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Giurisprudenza

Esenzione Iva solo per chiropratico
con una formazione adeguata

È indispensabile la presenza di un regolamento di attuazione che permette l’individuazione del profilo professionale del dottore e del relativo percorso didattico

chiropratico

Perché sia riconosciuta l’esenzione dell’Iva al chiropratico è necessario che le prestazioni alla persona garantiscano sufficienti livelli di qualità e che siano svolte da soggetti che abbiano ricevuto una formazione somministrata da istituti riconosciuti dallo Stato.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 21108 del 2 ottobre 2020 con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
 
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
Ribaltato l’esito dei gradi di merito che avevano visto l’annullamento degli avvisi di accertamento facendo leva sull’attività di fisioterapista, pacificamente esente ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 18) del Dpr n. 633/1972.
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
I giudici hanno fatto comunque un’apertura all’esenzione dell’attività di chiropratico alla luce soprattutto della giurisprudenza comunitaria, pur dando atto dell’esistenza di una normativa interna frammentata.
Infatti, l’articolo 2, comma 355, della legge n. 244/2007, pur avendo inquadrato il chiropratico tra i professionisti sanitari di primo grado, rinvia ad un regolamento di attuazione per la definizione dei caratteri della professione di chiropratico e per l’esercizio concreto di quest’ultima, regolamento mai adottato. Sul punto la Cassazione, con diversi precedenti, ha sottolineto l’importanza del regolamento di attuazione quale atto indispensabile per l’individuazione del profilo professionale del dottore in chiropratica e del relativo percorso didattico (cfr Cassazione n. 8145/2019). Al di là della mancata istituzione del registro, neanche il corso di laurea magistrale in chiropratica è stato attivato nell’ordinamento italiano.
La giurisprudenza della Corte di giustizia adotta un approccio molto più sostanzialista.
Secondo la sentenza del 27 giugno 2019 resa nella causa C-597/17, dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112 deriva che una prestazione va esentata se soddisfa a due condizioni, cioè, da una parte, se costituisce una prestazione sanitaria alla persona e, dall’altra, se viene effettuata nel contesto dell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali definite dallo Stato membro interessato.
Anche se spetta agli Stati membri verificare che i prestatori di cure mediche interessati possiedano le qualifiche professionali a tal fine necessarie (vedi, in tal senso, sentenza del 27 aprile 2006, Solleveld e van den Hout-van Eijnsbergen, C 443/04 e C 444/04, EU:C:2006:257, punti 37 e 38), tale obbligo non implica necessariamente che detti prestatori esercitino una professione disciplinata dalla normativa dello Stato membro interessato, in quanto possono essere prese in considerazione altre efficaci modalità di controllo delle loro qualifiche professionali, in funzione dell’organizzazione delle professioni mediche e paramediche in tale Stato membro. Di conseguenza il beneficio dell’esenzione non può essere necessariamente riservato a coloro che esercitano una professione regolamentata dalla legislazione dello Stato membro interessato, in quanto non si può escludere, in via generale e assoluta, che coloro che svolgono tali prestazioni fuori dell’ambito di tale professione dispongano delle qualifiche necessarie per garantire cure di livello qualitativo sufficiente per essere considerate simili a quelle proposte dagli appartenenti ad una categoria siffatta, in particolare qualora abbiano seguito una formazione proposta da istituti di insegnamento riconosciuti da detto Stato membro.
Quindi la questione viene traslata sul piano squisitamente probatorio.
 
La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio ad altra sezione della Ctr che si atterrà al seguente principio di diritto: “In tema di Iva, il riconoscimento dell’esenzione, prevista dall’articolo 10, comma 1, numero 18, del Dpr n. 633/72, al chiropratico che rende una prestazione di cura alla persona, richiede l’accertamento che la prestazione garantisca un sufficiente livello di qualità e che chi la rende sia munito di formazione adeguata somministrata da istituti d’insegnamento riconosciuti dallo Stato, anche in mancanza dell’istituzione del registro dei dottori in chiropratica e dell’attivazione del relativo corso di laurea magistrale”.
 
Ulteriori osservazioni
Sul punto si ricorda che l'Agenzia delle entrate, (con risoluzione 197/E del 2009) aveva chiarito che non possono considerarsi operazioni esenti da Iva le prestazioni rese dai chiropratici che non possono inquadrarsi tra e prestazioni sanitarie. L'Agenzia, intervenuta con il chiarimento in seguito alla richiesta di un chiropratico, ha evidenziato che la Finanziaria 2008 (Legge 244/2007), che prevede l'istituzione di un registro ad hoc dei dottori in chiropratica presso il ministero della Salute, sebbene inquadri il chiropratico tra i professionisti sanitari di grado primario, rimanda però la definizione delle competenze specifiche di questa figura a un decreto attuativo, ancora non emanato.
La indispensabilità del regolamento di attuazione per la definizione dei caratteri della professione di chiropratico e per l’esercizio concreto di quest’ultima è stata ribadita anche dalla legge Lorenzin il cui articolo 7 ha rinviato a un accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni che deve individuare le funzioni caratterizzanti della professione, compresi i criteri di valutazione dell’esperienza e per il riconoscimento dei titoli equipollenti. E prevede un decreto di Miur e ministero della Salute per definire la formazione accademica necessaria e gli eventuali percorsi formativi integrativi.
La pronuncia in commento, con approccio tipico della giurisprudenza della Corte di giustizia, rimette la questione sul piano dei requisiti di natura sostanziale, con onere della prova a carico del soggetto che chiede l’esenzione.

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