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Giurisprudenza

Fusione transfrontaliera nel 2015:
per la banca il contributo ordinario

All’esame dei togati comunitari la conformità alla normativa europea della legge italiana in materia di contribuzione degli istituti di credito sottoposti all’autorità di vigilanza

La Corte di giustizia ha fornito chiarimenti in ordine alla debenza dei contributi ordinari e straordinari, richiesti dalla Banca d’Italia, a una banca che nel 2015 si era fusa per incorporazione in una società madre tedesca: in sintesi, se il contributo ordinario risulta dovuto anche per il 2015, atteso che esso si calcola in relazione alle risultanze di bilancio dell’anno precedente, non è dovuto quello straordinario, se l’ente, quando è stata decisa detta contribuzione, non risulta più soggetto alla vigilanza bancaria nazionale. Causa  Ue C-255/2018 del 14 novembre 2019.
 
I fatti
Una banca tedesca operava inizialmente in Italia prima tramite una Spa, riconducibile alla società-madre germanica, e, poi, a seguito di un’operazione di fusione per incorporazione avvenuta nel 2015, aveva continuato a operare sul territorio italiano per mezzo di una succursale.
La Banca d’Italia avanzava la richiesta, nei confronti della banca incorporante, sia di contributi ordinari che straordinari.

Il processo in Italia
La banca, adito il Tar Lazio, contestava la debenza dei contributi, in base all’osservazione per cui, al momento dell’imposizione del pagamento, essa esercitava le proprie attività sul territorio italiano soltanto tramite una succursale e che, pertanto, poteva essere assoggettata all’obbligo di contribuzione non già in Italia bensì in Germania.
 
Le questioni pregiudiziali
Prefigurando un possibile contrasto della normativa nazionale con la legislazione sovranazionale, il Tar Lazio, sospeso il procedimento, ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

  • se tra i “cambiamenti di status” che non incidono, a norma dell’articolo 12 del regolamento Ue 63/2015, sull’obbligo di contribuzione, debba essere ricompresa anche la fusione per incorporazione di un ente, in precedenza soggetto alla vigilanza di un’Autorità di risoluzione nazionale, nella società-madre appartenente ad altro Stato membro, avvenuta nel periodo di contribuzione, e se tale regola valga anche nel caso in cui la fusione e la conseguente estinzione dell’ente siano avvenute nell’anno 2015, in un momento in cui sia l’Autorità di risoluzione nazionale sia il Fondo nazionale non erano stati ancora formalmente istituiti dallo Stato membro e i contributi non ancora calcolati
  • se il medesimo articolo 12 del regolamento Ue n. 63/2015, congiuntamente all’articolo 14 dello stesso regolamento, e agli articoli 103 e 104 della direttiva n. 2014/59/UE, debba essere interpretato nel senso che, anche nel caso di fusione per incorporazione in una società-madre di altro Stato membro nel corso dell’anno di contribuzione, un ente sia tenuto al pagamento integrale del contributo per quell’anno e non in proporzione ai mesi in cui l’ente stesso è stato soggetto alla vigilanza dell’autorità di risoluzione del primo Stato membro, in analogia a quanto stabilito per l’ente “neoinserito nella vigilanza” dal paragrafo 1 del medesimo articolo 12 del regolamento Ue n. 63/2015
  • se, ai sensi della direttiva Ue n. 59/2014, del regolamento Ue n. 63/2015 e dei principi che regolano il Sistema degli strumenti di risoluzione delle crisi bancarie, le medesime regole dettate per il contributo ordinario e, in particolare l’articolo 12 paragrafo 2 del tegolamento n. 63/2015, si applichino anche, con riguardo al momento di individuazione dei soggetti tenuti alla contribuzione e alla misura del contributo, al contributo straordinario, tenuto conto della sua natura e dei presupposti prescritti per la sua imposizione.

