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Giurisprudenza

Erogazione di energia elettrica,
è cessione di beni ai fini Iva

La Corte Ue precisa che, anche se frutto della condotta illecita di un terzo, non rientra nell’ambito delle attività che presentano carattere trascurabile e deve quindi essere soggetta a imposta

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L’erogazione di energia elettrica da parte di un gestore del sistema di distribuzione, anche se frutto della condotta illecita di un terzo, costituisce una cessione di beni ai fini Iva. Questo il principio espresso con la pronuncia della Corte di giustizia europea, causa C 677/2021, depositata oggi 27 aprile 2023. Gli eurogiudici precisano, inoltre, che nel caso in esame la cessione di energia elettrica effettuata dal gestore nel contesto di un prelievo illegale di energia elettrica non rientra nell’ambito delle attività che presentano carattere trascurabile e deve quindi essere assoggettata a Iva.

La fattispecie e le questioni pregiudiziali    
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 2006/112/Ce sull’Iva ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il gestore del sistema di distribuzione di energia elettrica ad un consumatore di energia elettrica, in merito al pagamento di una fattura relativa a un prelievo illegale di energia elettrica.
La fattispecie è stata esaminata dalla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte UE alcune questioni pregiudiziali.

La prima e la seconda questione pregiudiziale
Con la prima e la seconda questione pregiudiziale, il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, o con l’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che l’erogazione di energia elettrica da parte di un gestore del sistema di distribuzione, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, costituisca una cessione di beni ai sensi dell’una o dell’altra di queste ultime due disposizioni.
Con riferimento all’attività di erogazione di energia elettrica, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, il principio di neutralità fiscale osta, nell’ambito del prelievo Iva, ad una distinzione generalizzata tra le operazioni lecite e le operazioni illecite, dato che il sistema dell’Iva mira a gravare sul consumatore finale di beni o servizi qualora questi ultimi siano stati ceduti o forniti nell’ambito di operazioni imponibili in applicazione della direttiva n. 2006/112.
D’altra parte, fermo restando che l’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva assimila l’energia elettrica a un bene materiale, la cessione di un tale bene, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, deve essere effettuata ‘a titolo oneroso’, il che implica l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo.
Tale nesso diretto esiste qualora tra l’autore della cessione di beni e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e il compenso ricevuto dall’autore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario.
Nella fattispecie in esame, il nesso diretto tra l’energia elettrica illegalmente consumata e la somma richiesta come corrispettivo risulta poiché il consumatore ha prelevato l’energia elettrica al suo indirizzo di residenza ed il gestore ha potuto stabilire la quantità così prelevata effettuando una misurazione del consumo effettuato tramite lettura del contatore. L’importo corrispondente al costo dell’energia elettrica illegalmente consumata è stato quindi incluso nella somma richiesta al consumatore.
Come evidenziato dal gestore, anche se l’erogazione di energia elettrica è avvenuta senza la conclusione di un contratto, i rapporti tra il consumatore clandestino e il gestore del sistema di distribuzione di energia elettrica sono disciplinati dal regolamento di allacciamento, che definisce la nozione di “prelievo illegale” e prevede l’imputazione del consumo che ne deriva da parte del gestore del sistema di distribuzione al soggetto che ha effettuato tale prelievo.
D’altra parte, sia la legge regionale sull’energia sia il decreto sull’energia disciplinano l’ipotesi del prelievo di energia elettrica senza stipulare un contratto commerciale e senza informarne il gestore del sistema di distribuzione, stabilendo le modalità secondo cui viene fissata l’indennità che rappresenta il vantaggio indebitamente ottenuto dal consumatore.
Pertanto, una cessione di beni che presenti tali caratteristiche, corrisponde a una cessione di beni effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 2006/112.
L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva n. 2006/112 non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale applicabile ma comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario.
Tale nozione ha un carattere oggettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi.
Nella fattispecie in esame risulta che il gestore ha erogato energia elettrica al consumatore, ritenendo di rifornire il cliente e nel contempo quest’ultimo si è comportato come tale nei confronti del gestore agendo come se ne fosse il proprietario, consumando l’energia elettrica erogata dalla compagnia.
Il prelievo sul sistema di distribuzione coincide con il consumo del bene e quest’ultimo corrisponde non solo all’uso di tale bene, ma anche alla sua alienazione.
Una cessione di beni avvenuta in circostanze come quelle di cui alla controversia in esame deve, quindi, essere considerata come il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112.
 
Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva n. 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l’erogazione di energia elettrica da parte di un gestore di un sistema di distribuzione, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, costituisce una cessione di beni effettuata a titolo oneroso comportante il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale.

