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Giurisprudenza

E’applicabile l’imposta di registro a una fusione inversa?

Questo, in sintesi, l’interrogativo a cui è stata chiamata a rispondere la Corte Ue su una richiesta di pronunzia pregiudiziale  della Cassazione

Nel mirino la legittimità dell’applicazione dell’imposta di registro su una operazione di ristrutturazione societaria definibile come fusione "inversa" tra due società per azioni e consistente nella incorporazione, da parte del soggetto controllato, della società che in precedenza possedeva la totalità delle azioni.
La sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Ue il 30 marzo riguarda una richiesta di pronunzia pregiudiziale avanzata dalla Corte di Cassazione in relazione alla legittimità dell’applicazione dell’imposta di registro su un’operazione di ristrutturazione societaria definibile come fusione "inversa" tra due società per azioni consistente nella incorporazione, da parte del soggetto controllato, della società che in precedenza possedeva la totalità delle azioni.
La Cassazione e la ratio della direttiva comunitaria
La richiesta della Cassazione è volta a stabilire se la descritta operazione rientri nell’ambito applicativo della direttiva del Consiglio europeo 69/335/CEE e, come tale, debba essere soggetta alla sola imposta comunitaria o se, invece, debba essere tassata in conformità alla normativa nazionale. La ratio della direttiva 69/335, che disciplina l’applicazione delle imposte indirette sulla raccolta di capitali, è diretta a promuovere la libera circolazione dei capitali per favorire la creazione del mercato unico. In buona sostanza la predetta direttiva mira ad eliminare gli ostacoli fiscali nel settore della raccolta di capitali, creando un’armonizzazione a livello impositivo, per quanto concerne i conferimenti in società.
L’imposta armonizzata
L’articolo 1 della direttiva in esame prevede, appunto, che gli Stati membri applichino una imposta "armonizzata" (la cd. imposta sui conferimenti) per i conferimenti alle società di capitali. Il successivo articolo 4 precisa la portata applicativa dell’imposta in esame ricomprendendovi: l’aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura; l’aumento del patrimonio sociale di una società di capitali mediante conferimento di beni di qualsiasi natura remunerato…con i diritti della stessa natura dei diritti dei soci. Inoltre può essere assoggettato all’imposta sui conferimenti l’aumento del capitale sociale di una società di capitali mediante prestazioni effettuate da un socio che, pur non incidendo direttamente sul capitale sociale, modificano i diritti sociali o aumentano il valore delle quote sociali.
Il contenuto della controversia
Oggetto della fattispecie in esame è, come in precedenza  accennato, l’operazione di ristrutturazione societaria intercorsa tra la Aro Tubi Trafilerie, società per azioni di diritto italiano, che era in toto controllata dalla società "F.lli Saggini Spa" e quest’ultima. La "Aro Tubi  Trafilerie Spa" deteneva a sua volta l’intero capitale sociale della "Aro Tubi Estrusi e Profilati Spa". La "Aro Tubi Trafilerie Spa" ha incorporato, mediante fusione, sia la F.lli Saggini (la sua società controllante) che la Aro Tubi Estrusi e Profilati S.p.a (sua società controllata). Le azioni della società incorporata, F.lli Saggini, sono state ritirate e gli azionisti di quest’ultima hanno ricevuto quale corrispettivo le quote della società incorporante, Aro Tubi Trafilerie Spa, in precedenza detenute dalla controllante, F.lli Saggini. A seguito del predetto atto di fusione, la Aro Tubi Trafilerie Spa, ha acquisito il patrimonio sociale della F.lli Saggini che ricomprende, tra l’altro, immobili, marchi e brevetti.Tale operazione è stata assoggettata ad imposta di registro, nella misura dell’1 per cento del patrimonio della società incorporata, conformemente a quanto prescritto dalla normativa nazionale in vigore all’epoca dei fatti (articolo 4, primo comma, lett. b, della parte prima della tariffa allegata al Dpr n. 131 del 1986). Dopo aver corrisposto l’imposta, la società incorporante ne ha chiesto il rimborso, ritenendola incompatibile con le disposizioni contenute nella direttiva sulla raccolta di capitali.
Il passaggio in Cassazione
A seguito del silenzio-rifiuto formatosi in seno all’Amministrazione fiscale italiana, la controversia è sfociata nelle competenti sedi giurisdizionali sino ad arrivare dinnanzi alla Corte di Cassazione che, nel presupposto che la fattispecie in esame comporti una valutazione di legittimità alla luce di norme e direttive comunitarie, ne ha disposto il rinvio dinnanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee. La valutazione dei giudici comunitari ha preso l’avvio dall’operazione di. fusione inversa per verificare se la stessa possa essere sussunta nell’ambito della previsione normativa di cui  ai richiamati punti 1 e 2 dell’articolo 4 della direttiva 69 del 335. In pratica la Corte è passata all’esame concreto della situazione prospettata per verificare se la fusione inversa abbia comportato un aumento del capitale o del patrimonio sociale della società incorporante mediante conferimento.
Le osservazioni della Corte di Giustizia
Per quanto riguarda il primo aspetto (sussistenza di un aumento di capitale sociale), la Corte osserva preliminarmente che, nel contratto di fusione in atti allegato, si evince espressamente che non verrà effettuato alcun aumento di capitale da parte della società incorporante. Quindi, sia il valore nominale che il numero delle quote sociali della incorporante è rimasto immutato. Né, tantomeno, come ha precisato nelle sue conclusioni l’Avvocato generale, può parlarsi di aumento di capitale sociale latu sensu per il solo fatto che le azioni dell’Aro Tubi Trafilerie, in precedenza detenute dalla F.lli Gaggini, sono state trasferite ai soci di quest’ultima.Qualificare il mero passaggio di quote da un soggetto ad un altro (nell’ambito della medesima realtà societaria) come un aumento del capitale significherebbe, in concreto, accedere a una interpretazione estensiva della nozione di aumento di capitale sociale che è di fatto preclusa, atteso che "le fattispecie elencate nell’articolo 4 della citata direttiva vanno interpretate come concetti autonomi di diritto comunitario, senza far riferimento alle peculiarità dei singoli sistemi giuridici e fiscali degli Stati membri.".