La sentenza
La Corte di giustizia premette che l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato n. 63/2015 non contiene alcun rinvio esplicito ai diritti degli Stati membri per determinare il senso e la portata della nozione di “cambiamento di status”. Il paragrafo 1 della stessa norma, osserva poi la Corte, dispone che gli enti neoinseriti nella vigilanza solo per parte del periodo di contribuzione versano, al fondo di risoluzione di uno Stato membro, soltanto dei contributi ordinari pro rata temporis, calcolati sulla base del numero di mesi completi del periodo di contribuzione per i quali l’ente è stato inserito nella vigilanza.
Se, quindi, l’articolo 12, paragrafo 2, di tale regolamento delegato, il quale dispone che il cambiamento di status di un ente non incide sull’obbligo di tale ente di versare contributi ordinari annui dovuti per l’anno in questione, riguarda, in generale, i cambiamenti che possono interessare un ente, il paragrafo 1 chiarisce il metodo di calcolo che si applica, in via eccezionale, a un ente neoinserito nella vigilanza solo per parte del periodo di contribuzione.
Di conseguenza, un’operazione che costituisce un cambiamento di status, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del medesimo regolamento delegato, non beneficia, in linea di principio, del calcolo del contributo quale previsto all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento richiamato.

La raccolta dei contributi ordinari
La Corte osserva, poi, che la raccolta annuale dei contributi ordinari degli enti è stata istituita per garantire che, entro il 31 dicembre 2024, il meccanismo di finanziamento degli Stati membri disponga di mezzi finanziari pari ad almeno l’1% dell’ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel rispettivo territorio.
Per conseguire tale obiettivo, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 14, paragrafi da 1 a 3, del regolamento delegato n. 63/2015 impongono all’autorità di risoluzione nazionale di calcolare i contributi dovuti facendo riferimento alle informazioni contabili relative agli ultimi bilanci d’esercizio, approvati e certificati disponibili al 31 dicembre dell’anno precedente il periodo di contribuzione, corredati del giudizio formulato dal revisore legale o dall’impresa di revisione contabile.
Orbene, se le autorità di risoluzione nazionali dovessero tenere conto dei mutamenti occorsi nella situazione giuridica e finanziaria degli enti durante l’esercizio di cui trattasi, difficilmente esse potrebbero effettuare un calcolo attendibile dei contributi ordinari dovuti nel corso dell’anno successivo e, di conseguenza, perseguire l’obiettivo consistente nel raggiungere, entro il 31 dicembre 2024, almeno l’1% dell’ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti autorizzati nel territorio di uno Stato membro.
Pertanto, rileva la Corte di Lussemburgo, per consentire alle autorità di risoluzione nazionali di calcolare i contributi e di raggiungere, quindi, l’obiettivo perseguito dalla direttiva n. 59/2014 e dal regolamento delegato n. 63/2015, la nozione di “cambiamento di status” di cui all’articolo 12, paragrafo 2, di detto regolamento delegato, deve essere intesa estensivamente nel senso che comprenda, tra l’altro, una fusione per incorporazione transfrontaliera che ha avuto luogo nel corso del periodo di contribuzione.
 
Le modalità di calcolo dei contributi
La Corte di giustizia rileva, poi, che il regolamento n. 63/2015 era in vigore alla data della fusione per incorporazione transfrontaliera dell’ente di cui trattasi nella sua società madre.
La direttiva n. 59/2014, inoltre, imponeva agli Stati membri di istituire fondi di risoluzione nazionali disciplinati da autorità nazionali e finanziati mediante la raccolta dei contributi e di applicare tali misure a decorrere dal 1° gennaio 2015.
Il provvedimento italiano di recepimento della summenzionata direttiva nel diritto nazionale era, tuttavia, entrato in vigore soltanto il 16 novembre 2015: pertanto, né l’autorità di risoluzione nazionale né il fondo nazionale erano stati ancora formalmente istituiti in Italia alla data della fusione per incorporazione transfrontaliera dell’ente di cui trattasi nella sua società madre.
Comunque, erano state inserite disposizioni transitorie all’articolo 20 del regolamento delegato n. 63/2015 al fine di adeguare i termini relativi alla raccolta dei contributi ordinari per il primo anno di contribuzione, ossia per il 2015.
In questo senso, la Banca d’Italia, nella sua qualità di autorità di risoluzione nazionale italiana, aveva istituito il fondo nazionale di risoluzione il 18 novembre 2015 e aveva chiesto il versamento dei contributi ordinari e straordinari agli enti, ivi compresa la ricorrente, nel procedimento principale, rispettivamente il 23 e il 26 novembre 2015.
In sostanza – secondo i togati comunitari – lo Stato italiano aveva recepito la direttiva n. 59/2014 nel proprio ordinamento nazionale in un momento che consentiva, conformemente alle disposizioni transitorie in essere, alla Banca d’Italia, in quanto autorità di risoluzione nazionale, di chiedere il versamento dei contributi ordinari degli enti a partire dal 2015.
La circostanza che l’ente di cui trattasi avesse cessato di esistere, in seguito a una fusione per incorporazione transfrontaliera, alla data in cui la Banca d’Italia aveva chiesto il versamento dei contributi, non era rilevante in tale contesto, atteso che le autorità di risoluzione nazionali dovevano calcolare i contributi ordinari dovuti facendo riferimento alle informazioni contabili relative agli ultimi bilanci d’esercizio approvati e certificati disponibili al 31 dicembre dell’anno precedente il periodo di contribuzione.
 
