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Giurisprudenza

Fondi di agevolazione, rimborsabili le imposte versate

L'esclusione della ripetibilità delle somme pagate contrasta con i principi di ragionevolezza e uguaglianza

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Ordinanza di rimessione
Con ordinanza depositata il 9 aprile 2003, la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 39 della legge 21 novembre 2000, n. 342, nella parte in cui, pur riconoscendo che i fondi pubblici di agevolazione devono intendersi esenti dall'Irpeg, ai sensi dell'articolo 88, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nega, tuttavia, "ai fondi stessi il diritto al rimborso delle imposte sul reddito indebitamente assolte".

Secondo il rimettente, il contribuente, gestore dei fondi di agevolazione costituiti con le leggi 24 maggio 1977, n. 227 (Disposizioni sull'assicurazione e sul finanziamento dei crediti inerenti alle esportazioni di merci e servizi, all'esecuzione di lavori all'estero nonché alla cooperazione economica e finanziaria in campo internazionale), 28 novembre 1980, n. 782 (Nuove norme dirette a sostenere la competitività del sistema industriale, a definire procedure di spesa della Cassa per il Mezzogiorno e a trasferire competenze al comitato tecnico di cui all'art. 4 della legge 12 agosto 1977, n. 675), e 29 luglio 1981, n. 394 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, concernente misure a sostegno delle esportazioni italiane), ha impugnato, di fronte al giudice tributario, il silenzio-rifiuto formatosi sulle istanze di rimborso dell'imposta patrimoniale nonché dell'Irpeg e dell'Ilor versate dai detti fondi per gli anni 1992 e 1993.

Accolta in primo e secondo grado la domanda di rimborso, nel corso del giudizio di cassazione l'Amministrazione finanziaria ha invocato l'applicazione del jus superveniens, costituito appunto dall'articolo 39 della legge n. 342 del 2000, secondo cui, pur rientrando i fondi in questione nell'ambito applicativo dell'articolo 88, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, tuttavia non si fa luogo al rimborso delle imposte già pagate.

La Corte rimettente ha dubitato della legittimità costituzionale della norma suddetta, in quanto contrastante sia con il principio di ragionevolezza dal momento che riconosce da un lato l'applicabilità dell'articolo 88, comma 1, del Dpr 917/86 ai ricordati fondi pubblici di agevolazione, escludendoli in tal modo dall'imposizione sul reddito, ma dall'altro nega il diritto al rimborso delle imposte pagate indebitamente, sia con il principio di eguaglianza, in quanto la norma stessa, sotto altro aspetto, disciplina in modo differenziato situazioni sostanzialmente eguali in funzione della circostanza - del tutto casuale e neutra "rispetto alla ragione sottesa" alla disposizione legislativa - dell'essere o meno intervenuto il pagamento dell'indebito fiscale, prevedendosi, nell'uno caso, la irripetibilità di quanto versato sine titulo e, nell'altro caso, la non debenza dell'imposta.

In definitiva, la Corte di cassazione ha dubitato, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'articolo 39 della legge 21 novembre 2000, n. 342, nella parte in cui, pur affermando la riconducibilità dei fondi pubblici di agevolazione istituiti da leggi dello Stato e delle Regioni, anche se gestiti da soggetti privati, nell'ambito dell'articolo 88, comma 1, del Dpr 917/86 - nel testo vigente sino al 31 dicembre 2003 - in materia di applicabilità dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche allo Stato e agli altri enti pubblici, prevede, poi, che non si fa luogo al rimborso di imposte già pagate.

Giudizio incidentale
Nel giudizio incidentale di costituzionalità si è costituito il contribuente concludendo per l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale.
In particolare, secondo il contribuente:

  1. la disposizione censurata è caratterizzata da una intima contraddittorietà fra la parte in cui prevede, in via interpretativa e quindi retroattiva, la non imponibilità dei redditi prodotti, e la parte in cui, con disposizione di carattere innovativo, nega la ripetibilità dei tributi indebitamente pagati
  2. la ratio giustificatrice della norma non può possa essere rinvenuta nel fatto che i fondi onerati appartengono giuridicamente allo stesso soggetto (cioè lo Stato) che ha riscosso le imposte. Le somme versate a titolo di imposta sono infatti prelevate dalla dotazione economica dei fondi, vincolata ex lege a uno scopo ben preciso quale è quello (per quanto in particolare riguarda il fondo istituito con la legge n. 394 del 1981) di concedere finanziamenti a tasso agevolato in favore di imprese italiane esportatrici di merci, cosicché il diniego di rimborso delle imposte indebitamente assolte finisce per determinare un pregiudizio nei confronti dei destinatari dei finanziamenti, a causa della contrazione delle somme erogabili in loro favore
  3. costituisce ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione impugnata, il fatto che la sua unica finalità sarebbe quella di favorire l'Amministrazione finanziaria, incidendo sulle controversie ancora pendenti in tema di rimborso di imposte indebitamente versate
  4. la disposizione impugnata discrimina in modo ingiustificato la posizione dei fondi che abbiano pagato l'imposta non dovuta prima dell'entrata in vigore della legge, i quali non possono ottenerne la ripetizione, da quella dei fondi che, avendo per errore pagato dopo l'entrata in vigore della legge, potrebbero invece agire in ripetizione.

