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Giurisprudenza

È D/7 e non E la categoria catastale
che si addice alla discarica pubblica

L’attività svolta nella struttura è infatti di carattere industriale e per dimostrare il contrario è insufficiente la sola condizione che non sia produttiva di reddito

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In tema di classamento di immobili, la discarica pubblica, oggetto di sfruttamento economico per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas, in quanto connotata da autonomia funzionale e reddituale, costituisce un'unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento e rientra nella categoria D/7 e non in quella residuale E, in quanto svolge attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che assuma rilevanza l’eventuale destinazione dell’immobile anche ad attività di pubblico interesse.

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n 3330 del 3 febbraio 2023, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di classamento di una discarica.
Nel caso esaminato, la società contribuente, con procedura Docfa, aveva attribuito all'immobile la categoria catastale E/9.
L'Agenzia delle entrate aveva rettificato tale categoria, attribuendo invece la categoria D/7 e notificando alla società l'avviso di accertamento.

La società impugnava tale avviso e la Commissione tributaria provinciale di Firenze respingeva il ricorso, ritenendo corretto l’operato dell'Agenzia, sull'assunto che, se anche la discarica non fosse stata più attiva, l’attività di produzione di biogas in essa svolta acquistava natura di processo industriale, che, anche in base alla circolare n. 22/2016, non consentiva la classificazione dell’impianto nella categoria E/9.

La contribuente impugnava la sentenza e la Ctr Toscana ne accoglieva l’appello, ritenendo che le attività svolte non fossero produttive di reddito e non avessero natura industriale, non essendo l’impianto a combustione presente nel sito destinato al commercio del biogas, ma solo a controllare e gestire il gas prodotto dalla fermentazione dei rifiuti ancora presenti.
Conseguentemente, secondo i giudici di secondo grado, non appariva corretta l'attribuzione alla ex discarica della categoria D/7, laddove, considerate le caratteristiche dell’area, la stessa appariva invece compatibile con l’inserimento nella categoria E, categoria residuale in cui inserire immobili privi di autonomia funzionale e non produttivi di reddito.

L’Agenzia delle entrate proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, l’errato inserimento dell’immobile in E/9 invece che D/7, correttamente applicabile alla fattispecie.

Secondo la Corte suprema la censura è fondata.
Evidenziano i giudici che la motivazione della Commissione tributaria regionale risultava incongruente, laddove escludeva la natura di opificio sulla base del solo fatto che l'impianto non fosse finalizzato al commercio del biogas, senza peraltro che fosse dato evincere da quali elementi ciò fosse stato desunto e non essendo dato comprendere quale fosse stato l'iter logico-giuridico che aveva portato a escludere che, per la discarica oggetto di classamento, non potesse ravvisarsi l’esercizio di un’attività industriale.

Rileva poi la Cassazione che non risulta del resto in questi casi necessaria la interdipendenza tra gestione reddituale della discarica e carattere prettamente industriale o commerciale dell’attività da essa svolta.
La qualificazione nel gruppo E è infatti propria di quegli immobili (stazioni, ponti, fari, edifici di culto, cimiteri, eccetera), con una marcata caratterizzazione, tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale, che li rende sostanzialmente estranei a ogni logica di commercio e di produzione industriale.
Tale assunto trova peraltro conferma nel consolidato indirizzo di legittimità, secondo il quale “In tema di classamento, ai sensi del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 4, convertito, con modificazioni, nella L. n. 286 del 2006, nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioè, alla luce del combinato disposto del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 5 e del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 40, immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalità istituzionali dell'ente titolare” (Cassazione n. 12741/2018, 4223/2019 e 9427/2019).

La motivazione della sentenza impugnata, pertanto, risulta infondata, dovendosi ribadire che, in tema di classamento di immobili, la discarica pubblica oggetto di sfruttamento economico per la gestione di rifiuti solidi urbani e la captazione di biogas, in quanto connotata da autonomia funzionale e reddituale, costituisce un'unità immobiliare urbana soggetta ad accatastamento e rientra nella categoria D/7 – e non in quella residuale E –, in quanto svolge attività industriale secondo parametri economico-imprenditoriali, senza che neppure assuma rilevanza l’eventuale destinazione dell'immobile anche ad attività di pubblico interesse (cfr, Cassazione, n. 12741/2018 e n. 13354/2020).
Per comprendere se, nello specifico, l’attività svolta dalla società dovesse essere considerata o meno attività industriale, risultava, quindi, insufficiente la sola condizione che l’attività non fosse produttiva di reddito.

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