La terza e la quarta questione pregiudiziale
Con la terza e la quarta questione pregiudiziale, il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva n. 2006/112 debba essere interpretato nel senso che la cessione di energia elettrica da parte di un gestore del sistema di distribuzione, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, costituisce un’attività economica e, ammettendo che ciò avvenga, se, in primo luogo, un operatore che esercita una tale attività, agisca in quanto pubblica amministrazione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, di tale direttiva e, in secondo luogo, in caso affermativo, tale disposizione debba essere interpretata nel senso che tale prelievo corrisponde a un’attività non trascurabile dell’operatore.
Un’attività, in via generale, viene qualificata come economica quando presenta un carattere permanente ed è svolta a fronte di un corrispettivo percepito dall’autore dell’operazione.
Nella fattispecie in esame, il giudice ‘a quo’ non interroga la Corte sulla qualificazione dell’attività di un operatore che agisce in qualità di gestore del sistema di distribuzione il che è del resto confermato dalla formulazione stessa dell’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva n. 2006/112, che prevede l’assoggettamento all’Iva, in linea di principio, dell’erogazione di energia elettrica anche quando è opera di un ente di diritto pubblico che agisce in quanto pubblica amministrazione.
Sottolineando il criterio della volontà dell’operatore di ricavare introiti aventi un carattere di stabilità, il giudice ‘a quo’ richiama l’attenzione della Corte Ue sul carattere non auspicato dall’operatore e, dall’altro, isolato, del prelievo illegale di energia elettrica effettuato dal consumatore.
Come risulta dalla consolidata giurisprudenza della Corte, al fine di stabilire se un’operazione determinata rientri nell’ambito di un’attività economica, occorre esaminare l’insieme delle condizioni in cui essa è realizzata.
Al riguardo, risulta che il gestore è tenuto ad effettuare l’erogazione in favore di chiunque non disponga più di un contratto presso un distributore commerciale e che si sia previamente segnalato presso di esso.
Pertanto, quest’ultimo può essere indotto, nei limiti in cui ciò risulti necessario, ad esercitare direttamente un ruolo di fornitore di energia elettrica, cosicché una tale attività non ha carattere marginale e, per di più, lungi dall’essere estranea alla sua attività di gestore del sistema di distribuzione di energia elettrica, non può essere separata dai suoi compiti considerati nel loro insieme.
Inoltre, sulla base della disciplina locale è stata prevista la possibilità del prelievo illegale di energia, in particolare di energia elettrica, con apposita disciplina delle conseguenze sia amministrative che pecuniarie, il che impedisce di considerare tale fenomeno come un evento saltuario e isolato, essendosi dimostrato sufficientemente presente e ripetuto così da giustificare un intervento normativo.
Il rischio di perdite a seguito di un furto, di dover sopportare a proprie spese i quantitativi di energia elettrica persi a causa del prelievo illegale di quest’ultima da parte di un terzo, costituisce un rischio commerciale tipico di un’attività economica, nella fattispecie quella di gestore di un sistema di distribuzione di energia elettrica.
Di conseguenza, la Corte ritiene che, salva una verifica degli elementi di fatto da parte del giudice del rinvio, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva n. 2006/112 debba essere interpretato nel senso che la cessione di energia elettrica da parte di un gestore del sistema di distribuzione, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, costituisce un’attività economica di tale gestore in quanto traduce un rischio relativo alla sua attività di gestore di un sistema di distribuzione di energia elettrica.
Pur ammettendo, da un lato, che il gestore sia un ente di diritto pubblico ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva n. 2006/112, e, dall’altro lato, che agisca in quanto pubblica amministrazione nel fornire energia elettrica al consumatore, tale cessione di beni dovrebbe, in linea di principio, essere soggetta ad Iva, a meno che l’attività del gestore non possa essere considerata trascurabile.
Di conseguenza, occorre determinare quali possano essere prestazioni trascurabili, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva n. 2006/112, e se l’erogazione di energia elettrica da parte di un gestore del sistema di distribuzione di energia, nel contesto di un prelievo illegale di energia elettrica, possa rientrare in tale ambito.
Prevedendo, in tale disposizione, che le attività elencate nell’allegato I di tale direttiva, quali l’erogazione di energia elettrica, siano, in ogni caso, a meno che non siano trascurabili, assoggettate all’Iva, quand’anche le stesse siano esercitate da enti di diritto pubblico in veste di pubblica amministrazione, il legislatore dell’Unione europea ha cercato di evitare che si verifichino distorsioni della concorrenza.
Ne consegue che la nozione di carattere trascurabile dell’attività costituisce una deroga alla regola generale dell’assoggettamento all’Iva di qualsiasi attività di natura economica. Tale nozione deve quindi essere interpretata restrittivamente.
Pertanto, solo laddove l’attività di cui all’allegato I della direttiva n. 2006/112, svolta da un ente di diritto pubblico che agisce in veste di pubblica amministrazione, possa essere considerata di portata minima, nello spazio o nel tempo e, di conseguenza, di un impatto economico talmente lieve che le distorsioni della concorrenza che potrebbero derivarne sarebbero, se non nulle, quanto meno insignificanti, tale attività non è soggetta all’Iva.
Ciò non accade nel caso della cessione di energia elettrica effettuata da un gestore anche nel contesto di un prelievo illegale di energia elettrica, poiché tale gestore è stato indotto a definire le conseguenze amministrative e pecuniarie di prelievi illegali, ciò costituendo l’indizio del loro carattere significativo.
Di conseguenza, una cessione di energia elettrica come quella prevista nella controversia in esame non rientra nell’ambito di un’attività che presenta un carattere trascurabile e deve quindi essere assoggettata all’Iva.

Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva n. 2006/112 deve essere interpretato nel senso che la cessione di energia elettrica da parte di un gestore di un sistema di distribuzione, ancorché involontaria e frutto della condotta illecita di un terzo, costituisce un’attività economica effettuata da tale gestore in quanto traduce un rischio inerente alla sua attività di gestore di un sistema di distribuzione di energia elettrica. Anche supponendo che tale attività economica sia esercitata da un ente di diritto pubblico che agisce in qualità di pubblica amministrazione, una tale attività, menzionata all’allegato I di tale direttiva, può essere considerata trascurabile ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, terzo comma, di tale direttiva solo se essa è di portata minima, nello spazio e nel tempo e, di conseguenza, ha un impatto economico talmente lieve che le distorsioni della concorrenza che ne possono derivare sarebbero, se non nulle, quantomeno insignificanti.

Data sentenza
27 aprile 2023

Numero sentenza
Causa C- 677/2021

Nome delle parti
Fluvius Antwerpen
contro
MX

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