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Giurisprudenza

Con frode in corso, no a detrazione,
esenzione o rimborso dell’Iva

La Corte di giustizia dell’Unione europea interviene in tre procedimenti incentrati su una evasione dell’imposta commessa nell’ambito d’una catena di cessioni intracomunitarie

controllo frodi
La Corte di giustizia interviene su tre cause di analogo contenuto, sul tema della “frode carosello”: viene decisa nel merito la prima, ritenute irricevibili le altre due, incomplete sotto il profilo istruttorio.
La causa decisa nel merito riguarda una società di diritto olandese con titolare italiano, operante nel commercio delle calzature, che aveva effettuato anche operazioni di cessione intracomunitaria di materiale informatico: detti beni, acquistati nei Paesi Bassi e in Germania, venivano venduti e consegnati a clienti assoggettati ad Iva in Italia.
I beni tedeschi, acquistati dalla società con il numero di identificazione Iva olandese, venivano trasportati direttamente dalla Germania in Italia. Sui beni acquistati nei Paesi Bassi, la società effettuava tutte le dichiarazioni richieste e detraeva l’imposta pagata a monte; sui beni provenienti dalla Germania, invece, la società non dichiarava né la cessione intracomunitaria in tale Stato membro né l’acquisto intracomunitario nei Paesi Bassi, benché tale operazione fosse stata esentata in Germania. In Italia, nessuno degli acquisti intracomunitari veniva dichiarato dagli acquirenti e l’Iva non veniva versata; perciò, il Fisco italiano negava il diritto a detrazione, provvedendo alla riscossione dell’imposta.
Il Fisco olandese, ritenendo che la società avesse partecipato consapevolmente a una frode finalizzata ad evadere l’Iva in Italia, le ha negato il diritto all’esenzione per cessioni intracomunitarie effettuate in tale Stato membro, il diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte nonché il diritto al rimborso dell’imposta versata per merci provenienti dalla Germania e ha quindi emesso tre avvisi di rettifica a suo carico.
 
La vicenda processuale di merito
Il ricorso contro tali avvisi è stato accolto in primo grado. La Corte d’appello ha poi annullato la sentenza nonché gli avvisi di rettifica, dichiarando che non era giustificato derogare alla disciplina ordinaria e rifiutare il diritto a detrazione dell’Iva.
Si teneva conto del fatto che la frode aveva avuto luogo non già nei Paesi Bassi, bensì in Italia, e che la società aveva, nel primo di tali Stati membri, rispettato tutte le condizioni formali relative all’applicazione dell’esenzione.
La Corte Suprema, infine, rilevava che, il diritto a detrazione non era subordinato, nell’ordinamento olandese, alla condizione che il soggetto passivo non avesse partecipato consapevolmente a una frode relativa all’Iva o a un’operazione di elusione fiscale.
La difficoltà della risoluzione in diritto della questione portava il collegio di ultima istanza a adire la Corte Ue.
 
Le questioni pregiudiziali
Il giudice nazionale, sospeso il procedimento, sollevava, allora, le seguenti questioni interpretative:
  • se le autorità nazionali debbano negare l’esenzione o il diritto alla detrazione Iva allorché, sulla base di dati oggettivi, è accertato che è stata evasa l’Iva e il soggetto passivo sapeva, o avrebbe dovuto sapere, di partecipare all’evasione, qualora il diritto nazionale non abbia previsto, in siffatte circostanze, la possibilità di negare l’esenzione, la detrazione o il rimborso;
  • in caso affermativo, se i benefici vadano negati anche se l’evasione ha avuto luogo in uno Stato diverso (da quello di spedizione dei beni) e il soggetto passivo nello Stato membro di spedizione ha soddisfatto tutte le condizioni (formali) imposte dalla normativa nazionale per ottenere il beneficio e ha fornito i dati necessari relativi ai beni, alla spedizione e agli acquirenti stabiliti nello Stato membro di destinazione.
 
La decisione
La Corte di giustizia risponde affermativamente a entrambi i quesiti.  Infatti, la funzione principale dei benefici Iva - previsti per garantire la neutralità dell’imposta - non osta al loro diniego nei confronti di un soggetto passivo, nell’ipotesi di partecipazione a una frode.
Ciò, anche in assenza di disposizioni nazionali prevedenti un siffatto diniego, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’evasione Iva commessa nell’ambito di una catena di cessioni da parte del fornitore originario ovvero di altro soggetto intervenuto in itinere, a monte o a valle dell’operazione fraudolenta complessivamente posta in essere.
Questo vale anche qualora l’evasione venga commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui il beneficio è richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale.
Infatti, nella “frode carosello”, spesso, dal punto di vista di un singolo Stato, le condizioni richieste per invocare il beneficio Iva sembrano soddisfatte, mentre, nella realtà è dalla combinazione delle transazioni effettuate in vari Stati membri che deriva il carattere fraudolento dell’operazione.
 
Conclusioni
La direttiva Iva deve essere interpretata nel senso che spetta alle autorità e ai giudici nazionali opporre a un soggetto passivo, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, un diniego del beneficio dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano un siffatto diniego, se è dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento del diritto di cui trattasi, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni.
Inoltre, detta direttiva deve essere interpretata nel senso che un soggetto passivo, che sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione invocata a fondamento dei diritti a detrazione, a esenzione o a rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, a un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto commessa nell’ambito di una catena di cessioni, può vedersi rifiutare il beneficio di tali diritti, nonostante il fatto che detta evasione sia stata commessa in uno Stato membro diverso da quello in cui tale beneficio è stato richiesto e che lo stesso soggetto passivo abbia, in quest’ultimo Stato membro, rispettato le condizioni formali previste dalla normativa nazionale per poter beneficiare di tali diritti.
 


Fonte:
Data della sentenza
18 dicembre 2014  
Numero della causa
C-131/2013; C-163/2013; C-164/2013
Nome delle parti
  • Staatssecretaris van Financiën
contro
  • Schoenimport «Italmoda» Mariano Previti vof (C‑131/13)
e
  • Turbu.com BV (C‑163/13)
  • Turbu.com Mobile Phone’s BV (C‑164/13)
contro
  • Staatssecretaris van Financiën
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