L'inversione di rotta a Piazza Cavour si è avuta con la sentenza n. 24455 del 2 ottobre 2008, a ribaltare precedenti pronunce in materia.
La vicenda trae origine dal ricorso proposto da un cittadino italiano (il contribuente risultava iscritto all'Aire, ma già la Commissione tributaria regionale ne aveva determinato la residenza in Italia in base al criterio del centro degli interessi vitali, ex articolo 4, comma 2, lettera a), n. 2, della legge 943/1978), a seguito del silenzio-rigetto dell'Amministrazione finanziaria sul rimborso Irpef richiesto per gli anni 1990-1999, relativo alle ritenute operate dall'ente "Ferrovie italiane", di cui il soggetto era dipendente, sull'attività lavorativa da questi prestata all'estero.
Ai sensi dell'articolo 3, terzo comma, lettera c), del Tuir, infatti, vigente fino alla sua abrogazione (disposta con effetto a decorrere dall'anno d'imposta 2001), i compensi percepiti dal lavoratore dipendente per il servizio prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, in esecuzione di un contratto di diritto privato, andavano esclusi dalla base imponibile, qualunque fosse la residenza del dipendente e/o il soggetto giuridico erogante del reddito (Amministrazione pubblica o azienda privata).
A questo punto, appare opportuno fare un brevissima panoramica sulle modalità di tassazione dei redditi nel nostro ordinamento.
I principi che vengono applicati in Italia per la tassazione sono due:
- il principio della territorialità, secondo cui sono imponibili in Italia solo i redditi ivi prodotti, operante esclusivamente per i non residenti (articolo 23 del Tuir)
- il principio del "reddito mondiale", o worldwide principle, per i soggetti residenti, secondo cui sono imponibili in Italia i redditi ovunque prodotti.
La disposizione richiamata, così come concepita, introduceva nel nostro ordinamento un'eccezione al principio di tassazione su base mondiale; principio caratterizzato da un criterio di collegamento di tipo soggettivo (quale, ad esempio, la residenza di un soggetto) tra il fatto generatore del reddito e l'ordinamento giuridico, così da configurare un potere impositivo statale senza limiti spaziali, secondo il quale i redditi prodotti dai soggetti residenti si consideravano imponibili in Italia, indipendentemente dal luogo dell'effettivo conseguimento.
L'eccezione contenuta nell'articolo 3 del Tuir aveva, ufficialmente, il compito di evitare doppie imposizioni; in via "ufficiosa" invece, lo scopo era quello di rendere più competitive le posizioni lavorative del nostro Paese.
Con il riordino delle modalità di tassazione del reddito di lavoro dipendente, operato dal legislatore con il Dlgs 314/1997, venne ripristinato il principio dell'imponibilità in Italia dei redditi di lavoro dipendente, ovunque prodotti, da soggetti residenti.
In via ufficiale, l'abrogazione dell'articolo 3, comma 3, lettera c), del Tuir, aveva la sua ratio nell'ottica di un'armonizzazione del reddito di lavoro dipendente prestato all'estero con le altre categorie di redditi. In via "ufficiosa", la riforma aveva la finalità di evitare che redditi prodotti in Paesi a fiscalità privilegiata, da soggetti residenti, finissero per non essere assoggettati a tassazione nè all'estero nè in Italia.
La Suprema corte, dunque, con una sentenza che ribalta le precedenti pronunzie in materia (cfr per tutte le sentenze 12201/2002 e 1540/2003), senza tener conto di una disposizione di legge espressa, abrogata con effetto a partire dall'anno d'imposta 2001, ha applicato il principio della tassazione su base mondiale anche ai redditi di lavoro dipendente prodotti all'estero, antecedenti a tale annualità.