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Giurisprudenza

È una donazione, l’ingente somma
trasferita da conti esteri al fratello

Nonostante siano parenti è evidente l’intenzione delle parti di provocare un incremento del patrimonio del beneficiario, con relativo depauperamento del disponente

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Le liberalità indirette, attuate mediante un trasferimento di somme di denaro detenute su conti correnti esteri, sono soggette all’imposta di donazione con l’aliquota dell’8% anche se sussiste un rapporto di parentela tra le parti. Questo è il principio espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 5802 del 24 febbraio 2023.

Il caso in esame riguarda il trasferimento, da parte di un soggetto, nei confronti del proprio fratello, di somme di denaro depositate su conti bancari esteri.
L’Amministrazione finanziaria è venuta a conoscenza di tale trasferimento nell’ambito del procedimento di voluntary disclosure, mediante il quale i contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero, possono regolare la propria posizione denunciando spontaneamente al Fisco la violazione beneficiando della riduzione della sanzione.

Ai fini delle imposte indirette, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che il trasferimento delle somme di denaro, attuato senza la stipula di un atto notarile, ma soltanto attraverso lo spostamento delle somme stesse dal conto corrente di un soggetto al conto corrente di un altro soggetto, costituisse una liberalità indiretta da assoggettare all’imposta sulle donazioni ai sensi dell’articolo 56-bis del Testo unico sulle successioni e donazioni, Dlgs n. 346/1990.

Come indicato dalla sentenza in commento, le liberalità indirette costituiscono atti di disposizione “….mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l’adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall’art. 769 c.c.
Con le liberalità indirette, in pratica, si realizzano gli effetti tipici di una donazione (arricchimento del beneficiario e impoverimento del disponente), utilizzando uno strumento diverso dalla donazione, spesso consistente in un comportamento materiale.
L’ufficio, avendo qualificato l’operazione posta in essere dalle parti in tal modo, ha ritenuto applicabile l’articolo 56-bis del Tus.
Questa norma prevede che l’accertamento delle liberalità indirette può essere effettuato se:

  • l’esistenza delle stesse risulta da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi
  • le liberalità stesse hanno determinato, da sole, o unitamente a quelle già effettuate nei confronti del medesimo beneficiario, un incremento patrimoniale superiore a 180.759,91 euro.

Considerato che, nel caso in discussione, sussistevano entrambe le condizioni, è stato emesso un atto di accertamento al fine di recuperare l’imposta ad aliquota dell’8 per cento.

Al riguardo occorre precisare che l’imposta sulle successioni e donazioni, in linea generale, prevede aliquote diversificate in base all’eventuale rapporto di parentela, affinità o coniugio, sussistente tra le parti. In particolare, in caso di donazione tra fratelli è prevista l’aliquota del 6% da applicare sul valore della donazione al netto della franchigia di 100mila euro.

A seguito della notifica dell’atto di accertamento, la parte ha presentato ricorso in Commissione tributaria ritenendo, in primo luogo, che la fattispecie concreta non fosse qualificabile come liberalità indiretta, e in secondo luogo che era comunque errata l’aliquota applicata dall’ufficio (8%) in quanto per le donazioni tra fratelli è prevista l’aliquota del 6 per cento.
Le osservazioni della parte sono state respinte sia dalla Ctp di Alessandria che dalla Ctr del Piemonte, con sentenza n. 1066 del 10 ottobre 2019.

I giudici della Corte di cassazione, preliminarmente, hanno affermato che l’articolo 56-bis del Tus, che disciplina le liberalità indirette “…non può ritenersi implicitamente abrogato, trattandosi di disposizione che ha una propria ragion d’essere, oltre che autonomia funzionale” e che la ratio di tale disposizione è quella di fare emergere alcune fattispecie impositive, favorendo l’autodichiarazione del contribuente, sempreché ricorrano determinati presupposti.
Si è ritenuto che, nel caso concreto, si era in presenza di una liberalità indiretta, in quanto era evidente l’intenzione del donante, condivisa dal donatario, di provocare un incremento del patrimonio del beneficiario, con relativo depauperamento del disponente, attraverso il trasferimento di una quota di patrimonio detenuta all’estero.

Tale circostanza, concretizzando un trasferimento gratuito, rientra a pieno titolo nell’ambito di applicazione dell’imposta di donazione.

In merito all’aliquota da applicare, i giudici hanno sostenuto che:

  • l’aliquota del 6% prevista per i trasferimenti tra fratelli (articolo 2, comma 49, Dl n. 262/2006) è applicabile solo nei casi in cui il contribuente porta spontaneamente la liberalità a conoscenza dell’Amministrazione
  • nel caso in cui, come quello in esame, la liberalità viene rilevata direttamente dal Fisco, bisogna applicare l’aliquota dell’8% “…che costituisce attualmente la percentuale massima prevista dalla legge, a prescindere dal rapporto di parentela del beneficiario, così da mantenere la funzione latamente sanzionatoria contemplata dal legislatore”.

In senso conforme, in motivazioni, sono state richiamate le pronunce della Corte di cassazione n. 27665/2020 e n. 735/2022).

In virtù di tali motivazioni è stato ritenuto legittimo l’operato dell’ufficio.

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