Il pagamento del contributo straordinario
La Corte osserva che l’articolo 104 della direttiva n. 59/2014 si riferisce ai “contributi straordinari ex post” ma non vi è alcuna indicazione sulla data che deve servire da riferimento per l’identificazione degli enti tenuti al versamento del contributo straordinario e sul calcolo del relativo importo.
Il contributo straordinario, in particolare, differisce dal contributo ordinario per quanto riguarda il momento e la finalità della sua raccolta. I contributi straordinari, difatti, non possono essere pianificati allo stesso modo dei contributi ordinari, i quali sono calcolati facendo riferimento alle informazioni contabili relative agli ultimi bilanci d’esercizio approvati e certificati disponibili al 31 dicembre dell’anno precedente il periodo di contribuzione e raccolti per l’anno civile di contribuzione.
In sostanza, la contribuzione straordinaria mira a far contribuire tutti gli enti soggetti alla vigilanza dell’autorità nazionale alla data in cui essa è decisa, tenendo conto, in particolare, della loro effettiva capacità finanziaria e della loro reale esposizione al rischio di crisi finanziaria in tale data. In tale prospettiva, non può essere tenuto a versare tale contributo un ente che, alla data in cui detto contributo è stato deciso, aveva cessato di essere soggetto alla sorveglianza dell’autorità nazionale a seguito della fusione per incorporazione con una società madre stabilita in un altro Stato membro.
In questo senso – conclude la Corte - mentre la contribuzione ordinaria è dovuta da tutti gli enti che beneficiano della copertura offerta dal sistema di risoluzione nazionale, almeno per una parte dell’anno, il prelievo di un contributo straordinario presso un ente che non è più coperto dal sistema di risoluzione nazionale è giustificato solo in misura minore da un rischio assunto dal sistema a causa dell’attività di tale ente.
 
Conclusioni
La nozione di “cambiamento di status”, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del più volte richiamato regolamento delegato n. 63/2015 deve essere interpretata nel senso che comprende un’operazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, mediante la quale un ente cessa, nel corso dell’anno, di essere soggetto alla vigilanza dell’autorità di risoluzione nazionale a seguito di una fusione per incorporazione transfrontaliera nella sua società madre e che, di conseguenza, tale operazione non incide sull’obbligo di tale ente di versare integralmente i contributi ordinari dovuti per l’anno di contribuzione di cui trattasi.
L’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento delegato menzionato deve essere interpretato nel senso che si applica al caso in cui la fusione transfrontaliera per incorporazione di un ente, situato in uno Stato membro, nella sua società madre, stabilita in un altro Stato membro, e la conseguente estinzione di tale ente incorporato sono avvenute nel 2015, mentre né l’autorità di risoluzione nazionale né il fondo nazionale erano stati ancora formalmente istituiti dal primo Stato membro e i contributi non erano ancora stati calcolati.
L’articolo 104 della direttiva n. 59/2014 deve essere interpretato nel senso che un ente situato in uno Stato membro, che si è fuso per incorporazione con una società madre stabilita in un altro Stato membro a una data anteriore all’istituzione di un contributo straordinario da parte dell’autorità di risoluzione nazionale del primo Stato membro, non è tenuto al pagamento di tale contributo.
 
Data della sentenza
14 novembre 2019
 
Numero della causa
C-255/2018
 
Nome delle parti
State Street Bank International GmbH;
contro
Banca d’Italia.

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