è impermeabile alle presunzioni tributarie avvalendosi di mezzi di accertamento del fatto e di criteri di giudizio ben più penetranti e del tutto autonomi (cfr Cassazione, pronuncia n. 41796/2016).
Le sentenze pronunciate in procedimenti civili possono essere utilizzate come prova limitatamente all’esistenza della decisione e alle vicende processuali in esse rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento in quei procedimenti (cfr Cassazione, pronuncia n. 15/2020). Nella pretesa tributaria la causa petendi è del tutto irrilevante rispetto all’oggetto dell’azione penale descritto nell’imputazione.
Sul punto si ricorda che l’articolo 90, comma 8 della legge n. 289/2002 ha introdotto, a favore del solo “soggetto erogante” il corrispettivo (nella specie la società ricorrente) e non, invece, a favore dell'associazione sportiva che riceve l'erogazione di denaro (cfr Cassazione, pronuncia n. 17196/2019), una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria di tali spese.
Tra l’altro la Cassazione ha più volte ribadito, al riguardo, che in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all'articolo 90, comma 8, della legge n. 289/2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria e non di rappresentanza a condizione che:

  • il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica
  • sia rispettato il limite quantitativo di spesa
  • la sponsorizzazione miri a promuovere l'immagine e i prodotti dello sponsor
  • il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori (Cassazione, pronunce nn. 14232/2017, 8981/2017, 7202/2017, 1420/2018, 13508/2018, 22855/2018 e 5428/2020).

Ulteriori osservazioni.
In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento degli uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall'articolo 7, comma 4, del Dlgs n. 546/1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (articolo 116 cpc), deve procedere a un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio (cfr Cassazione, pronuncia n. 5546/2018).
Il principio del doppio binario e l’autonomia dei due procedimenti vale anche in senso inverso.
Infatti il giudice penale non può limitarsi a recepire acriticamente i contenuti dell’accertamento, dovendo procedere a un’attenta valutazione degli stessi e di ogni altro indizio acquisito in sede processuale. Spetta, infatti, esclusivamente al giudice penale il compito di procedere all’accertamento e alla determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa con una valutazione che può sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (cfr Cassazione, pronunce nn. 37335/2014 e 38684/2014).
La Cassazione appare severa anche sulla revisione dei giudicati: infatti, con la sentenza n. 39252/2018 ha stabilito che la condanna per il reato di dichiarazione infedele (articolo 4 del Dlgs n. 74/2000) e, in generale, per tutti i reati dichiarativi che prevedono una soglia di punibilità, non viene meno, escludendosi la revisione del giudicato, anche se l'accertamento su cui si basa l’accusa viene annullato in autotutela dall’ufficio finanziario.

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