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Giurisprudenza

È confermato, il “tovagliometro”,
valido metodo analitico-induttivo

Le risultanze e le scritture contabili non sono sufficienti a confutare la ricostruzione del Fisco che fa i suoi calcoli prendendo in considerazione i consumi quali indicatori delle dimensioni dell’attività svolta

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La Corte di cassazione ha ribadito l'idoneità del riferimento ai tovaglioli – così come a caffè, acqua e vino consumati nell’anno – utilizzati da un ristorante al fine della ricostruzione induttiva del reddito dell'impresa.
Questi i contenuti dell'ordinanza n. 11593 del 4 maggio 2021.

La vicenda
Un ufficio abruzzese dell'Agenzia delle entrate notificava a un ristorante, costituito in srl, un avviso di accertamento per Iva e imposte dirette, con cui venivano rideterminati i ricavi con metodo analitico-induttivo.
L'atto impositivo, in particolare, motivava la ripresa utilizzando il parametro del “costo medio di un pasto tipo”, depurato dell'Iva al 10% in sede di rettifica, nonché le risultanze di un'indagine fiscale, da cui erano emerse violazioni formali e sostanziali rinvenibili nelle ricevute, e i dati forniti dallo stesso contribuente (numero dei coperti dichiarati), raffrontati a quattro indicatori (tovaglioli lavati, caffè, acqua e vino consumati nell'anno).

Il processo di merito
La srl impugnava l'avviso e la Ctp di Teramo lo annullava, avallando la prospettazione della contribuente.
Tuttavia, la Ctr Abruzzo, accogliendo il successivo gravame erariale, riformava la decisione resa in prime cure, sottolineando, per quanto ci interessa:

  • la sussistenza dei presupposti per l'accertamento analitico-induttivo ex articolo 39, comma 1, lettera d), Dpr n. 600/1973, anche in considerazione della riscontrata inattendibilità della contabilità irregolare
  • la correttezza dell'accertamento, condotto utilizzando le risultanze, per vero più favorevoli al contribuente, del “tovagliometro”
  • che le presunzioni offerte dall'amministrazione – gravi, precise e concordanti – non erano scalfite dalle controdeduzioni del contribuente circa l'autoconsumo dei pasti asseritamente somministrati ai dipendenti.

Il ricorso per cassazione
Proponeva ricorso di legittimità la srl, lamentando, fra i vari motivi, la violazione dell'articolo 39, comma 1, lettera d) Dpr n. 600/1973.
In sostanza, la compagine contestava la qualificazione analitico-induttiva dell'accertamento, essendo, invece, l'atto puramente induttivo; inoltre, le presunzioni semplici utilizzate dall'amministrazione non sarebbero state tali da provare la pretesa fiscale e, pertanto, l'accertamento avrebbe dovuto tenere conto delle risultanze contabili, basarsi su dati obiettivi e, perciò, essere eseguito in modo analitico.

La decisione di legittimità
Nel rigettare il ricorso della contribuente, la Cassazione premette che è, senz'altro, consolidato l'indirizzo deponente per la legittimità del metodo di accertamento analitico-induttivo basato sul "tovagliometro".

Il consumo di tovaglioli: dato di sicura affidabilità
Infatti, la stessa giurisprudenza di legittimità ha avuto occasione di chiarire che “l'accertamento induttivo del reddito, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d) Dpr 600/1973, operato mediante la determinazione dei ricavi di un'impresa di ristorazione in base al consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (risultante per quelli di carta dalle fatture o ricevute di acquisto e per quelli di stoffa dalle ricevute della lavanderia), è legittimo, in quanto costituisce un dato assolutamente normale quello secondo cui per ciascun pasto ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero di questi un fatto noto idoneo, anche di per sé solo, a lasciare presumere il numero dei pasti effettivamente consumati, pur dovendosi ragionevolmente sottrarre dal totale una certa percentuale di tovaglioli normalmente utilizzati per altri scopi, quali i pasti dei dipendenti, l'uso da parte dei camerieri e le evenienze più varie per le quali ciascun cliente può essere indotto ad utilizzare più tovaglioli”(cfr tra le altre, Cassazione nn. 8822/2019, 20060/2014, 13068/2011 nonché, per l'analogo rilievo presuntivo anche delle materie prime utilizzate per la preparazione di ciascun pasto, n. 51/1999).

L'inattendibilità della contabilità
Conclusivamente, la Cassazione chiarisce che, in materia di accertamento dei redditi, il metodo analitico-induttivo può basarsi sulla complessiva inattendibilità della contabilità, da valutarsi sulla base di presunzioni dell’articolo articolo 39 più volte menzionato, alla stregua di criteri di ragionevolezza, ancorché le scritture contabili siano formalmente corrette, e dette presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave (cfr Cassazione nn. 33604/2019, 7025/2018 e 30803/2017).

Conclusioni
L'ordinanza in commento avalla l'accertamento dell'ufficio, poiché ancorato, in astratto, a un elemento di sicura affidabilità, quale l'utilizzo di tovaglioli in un ristorante, in quanto centrale per tale tipologia di attività.
Di recente, su questa rivista, a commento di una giurisprudenza di merito, abbiamo avuto modo di occuparci dello “shampometro”, ossia della ricostruzione reddituale, a carico di un parrucchiere, sulla base dello shampoo utilizzato, ma, come abbiamo osservato in quella sede, gli uffici impositori hanno avuto occasione di fondare gli atti impositivi anche su altri elementi.
Ecco, quindi, che le Commissioni e la Cassazione si sono occupate – oltre che di “tovagliometro” – di “mineralometro” o “bottigliometro" (cfr Cassazione, n. 25129/2016 e n. 17408/2010), in cui il consumo di acqua minerale nei ristoranti era posta a base della ricostruzione; di “farinometro” (cfr Cassazione, n. 15580/2011), che aveva riguardo al consumo di farina del ristoratore; di “lenzuolometro” (cfr Cassazione n. 30402/2011), che aveva ad oggetto l'acquisto di biancheria dell'albergatore.
In sostanza, tutti i criteri emersi in giurisprudenza sono stati avallati proprio poiché si fondano su elementi incontrovertibilmente alla base delle diverse attività esercitate: prescindere da questi avrebbe significato generare un contrasto insanabile con il principio di ragionevolezza, che è alla base del nostro ordinamento giuridico.

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