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Giurisprudenza

Esenzione donazioni di quote,
la residenza non cambia le regole

L’intento della norma è agevolare il passaggio generazionale dell’azienda, preservandone l’efficienza, la funzionalità e l’unitarietà a prescindere dalla sede della società

eredità

I trasferimenti gratuiti di quote o azioni di società non residenti possono godere dell’esenzione da imposta di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del Testo unico sulle successioni e donazioni, purché ricorrano gli stessi presupposti previsti per i trasferimenti di quote o azioni di società residenti.
È il principio affermato dalla Corte di cassazione con le sentenze, di contenuto pressoché identico, n. 5674 e n. 5692 del 23 febbraio 2023.

In entrambi i casi la vicenda riguarda un atto mediante cui una contribuente aveva donato azioni di una società lussemburghese in favore dei propri figli e nipoti.
In sede di registrazione dell’atto notarile era stata applicata l’esenzione da imposta sulla base dell’articolo 3, coma 4-ter del Dlgs n. 346/1990.
La disposizione prevede l’agevolazione per i trasferimenti a favore di discendenti e del coniuge di aziende, quote sociali, azioni.

La stessa disposizione stabilisce che:

  • in caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera a), del Testo unico delle imposte sui redditi, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile
  • il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso.

A seguito del controllo dell’atto, l’ufficio territoriale ha emesso un avviso di liquidazione ritenendo che l’esenzione da imposta non fosse applicabile in quanto:

  • il trasferimento delle azioni non era idoneo a consentire ai donatari di acquisire o integrare il controllo della società
  • in atto i donatari non avevano reso alcuna dichiarazione in merito al mantenimento del controllo della società per almeno 5 anni.

Di conseguenza, è stata richiesta l’applicazione dell’imposta di donazione nella misura ordinaria.
Il ricorso dei contribuenti è stato accolto dalla Ctp di Lodi, la cui decisione è stata poi ribaltata dalla Ctr della Lombardia, con sentenza n. 3189 del 28 dicembre 2020.

La tesi delle parti si basava su un’interpretazione letterale della norma sopra riportata, nella parte in cui richiama l’articolo 73, comma 1, lettera a) del Tuir. La disposizione, come evidenziato dalla Corte di cassazione con le pronunce in commento, “…fa esclusivo riferimento alle s.p.a., alle s.a.p.a., alle s.r.l., alle società cooperative e alle società di mutua assicurazione “residenti nel territorio dello Stato.”  

La circostanza che la norma esentativa, nell’indicare le condizioni che devono sussistere ai fini dell’agevolazione, richiama una norma del Tuir, che contempla solo le società residenti nello Stato, attestava, secondo la tesi delle parti, che:

  • in caso di trasferimento di azioni di società residenti nello Stato, l’esenzione deve essere applicata solo se ricorrono le condizioni indicate nella norma stessa (in particolare, il mantenimento del controllo della società per almeno 5 anni)
  • in caso di trasferimento di azioni di società non residenti nello Stato, l’esenzione deve essere applicata a prescindere dalle condizioni indicate nella norma, in quanto, quest’ultima richiama solo le società residenti.

I giudici hanno, innanzitutto, evidenziato che la ratio della norma agevolativa è quella di agevolare il passaggio generazionale dell’azienda, preservandone l’efficienza la funzionalità e l’unitarietà.
In relazione alle società non residenti, si è affermato che ritenere inapplicabile nei loro confronti l’esenzione in esame, implicherebbe un contrasto con la libertà di stabilimento e di iniziativa economica nel territorio Ue.

Riconosciuta, in astratto, l’applicabilità del beneficio fiscale in esame anche alle società non residenti, i giudici hanno, però, affermato che, anche in relazione alle quote e azioni di società non residenti, devono ricorrere, ai fini dell’esenzione, le stesse condizioni richieste ai fini della concessione dell’agevolazione per le società residenti.
In caso contrario, alle società non residenti sarebbe riconosciuto un trattamento più favorevole rispetto a quello riconosciuto alle società residenti. Tale regime di favore “…sarebbe privo di logica dal punto di vista interno rispetto ai principi di ragionevolezza e di capacità contributiva (art. 3 e 52 Cost.) e dal punto di vista unionale rispetto al già ricordato principio di libertà di stabilimento”.

È stato, quindi, affermato il principio di diritto in base al quale il trattamento di favore di cui all’articolo 3, comma 4-ter del Tus, è applicabile anche per le partecipazioni di società non residenti in Italia, ma comunque residenti nell’Unione europea, ma l’esenzione “…è subordinata alle stesse condizioni richieste dal medesimo articolo con riferimento alle partecipazioni in società residenti in Italia….”.

Considerato che, nel caso esaminato:

  • le azioni trasferite non erano idonee a consentire ai donatari di integrare o acquisire il controllo della società
  • non era stata resa alcuna dichiarazione in merito al mantenimento del controllo per cinque anni

i giudici hanno confermato la legittimità dell’avviso di liquidazione emesso dall’ufficio.

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