Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Giurisprudenza

Per il Fisco un brogliaccio che vale oro

I documenti extracontabili rinvenuti in azienda costituiscono elemento probatorio ancorché meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento Iva

_1131.jpg

La Corte di cassazione, sezione tributaria, ha stabilito, con la sentenza dell’8 settembre 2006, n. 19329, che “la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa costituisce elemento probatorio, ancorché meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento Iva, indipendentemente dal contestuale riscontro d’irregolarità nella tenuta della contabilità e di inadempimenti di obblighi di legge”.

La sentenza in commento porta nuovamente all’esame dei giudici di piazza Cavour il problema della rilevanza - ai fini dell'accertamento Iva - dei documenti extracontabili reperiti in occasione di verifiche, nei locali dell'impresa, ossia delle annotazioni informali tenute dall'imprenditore dalle quali si ricavi, in modo non equivoco, l'esistenza di operazioni commerciali passive o attive prive di qualsiasi riscontro nella documentazione ufficiale.

Nel caso di specie, l'Amministrazione finanziaria, pur in presenza di una documentazione regolare, aveva rettificato l'entità del volume di affari denunciato dal contribuente, sulla base di documenti informali rinvenuti in occasione di un'ispezione e dai quali risultavano operazioni rilevanti ai fini Iva. L’accertamento in tal modo effettuato non aveva passato il vaglio né della Commissione tributaria di primo grado né di quella di appello, sul rilievo che lo stesso si basava non sul contenuto delle scritture contabili obbligatorie ma su documenti informali, privi di alcun altro riscontro obiettivo.

Le decisioni dei giudici tributari non sono state, però, confermate della Suprema corte che ha cassato la sentenza della Ctr sulla base di due principali considerazioni.
In primis, sotto il profilo di cui all'articolo 360, n. 3, del cpc, la Cassazione ha ritenuto esistente la violazione dell'articolo 54 del Dpr n. 633 del 1972, per avere la sentenza impugnata affermato che i documenti extracontabili dell'imprenditore reperiti in sede di ispezione sono privi di ogni rilevanza probatoria qualora non si riscontrino, contemporaneamente, irregolarità contabili.
In secondo luogo, a norma dell'articolo 360, n. 5, del cpc, la sentenza dei giudici di merito è stata ritenuta viziata da insufficiente motivazione, per non avere valutato la riscontrata discordanza, tra le rimanenze risultanti dalla contabilità, pur regolarmente tenuta, e quelle effettive.

Da un punto di vista dei precedenti giurisprudenziali, si sottolinea come le conclusioni fatte proprie dai Supremi giudici con la pronuncia in commento, sono ricorrenti nella giurisprudenza di legittimità. In proposito, ricordiamo, pressoché negli stessi termini della sentenza in rassegna, la pronuncia 1° febbraio 2006, n. 2217 o, ancora e più recentemente, la n. 6949 del 27 marzo 2006, con le quali è stato affermato che il rinvenimento di una contabilità informale, tenuta su un brogliaccio, costituisce indizio grave, preciso e concordante dell'esistenza di imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, che legittima l'Amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo, ai sensi dell'articolo 54 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633.

Conclusioni
Non sembra possibile dissentire dalle conclusioni fatte proprie dai giudici con la sentenza in commento.
Prima di tutto, infatti, si ricordi che per espressa disposizione normativa (articolo 52, comma 4, del richiamato Dpr 633/1972) “l'ispezione documentale” non è limitata ai documenti che l'imprenditore è obbligato, per legge, a conservare, ma si estende a “tutti i libri, registri, documenti e scritture che si trovano nei locali, compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sono obbligatorie”. In sede di verifica, dunque, i funzionari dell'Amministrazione finanziaria sono legittimati ad acquisire qualsivoglia documento – con il limite, ovviamente, della rilevanza ai fini della ricostruzione dell'attività - rinvenuto nei locali dell'azienda e, quindi, anche di quelli che comunemente si definisce “documentazione extracontabile”.

Inoltre, l'articolo 54, comma 2, del decreto istitutivo dell’Iva, consente, al precipuo scopo di rilevare l'infedeltà della dichiarazione, il controllo della “correttezza, esattezza e veridicità delle registrazioni” sulla scorta - tra l'altro - degli “altri documenti”, nonché degli “altri dati e notizie” legittimamente raccolti dall'ufficio, “anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti”, in pratica, utilizzando anche quanto emerge da quella documentazione extracontabile sopra menzionata.

Palese appare, perciò, che è priva di qualsiasi fondamento sia l'asserzione secondo cui la semplice regolarità formale delle scritture contabili obbligatorie, preclude all'Amministrazione di ritenerle infedeli, sia l'ulteriore assunto secondo cui in una tale evenienza, in caso, quindi, di regolarità formale della documentazione, l'Amministrazione finanziaria può disattendere la dichiarazione e accertare un maggiore giro di affari solo dopo avere dimostrato l'incongruenza delle risultanze delle scritture contabili obbligatorie.

In altri termini, anche una documentazione assolutamente informale, legittimamente reperita in occasione di una verifica Iva, può giustificare un accertamento pur in presenza di una contabilità formalmente regolare.


URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/giurisprudenza/articolo/fisco-brogliaccio-che-vale-oro