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Giurisprudenza

Federalismo fiscale, i paletti posti dalla Consulta sulle "tasse sul lusso"

Nel "no" alla Sardegna le regole e i limiti per l'autonomia

Le leggi regionali devono rispettare i principi di ragionevolezza, uguaglianza e di capacità contributiva, essere in armonia con lo spirito del sistema tributario dello Stato e con il diritto comunitario. Questi i paletti posti dalla Consulta sul federalismo fiscale a legislazione vigente nella pronuncia sulle cosiddette "tasse sul lusso" istituite dalla regione Sardegna. Via libera, invece alle "tasse di scopo", perché hanno presupposti diversi rispetto ai tributi statali.Secondo la Corte, l'imposta sulle plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde case e sulle seconde case ad uso turistico dei non residenti sono illegittime, perché violano la Costituzione, sono in contrasto con l'ordinamento tributario italiano e, per alcuni aspetti, anche con la normativa comunitaria.

Le leggi regionali, dunque, devono rispettare i principi di ragionevolezza e di non discriminazione, nonché il criterio della capacità contributiva contenuti negli articoli 3 e 53 della Costituzione. E' dunque illegittima la norma che assume il domicilio fiscale come condizione per determinare il non assoggettamento al tributo, perché crea delle disparità di trattamento tra residenti e non, e addirittura una "discriminazione a rovescio" a danno dei residenti in Italia rispetto ai cittadini stranieri: se non godono di maggiori redditi prodotti in Italia fuori dal territorio sardo, infatti, questi ultimi non saranno soggetti passivi né dell'imposta sulle plusvalenze né di quella sulle seconde case, benché anagraficamente residenti all'estero, qualunque sia la consistenza degli immobili.

Le imposte di tipo patrimoniale, poi, si applicano "nei confronti di tutti i titolari delle situazioni giuridiche soggettive sugli immobili situati nella sfera di competenza territoriale dell'ente impositore", siano o meno fiscalmente domiciliati nel territorio in cui è ubicato l'immobile, e senza che rilevi il loro luogo di nascita. Di conseguenza, secondo la Consulta, l'imposta sulle seconde case a uso turistico avrebbe dovuto ricalcare lo schema dell'Ici, e non fare differenza a seconda del domicilio fiscale o del luogo di nascita del proprietario.

Le scelte del legislatore regionale, inoltre, devono sempre porsi in armonia con quelle del legislatore nazionale. Nel caso dell'imposta sulle plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde case, invece, da una parte - a livello nazionale - vengono sottoposte a tassazione le sole plusvalenze immobiliari dotate di carattere speculativo (infraquinquennali), come previsto dall'articolo 67 del Tuir; dall'altra - a livello regionale - l'imposta colpisce il maggior valore che consegue alla realizzazione di un immobile sulla costa, a prescindere dalla capacità contributiva o dall'intento speculativo del proprietario. L'imposta statale e quella regionale - spiegano a questo proposito i giudici della Consulta - pur riguardando lo stesso tipo di reddito sono ispirate a diverse logiche: mentre la ratio posta alla base dell'articolo 67 del Tuir risponde al principio generale di tassare il "reddito diverso" costituito dalla plusvalenza, in considerazione delle caratteristiche oggettive dell'operazione di acquisto "tra vivi" e di successiva cessione del bene, la ratio su cui si fonda la norma censurata comporta "l'assoggettamento a tassazione di tutte le plusvalenze, in qualsiasi tempo realizzate, per il solo fatto dell'esistenza di una differenza positiva tra il corrispettivo di cessione e il costo iniziale. E' evidente, al riguardo, - concludono i giudici - la disarmonia che si crea tra le due normative".

Ancora secondo la Consulta, una norma che distingue tra soggetti fiscalmente domiciliati e non viola il divieto di restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri previsto dall'articolo 56 del Trattato Ce, così come interpretato dalla stessa Corte di giustizia comunitaria. Quest'ultima ha infatti precisato, con riferimento a un caso analogo anche se riferito a un prelievo statale, che il legislatore nazionale non può assoggettare "le plusvalenze risultanti dalla cessione di un bene immobile situato in uno Stato membro (...), quando la detta cessione è effettuata da un soggetto residente in un altro Stato membro, ad un onere tributario superiore a quello che sarebbe applicato per lo stesso tipo di operazione alle plusvalenze realizzate da un soggetto residente nello Stato in cui è situato detto bene immobile".

Meno paletti, invece, per le cosiddette "tasse di scopo": "l'esercizio del potere esclusivo delle Regioni di autodeterminazione del prelievo è ristretto - si legge nella sentenza - a quelle limitate ipotesi di tributi, per la maggior parte 'di scopo' o 'corrispettivi' aventi presupposti diversi da quelli degli esistenti tributi statali". Salva, dunque, l'imposta di soggiorno, con cui il legislatore regionale tratta "diversamente e in modo adeguato situazioni giuridiche diverse": da una parte i soggetti residenti, che già concorrono alle spese pubbliche versando tributi e contributi che entrano a vario titolo nel bilancio della Regione; dall'altra i non residenti, che, soggiornando in Sardegna, "necessariamente fruiscono sia di servizi pubblici locali e regionali, sia del patrimonio culturale e ambientale sardo, senza concorrere al finanziamento dei primi e alla tutela del secondo".
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