L’articolo 8, comma 1, lettera c) del Dpr n. 2083/1962 che prevede per il personale Nato in servizio una speciale forma di esenzione dal pagamento delle “imposte erariali e locali sui redditi derivanti dagli stipendi ed emolumenti”, essendo norma eccezionale, di stretta interpretazione, non si estende ai trattamenti pensionistici percepiti dagli stessi contribuenti. Ciò anche alla luce delle conclusioni delle sezioni unite (n. 974/1997) secondo cui gli emolumenti pensionistici, anche qualora siano erogati dallo stesso datore di lavoro e abbiano natura di “retribuzione differita”, conservano la loro funzione previdenziale e non sono equiparabili ai redditi da lavoro dipendente.
Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza 2051 del 30 gennaio 2020, con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Il fatto e la pronuncia della Cassazione
La vicenda parte da un avviso d’accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato l'imposta dovuta sulla pensione erogata alla contribuente dalla Nato, sul presupposto che i trattamenti pensionistici hanno natura di retribuzione differita in quanto la ragione dell'obbligazione del datore di lavoro risiede nel pregresso rapporto di lavoro ormai cessato.
La Ctr della Campania, accogliendo l’appello della contribuente, ha definito le pensioni percepite come forma di "retribuzione differita", ritenendo di poter estendere l'applicazione dell'esenzione anche al trattamento pensionistico del contribuente.
A tal proposito l’Agenzia delle entrate ha denunciato violazione di legge e il suo ricorso è stato accolto.
Secondo la Cassazione, infatti, l'articolo 8, comma 1, lettera c) del citato Dpr n. 2083/1962, ai fini dell’esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, presuppone per l'applicabilità del beneficio due condizioni tassative, ossia che si tratti di "redditi derivanti da stipendi ed emolumenti" e che essi siano corrisposti al personale civile "dai quartieri generali interalleati nella loro qualità di impiegati di detti quartieri generali". La disposizione normativa fa, quindi, esclusivo riferimento agli stipendi e agli "emolumenti" percepiti in costanza del rapporto lavorativo, senza menzionare le pensioni corrisposte dopo la cessazione del medesimo.
Tale limitazione, come è stato evidenziato nella risoluzione n. 285/2009 dell'Agenzia delle entrate, trova la sua ratio nella funzione stessa della norma che ha lo scopo di prevedere un trattamento speciale in relazione alle finalità istituzionali perseguite dalle organizzazioni internazionali attraverso la loro struttura, della quale fa parte il personale in servizio, per cui tale regime agevolativo non trova applicazione per coloro che non vi prestano più la loro opera.
La non equiparabilità tra retribuzione e trattamento pensionistico è stata affermata anche dalla giurisprudenza lavoristica, secondo cui gli emolumenti pensionistici, anche qualora siano erogati dallo stesso datore di lavoro e abbiano natura di "retribuzione differita", conservano la loro funzione previdenziale e non sono esattamente equiparabili ai redditi da lavoro dipendente, perché sono ascrivibili alla categoria delle erogazioni solo in senso lato in relazione di corrispettività con la prestazione lavorativa (cfr ss.uu. n. 974/1997).
Tale interpretazione (resa alla luce del dato letterale, delle disposizioni interne sulle norme eccezionali e sulla base della giurisprudenza lavoristica) è conforme anche alle norme sovranazionali.
Infatti, il regolamento pensionistico delle “organizzazioni coordinate”, tra le quali rientra la Nato, articolo 42, (“Pensioni soggette alla legislazione fiscale nazionale”), prevede, al comma 1, che “la pensione e l’adeguamento sono tassabili quali redditi ai sensi della legislazione fiscale in vigore in tale paese”, ossia sono assoggettate a imposizione nello Stato di appartenenza in cui risiede il beneficiario e secondo le disposizioni contenute nella legislazione fiscale dello Stato stesso.
Il regolamento sopra richiamato, per quello che attiene il trattamento tributario delle pensioni erogate ai dipendenti della Nato, non introduce una disciplina difforme rispetto a quanto già previsto dalle fonti internazionali Nato, le quali, con riguardo alle esenzioni fiscali, escludono dalla tassazione i soli salari e gli emolumenti, e dunque quelle attribuzioni che sono erogate in costanza del rapporto di lavoro, senza fare mai riferimento al trattamento pensionistico.
Del resto tale conclusione è ulteriormente avvalorata dalla considerazione che lo schema pensionistico applicato alle "organizzazioni coordinate" prevede anche il meccanismo del tax adjustment, ovvero del rimborso ai pensionati delle organizzazioni di circa il 50% delle imposte sul reddito.
Sembra quindi consolidarsi un orientamento favorevole alla tesi erariale dopo la sentenza 705 del 2019 dello stesso tenore di quella in commento.
Le esenzioni per gli stipendi Nato
non valgono in caso di pensioni
La norma alla base dell’esonero fa esclusivo riferimento agli “emolumenti” percepiti in costanza del rapporto lavorativo, senza menzionare i trattamenti corrisposti dopo la cessazione dello stesso
