Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

La falsa documentazione integra
il reato di dichiarazione fraudolenta

Utilizzare certificazioni sanitarie “fasulle” per applicare illegittimi sconti d’imposta non produce violazioni di carattere amministrativo ma genera illeciti penali

testo alternativo per immagine
Il delitto di dichiarazione fraudolenta di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000 si configura non solo quando il contribuente, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, utilizza fatture false, ma anche quando si serve di un qualsiasi altro tipo documento che risulti non veritiero sul piano materiale o ideologico (ad esempio, ricevute per spese mediche o per interessi su mutui e schede carburante).È quanto chiarito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 27392 dell’11 luglio 2012.

I fatti di causa
Gli indagati erano stati accusati di aver creato un’associazione criminosa la quale, attraverso la predisposizione di documentazione sanitaria materialmente falsa (apparentemente emessa da cliniche private), consentiva a numerosi contribuenti di presentare dichiarazioni dei redditi fraudolente per poi giovare, successivamente, di rimborsi Irpef non dovuti, il cui ammontare veniva parzialmente riversato all’associazione.
 
A seguito della contestazione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, il giudice per le indagini preliminari aveva disposto la misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
Tale provvedimento veniva poi annullato dal Tribunale del riesame, il quale rilevava che, essendo le falsità contestate di natura materiale e non ideologica, le frodi commesse dovevano ritenersi rientrare nell’ipotesi di dichiarazione infedele di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 74/2000 o, al massimo, nell’ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui al precedente articolo 3.
 
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il pubblico ministero, il quale deduceva l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 2 del Dlgs 74/2000 e dell’articolo 322-ter cp, ritenendo sufficiente, ai fini della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, la falsità materiale dei documenti in contestazione.

La motivazione
Con sentenza n. 27392/2012, la Cassazione ha accolto il ricorso del pubblico ministero, dopo aver fotografato gli orientamenti giurisprudenziali esistenti in materia.
 
In particolare, secondo un primo orientamento, l’utilizzazione di un documento materialmente falso non può ricondursi nella fattispecie di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 74/2000, bensì in quella del successivo articolo 4 (Cassazione, sentenze 32493/2004 e 12720/2008).
Secondo un altro orientamento, invece, la previsione dell’articolo 2 del Dlgs 74/2000 deve ritenersi applicabile sia al falso ideologico che a quello materiale, stante il rapporto di specialità reciproca sussistente tra la dichiarazione fraudolenta e quella infedele. La Cassazione evidenzia, infatti, che “ad un nucleo comune, costituito dalla dichiarazione infedele, si aggiungono, in chiave specializzante, nell’art. 2, l’utilizzazione di fatture e documenti equiparabili relativi ad operazioni inesistenti e, nell’art. 3, la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie congiunta con l’utilizzo di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e la previsione di una soglia minima di punibilità” (Cassazione, sentenze 12284/2007, 9673/2011 e 48486/2011).
 
Con la sentenza in commento, la Corte suprema, nell’aderire al secondo orientamento illustrato, introduce le seguenti argomentazioni:
  • il previgente articolo 4 del Dl 429/1982 sanziona, alla lettera a), il falso materiale e, alla lettera d), il falso ideologico, assoggettando entrambe le condotte illecite a un identico regime sanzionatorio
  • la condotta di cui all’articolo 2 del Dlgs 74/2000 presenta una “struttura bifasica”. Infatti, da un lato, la dichiarazione può rappresentare un falso contenutistico, dall’altro, la condotta preparatoria, che si sostanzia nella registrazione o detenzione a fini della prova dei documenti che costituiranno il supporto della dichiarazione, può avere a oggetto sia documenti falsi nel contenuto, perché emessi da altri soggetti in favore dell’utilizzatore sia documenti materialmente falsi, in quanto contraffatti o alterati (Cassazione, sentenza 5642/2011; sulla irrilevanza tra falsità materiale e falsità ideologica ai fini della configurabilità del delitto di dichiarazione fraudolenta, Cassazione, sentenza 2156/2011)
  • l’articolo 1, lettera a), del Dlgs 74/2000 precisa che per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” – cui fa riferimento il successivo art. 2 – si deve intendere “le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
 
Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione, con la sentenza n. 27392, conclude nel senso che “Gli altri documenti che vengono in rilievo sono, dunque, quelli aventi, ai fini fiscali, valore probatorio analogo alle fatture (documenti tipici fiscali previsti espressamente dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21)”, per poi precisare che “Tali sono, ad esempio, oltre alle ricevute fiscali e simili, quei documenti da cui risultino spese deducibili dall’imposta, come le ricevute per spese mediche o per interessi su mutui, le schede carburanti etc.”.
Si tratta, in buona sostanza, di tutti quei “documenti che attualmente non devono essere allegati alla dichiarazione dei redditi ma conservati per eventuali controlli da parte degli uffici”.
 
Conclusioni
Il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di documenti per operazioni inesistenti si configura nell’ipotesi in cui il contribuente, al fine di far apparire elementi passivi fittizi, indica in dichiarazione spese deducibili non effettuate o effettuate in misura inferiore.
La falsità può riguardare sia il contenuto del documento, nel caso in cui si attesti che è stata eseguita un’operazione in realtà non eseguita oppure nel caso in cui venga previsto un importo superiore rispetto a quella reale sia l’indicazione dei soggetti tra i quali è intercorsa l’operazione (ad esempio, soggetti che non hanno preso parte all’operazione economica o che non hanno mai avuto alcun rapporto con il contribuente oppure soggetti inesistenti).
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/falsa-documentazione-integra-reato-dichiarazione-fraudolenta