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Giurisprudenza

Per il dipendente non tutte le somme sono retribuzione

A determinate condizioni la loro natura è risarcitoria con conseguente non assoggettabilità a ritenuta Irpef

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La Corte di cassazione, con sentenza n. 21517 del 7 luglio 2006 (depositata il 6 ottobre 2006), ha affermato che: “In tema di imposte sui redditi, non ogni somma corrisposta in dipendenza del rapporto di lavoro deve considerarsi di natura retributiva, e perciò assoggettabile, ai sensi tanto dell’art. 48 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, che dell’art. 48 del vigente Tuir del 1986, a ritenuta Irpef, salve le eccezioni dagli stessi articoli previste. Assumono infatti funzione risarcitoria, e non retributiva, le somme corrisposte al dipendente in relazione all’attribuzione di incarichi che comportino spese superiori a quelle rientranti nella normalità della prestazione lavorativa, e quindi tali da rendere l’incarico in questione depauperativo rispetto alla posizione dei dipendenti che percepiscano pari retribuzione in relazione ad incombenze diverse, non potendosi ravvisare alcuna ragione ostativa all’applicazione del principio nella modalità del rimborso – di tipo forfetario anziché a pié di lista – quando le prestazioni fuori sede siano state dal dipendente effettivamente rese”.

La pronuncia, con la quale è stata cassata, con rinvio ad altra sezione della Ctr, la decisione in appello della Commissione tributaria regionale della Calabria, ribadisce il principio, più volte espresso dalla Suprema corte (sentenza n. 9107 del 18 ottobre 2001; sentenza n. 5081 del 28 maggio 1999), che non tutte le somme corrisposte a un dipendente, in costanza di rapporto, devono essere considerate di natura retributiva in quanto, a determinate condizioni, possono avere natura risarcitoria.

La controversia, sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione ha preso le mosse da un ricorso presentato alla Ctp di Cosenza, da un ispettore del lavoro, avverso un rifiuto (nella forma del silenzio rifiuto) opposto alla propria istanza di rimborso, relativa all’Irpef applicata su un rimborso forfetario che aveva ottenuto dal ministero del Lavoro per delle ispezioni effettuate presso delle cooperative.

L’accoglimento del ricorso, da parte del giudice tributario provinciale (sentenza n. 368/06/2002), era stato ribaltato, in sede d’appello, dalla Ctr Calabria, che aveva ritenuto l’indennità rientrante fra le componenti del reddito e, quindi, assoggettabile a imposizione.

I motivi di impugnazione, in sede di legittimità, della pronuncia d’appello sono stati:

  1. violazione e/o falsa applicazione degli articolo 48 del Dpr n. 597/1973, e 48 del Dpr n. 917/1986, in riferimento all’articolo 6, comma 2, del medesimo Dpr, nonché ai principi generali in materia di reddito imponibile
  2. vizio di nullità della sentenza per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo
  3. vizio di motivazione su punto decisivo della controversia
  4. violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 del Codice civile.

La Suprema corte, esaminato il caso, ha ribadito che non tutte le somme corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore dipendente, in costanza di rapporto di lavoro, devono considerarsi di natura retributiva e come tali assoggettabili a ritenuta Irpef, in quanto, fatte salve le tassative eccezioni previste dagli articoli 48 del Dpr 29 settembre1973, n. 597, e 48 (ora articolo 51) del vigente Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, esse possono assumere funzione strettamente risarcitoria.

Tale eventualità si realizza ogni qual volta al dipendente vengano attribuiti incarichi che comportano spese superiori a quelle rientranti nella normalità della prestazione lavorativa e che, per questa ragione, rendano lo stesso incarico depauperativo rispetto alla posizione dei dipendenti che percepiscano pari retribuzione per lo svolgimento di incombenze diverse.

Il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore, quindi, essendo specificamente mirato a restituire alla retribuzione la sua normale misura, assume natura risarcitoria (e non retributiva) ed è, pertanto, non assoggettabile a ritenuta d’acconto.
Nessuna ragione ostativa – secondo la sezione tributaria della Corte di cassazione – può ravvisarsi, peraltro, in ragione delle modalità del rimborso, effettuato in via forfetaria anziché a piè di lista, qualora le prestazioni fuori sede siano state effettivamente rese dal dipendente.

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