La fusione e l’aumento del patrimonio sociale
Piuttosto, a parere dei giudici comunitari, la fattispecie dedotta in giudizio rientra nell’ambito di applicazione del punto 2 del citato articolo 4 e, cioè, da luogo ad un aumento del patrimonio sociale. In particolare si rileva che a seguito della fusione sono confluiti, nel patrimonio della incorporante, tutti gli elementi dell’attivo della società incorporata (che, tra l’altro, non era sovraindebitata). L’atto di fusione ha avuto, quindi, l’effetto di aumentare il patrimonio sociale della incorporante, le cui quote sociali hanno in concreto assunto un valore maggiore. Da ciò ne consegue che la fusione ben può qualificarsi come un conferimento in società rientrante nell’ambito applicativo dell’articolo 4, n.2 della direttiva 69/335. La direttiva Ue e i casi di esonero dall’impostaLa Corte, però, rileva che l’articolo 7 delle predetta direttiva espressamente esonera dall’imposta sui conferimenti talune operazioni di ristrutturazione societaria che presentano precise caratteristiche che si rinvengono nell’operazione di fusione dedotta in giudizio. Difatti, rilevano i giudici, nel caso in esame il conferimento della totalità del patrimonio avviene tra società di capitali già esistente. Tale conferimento viene remunerato esclusivamente attraverso l’attribuzione di quote sociali (le azioni della società incorporante). Infine tutte le società partecipanti alla fusione hanno la sede legale (o di direzione effettiva) nel medesimo Stato membro.

Le conclusioni della Corte
A parere della Corte, pertanto, pur essendo la fattispecie in esame astrattamente assoggettabile all’imposta sui conferimenti di cui alla direttiva citata, essa tuttavia ne è esente in quanto ricorrono le condizioni per la esenzione descritte analiticamente dall’articolo 7 della direttiva medesima. Non sussistono, pertanto, le condizioni perché la predetta operazione di fusione sia assoggettata all’imposta di registro (nazionale) prelevata in misura proporzionale al valore dell’operazione.
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