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Giurisprudenza

Emissione di fatture “fasulle”,
il destinatario concorre al reato

La ratio del sistema penale tributario non esclude l’ipotesi di “complicità” tra chi le produce e il contribuente che le riceve: la condotta del primo è naturalmente connessa all’operato dell’altro

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 41124, dello scorso 8 ottobre, ha ribadito che il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo l’ordinaria disciplina dettata dall’articolo 110 del codice penale, con l’emittente, per il reato previsto dall’articolo 8 del Dlgs n. 74/2000, in quanto non è applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall’articolo 9  dello stesso decreto legislativo.

Il processo
La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale capitolino, dichiarava il non doversi procedere per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili, in relazione al reato previsto dall’articolo 8 del Dlgs n. 74/2000, a carico dell’amministratore delegato della società destinataria di fatture relative a operazioni inesistenti, che aveva concorso nell’emissione delle stesse.
Avverso la predetta sentenza di secondo grado, il rappresentante legale della società proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi di diritto, di cui, solo il primo, appare di interesse ai nostri fini.

Il ricorso dell’amministratore
Il ricorrente lamentava, in particolare, la violazione degli articoli 9 del Dlgs n. 74/2000 e 125, comma 3, cpp, nonché la mancanza di motivazione in relazione alle doglianze decisive, dedotte nei motivi di appello, in ordine alla deroga al concorso di persone nel reato di cui all’articolo 9 del Dlgs richiamato, tra chi si avvale di fatture per operazioni inesistenti e chi le ha emesse.
In altri termini, a parere del ricorrente, nel caso di specie, a fronte della desistenza dal commettere il reato di cui all’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000, con la presentazione di una dichiarazione corretta e senza danno, sarebbe incongruo e contrario a tutto il sistema delineato dallo stesso Dlgs n.74/2000 reintegrare arbitrariamente i criteri ordinari ex articolo 110 del codice penale.
In sostanza, l’addebito mosso nei propri confronti, di concorso nella emissione di fatture per operazioni inesistenti, si sarebbe tradotto in violazione del disposto del richiamato articolo 9, stante la veste del ricorrente stesso di legale rappresentante della società destinataria di dette fatture.

La pronuncia di legittimità
Al contrario dell’assunto di parte ricorrente, la Corte suprema evidenzia che la ratio dell’articolo 9 del Dlgs n. 74/2000 riposa nell’esigenza di evitare che la sola circostanza di utilizzazione, da parte del destinatario, delle fatture per operazioni inesistenti possa integrare anche il concorso nell’emissione delle stesse così come, all’inverso, il solo fatto dell’emissione delle medesime possa integrare il concorso nella utilizzazione, da parte del destinatario che le abbia indicate in dichiarazione.
In altri termini, la norma ha inteso evitare la sostanziale sottoposizione per due volte a sanzione penale dello stesso soggetto per lo stesso fatto, giacché l’emissione trova la sua naturale conseguenza nella utilizzazione mentre l’utilizzazione trova il suo naturale antecedente nell’emissione: né l’emissione né l’utilizzazione sono, dunque, fini a se stesse, sicché, ove l’emissione integrasse anche il concorso nella utilizzazione così come l’utilizzazione integrasse anche il concorso nella emissione, il risultato sarebbe quello di una sostanziale violazione del divieto di bis in idem, che la norma ha dunque inteso scongiurare.

Alla luce di quanto sopra, conclude la Cassazione, è ovvio ritenere che tale violazione non operi allorquando, come nel caso di specie, il destinatario delle fatture non ne abbia fatto utilizzazione, circostanza questa riconosciuta e dedotta dalla stessa parte ricorrente, che del resto non era stata imputata per il reato previsto dall’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000.
Al contrario, sarebbe del tutto irrazionale il risultato a cui si perverrebbe seguendo l’assunto dell’imputato, ossia una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale, in relazione all’emissione della documentazione fittizia, per il solo fatto di non avere utilizzato poi quella stessa documentazione.

Il principio di diritto ribadito
I giudici della Cassazione, quindi, dopo essersi pronunciati sulle altre questioni di diritto, con riferimento alla fattispecie in esame hanno stabilito quanto segue: “il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti può concorrere, ove ne sussistano i presupposti, secondo l'ordinaria disciplina dettata dall'art. 110 c.p., con l'emittente, non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall'art. 9 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (già in tal senso Sez. 3, n. 14862 del 17.3.2010)”.
La Corte suprema, in verità, ha già avuto occasione di esprimere tale principio di diritto affermando che il “potenziale utilizzatore” della fattura, ossia colui che “non dichiara”, anche se “si avvale” del documento (Cassazione, n. 1894/2012) può essere punito, se si verificano i presupposti di cui all’articolo 110 cp, per il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ai sensi dell’articolo 8 del Dlgs n. 74/2000 (così, Cassazione nn. 24167/2003, 14862/2010, 16550/2011 e 9281/2012).
E questo poiché, come già precedentemente statuito dalla stessa Corte nelle sentenze richiamate, “una diversa interpretazione determinerebbe una situazione di irrilevanza penale nei confronti di chi abbia posto in essere comportamenti riconducibili alla previsione concorsuale in relazione all’emissione della documentazione fittizia senza successivamente utilizzare le fatture o gli altri documenti relativi a operazioni inesistenti per essere avvenuti gli accertamenti fiscali prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, poiché questi non potrebbe essere sanzionato né a norma dell’art. 8, a titolo di concorso, né a norma dell’art. 2, a titolo di tentativo”.

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