La difesa erariale ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, per la manifesta infondatezza della questione.
Ad avviso dell'Avvocatura, la norma impugnata ha inteso risolvere i contrasti sorti in giurisprudenza riguardo alla natura giuridica dei fondi in questione, disponendo per il futuro e non - come invece postula il rimettente - in via di interpretazione autentica.
Ha osservato, infine, la parte pubblica che, trattandosi di imposte relative a entrate realizzate da fondi statali a gestione separata, non sarebbe comunque irragionevole escluderne la rimborsabilità.

In prossimità dell'udienza pubblica, il contribuente ha depositato una memoria illustrativa nella quale, confutando la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato, ha ribadito la natura interpretativa dell'articolo 39 della legge n. 342 del 2000, in quanto essa non ha introdotto nell'ordinamento una nuova norma di esenzione tributaria relativa ai fondi in discorso, né ha modificato l'articolo 88 del Dpr 917/86, sì da ricomprendervi una fattispecie prima non contemplata, ma è intervenuta sul significato da attribuirsi a detta norma.

Intervento della Consulta
La questione è stata ritenuta fondata dalla Consulta con sentenza n. 320/2005 del 26 luglio 2005, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 39 della legge 342/2000, nella parte in cui dispone che "non si fa luogo a rimborso di imposte già pagate".
In particolare, l'iter logico giuridico adottato dal giudice delle leggi può così essere puntualizzato:

  • Al fine di chiarire la effettiva portata della norma impugnata va ricordato che in epoca antecedente alla entrata in vigore della legge 342/2000 era insorto in sede giurisprudenziale un contrasto interpretativo in ordine all'assoggettabilità dei fondi pubblici di agevolazione all'imposta sul reddito, anche se l'orientamento prevalente, specie del giudice di legittimità, era nel senso dell'applicabilità ai suddetti fondi dell'articolo 88, comma 1, del Dpr 917/86, che escludeva la soggezione all'imposta dello Stato e degli enti pubblici nella stessa norma specificati.
    Il legislatore, proprio al fine di superare un oneroso contenzioso che vedeva coinvolta l'Amministrazione finanziaria, come è detto nei lavori preparatori, ha scelto, con la legge 342/2000, la soluzione alla quale era pervenuta, come si è detto, la giurisprudenza di legittimità, stabilendo, nell'articolo 39, che "i fondi pubblici di agevolazione ... devono intendersi riconducibili nell'ambito applicativo dell'articolo 88, comma 1".
    Ed è appena il caso di osservare che sia il testo della norma sia lo scopo dalla stessa perseguito di risolvere le incertezze interpretative sorte in passato sul trattamento tributario dei fondi di agevolazione, non consentono di dubitare sul carattere interpretativo della norma de qua, peraltro espressamente affermato sia dai citati lavori preparatori che dalla stessa Amministrazione finanziaria.
  • Stante, dunque, l'indubbia efficacia retroattiva della prima parte della norma impugnata, la funzione del secondo periodo - oggetto specifico dell'impugnativa - è con evidenza quella di limitare gli effetti economico-finanziari di tale retroattività, escludendo la ripetibilità delle imposte già (indebitamente) pagate.
    Ma proprio siffatta limitazione si pone in palese contrasto con il parametro costituzionale evocato dalla Corte rimettente.
    Non è compatibile con il principio di ragionevolezza l'operato del legislatore che qualifichi un pagamento come non dovuto e nello stesso tempo lo sottragga all'azione di ripetizione (sentenze n. 416 del 2000 e n. 421 del 1995).
  • L'intrinseca contraddittorietà della disposizione si riflette del resto in una palese violazione del principio di eguaglianza per disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente uguali, venendo a riservarsi un trattamento deteriore a chi abbia erroneamente pagato un'imposta non dovuta rispetto a chi, versando nella medesima situazione, non abbia invece effettuato alcun pagamento.
  • Di nessun rilievo ai fini dello scrutinio di legittimità costituzionale è, d'altro canto, l'argomento - pur addotto dall'Avvocatura - che fa leva sulla origine statale dei fondi cui la disposizione impugnata si riferisce, per giungere alla conclusione che la disposta irripetibilità, riguardando somme comunque appartenenti all'erario, per ciò solo non contrasterebbe con il canone di ragionevolezza. Al riguardo - e a prescindere dalla circostanza che la norma censurata si applica anche ai fondi istituiti con legge regionale e perciò non riconducibili alla finanza statale - è sufficiente rilevare che i fondi di cui si tratta hanno una specifica destinazione a vantaggio di terzi e si autoalimentano attraverso la produzione di interessi, cosicché la previsione di irripetibilità di somme indebitamente pagate a titolo di imposta sugli interessi determina una obiettiva decurtazione delle disponibilità dei fondi stessi e, quindi, un pregiudizio per la realizzazione proprio di quelle finalità in vista delle quali essi sono stati costituiti.


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