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Giurisprudenza

Dipendenti con residenza e lavoro all'estero: tasse comunque in Italia

Imposizione connessa alla nazionalità dell'ente pagatore. Non conta la sua trasformazione in Spa "pubblica"

confine italia svizzera
Pagano in Italia le tasse sui redditi quei cittadini italiani, dipendenti di un ente italiano, che hanno la residenza e il lavoro all'estero, anche se iscritti all'Aire, l'anagrafe dei residenti all'estero. E questo vale anche nel caso in cui l'ente sia stato trasformato in Spa.
Ad affermarlo è la Cassazione che, con la sentenza n. 29455 del 17 dicembre 2008, ha sottolineato che il prelievo fiscale nel nostro Paese c'è quando lo Stato estero ha stipulato una convenzione (come nel caso della Svizzera) per cui la tassazione segue il criterio "dell'origine" dell'ente che eroga le retribuzioni e della cittadinanza del lavoratore.
In particolare, la Suprema corte ha stabilito che "sono soggetti a prelievo fiscale in Italia i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato all'estero da parte di cittadini italiani iscritti all'anagrafe dei residenti all'estero" quando si tratta di somme che hanno "origine in Italia".

L'origine della controversia
Il pronunciamento prende le mosse dal caso di un dipendente delle ex Ferrovie dello Stato (oggi trasformata in Trenitalia Spa) che dal 1994 ha lavorato in Svizzera presso una delle locali sedi della società. Dal 1994, poi, la famiglia dell'interessato è stata iscritta nell'anagrafe dei cittadini residenti all'estero (Aire) e risiede in territorio elvetico. Nel 2001 il dipendente ha chiesto al fisco italiano il rimborso delle ritenute Irpef operate sulla retribuzione.
A seguito del silenzio rifiuto ha proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che lo ha in parte accolto. Infatti, da un lato la Ctp ha affermato che è da considerarsi inapplicabile al caso la convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni a causa della trasformazione dell'ente Ferrovie dello Stato in Trenitalia Spa, dall'altro ha riconosciuto il diritto al rimborso soltanto in relazione ai quattro anni che precedono la richiesta del contribuente (articolo 38 del Dpr 602/1973), ritenendo inapplicabile il termine di prescrizione decennale.

Contro la decisione proponevano appello alla Ctr l'agenzia delle Entrate e, in via incidentale, il contribuente, determinato a richiedere il riconoscimento decennale del diritto al rimborso. La Ctr ha accolto l'appello dell'Agenzia ritenendo che fosse da considerarsi legittimo il prelievo in Italia per le seguenti ragioni: non è rilevante, ai fini dell'applicazione della convenzione, la trasformazione in Trenitalia Spa delle Ferrovie dello Stato dato che l'accordo continua a essere applicato; la trasformazione non può inficiare l'applicazione delle convenzione perché, se così fosse, l'effetto sarebbe di escludere da ogni forma di prelievo il reddito piuttosto che sottrarlo al rischio di una doppia imposizione; lo Stato italiano non ha attribuito alla trasformazione (da Ferrovie dello Stato a Trenitalia) alcun effetto ai fini della validità della convenzione.

La sentenza della Cassazione
In seguito al ricorso in Cassazione del dipendente, la questione è stata rimessa alla decisione della sezione tributaria. Il quesito su cui è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema corte è il seguente: i redditi che derivano da lavoro dipendente prestato all'estero (nella fattispecie in Svizzera, Stato peraltro a fiscalità privilegiata) da parte di cittadini italiani, dipendenti delle Ferrovie dello Stato e iscritti nell'Aire, sono soggetti a prelievo fiscale in Italia, nella Confederazione elvetica, in entrambi gli Stati o in nessuno dei due?

Per la Corte, i redditi da lavoro dipendente prestato all'estero, che hanno i requisiti previsti dall'articolo 19 della convenzione italo-elvetica, sono disciplinati da tale accordo e quindi sono tassati nello Stato di origine. L'articolo 19 della convenzione recita testualmente: "le remunerazioni, comprese le pensioni, pagate da uno Stato contraente o da una sua suddivisione politica o amministrativa o da un suo ente locale, oppure ancora da una persona giuridica o da un ente autonomo di diritto pubblico di detto Stato, sia direttamente sia mediante prelevamento da un fondo speciale, a una persona fisica che ha la nazionalità di detto Stato a titolo di servizi resi presentemente o precedentemente, sono imponibili soltanto nello Stato contraente da dove provengono dette remunerazioni". E nell'espressione persona giuridica o ente autonomo di diritto pubblico figurano le Ferrovie dello Stato e le Ferrovie federali elvetiche indipendentemente dalla struttura giuridica che tali enti abbiano assunto all'interno dei singoli Stati.

La Corte sottolinea poi che nessun rilievo assume "avere dimostrato la propria residenza estera in base all'iscrizione all'Aire", considerato che l'articolo 19 della convenzione collega il potere impositivo al diverso presupposto dell'origine della retribuzione e della cittadinanza.
Infine, ricorda ancora la Corte, nei rapporti con Stati a fiscalità privilegiata, sulla base della normativa vigente, si considerano residenti in Italia i cittadini anche dopo che siano stati cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e che risultino emigrati in tali Stati o territori. Di conseguenza, l'iscrizione del cittadino nell'Aire non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia.
I giudici di piazza Cavour per queste ragioni, ritenendo infondato il ricorso, lo hanno respinto.

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