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Giurisprudenza

Garanzia pluriennale: per i costi,
stop a deduzione in unica soluzione

Legittima, inoltre, la pretesa dell’ufficio se il tasso di interesse attivo praticato alla consociata estera non è coerente con quelli normalmente applicati nel mercato finanziario del mutuante

La Corte di cassazione, con la sentenza 6332 del 1° aprile 2016, torna a occuparsi della problematica relativa alla deducibilità dei costi connessi alla prestazione di una garanzia pluriennale di redditività minima fornita in occasione della cessione di un bene immobile, affermando che il contribuente non può dedurre tali costi nell’esercizio in cui viene posta in essere l’operazione di compravendita immobiliare. La deduzione di tale oneri può avvenire – qualora il valore della garanzia non sia sproporzionato rispetto al canone effettivamente percepito dal cessionario dell’immobile – in ciascuno degli esercizi in cui i costi connessi alla prestazione di tale garanzia siano effettivi, certi, determinabili e inerenti.
Nella medesima sentenza, la Corte suprema ha affermato che, nell’ambito di un contratto di finanziamento erogato in favore di una società consociata estera, la previsione di un tasso di interesse attivo che non sia coerente con i tassi normalmente applicati nel mercato finanziario del mutuante, legittima la ripresa a tassazione di maggiori interessi attivi da parte del Fisco.
 
I fatti in causa
L’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento con cui, recependo i rilievi contenuti in un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, rettificava il reddito imponibile dichiarato da una società nel periodo d’imposta 2005, contestando, tra l’altro:
  • l’indebita deduzione di elementi negativi di reddito correlati a una operazione di compravendita immobiliare giudicata antieconomica dall’ufficio accertatore in quanto il valore della garanzia di redditività minima prestata in favore del cessionario era di importo superiore rispetto a quello dell’immobile ceduto. Nel contratto di compravendita in questione era stato concordato che, nell’arco di undici anni, il venditore si sarebbe impegnato a corrispondere all’acquirente la differenza tra il canone di locazione incassato da quest’ultimo e un canone di locazione pari a un rendimento minimo garantito fissato di comune accordo tra le parti. Nel 2005, l’importo del canone minimo garantito era superiore rispetto a quello previsto nel contratto di locazione già in essere nell’immobile oggetto di compravendita. La società ricorrente, nell’anno in cui era stata stipulata la compravendita immobiliare, aveva dedotto dal reddito d’impresa non solo la garanzia relativa all’anno 2005, ma anche l’intero ammontare delle garanzie che sarebbero state eventualmente prestate nei successivi dieci anni, deducendo quindi tali oneri nonostante non si fossero ancora verificati i requisiti di effettività, inerenza, certezza, determinatezza (o determinabilità) e competenza
  • l’omessa dichiarazione di componenti positivi di reddito derivanti da un prestito effettuato dalla società ricorrente in favore di una consociata residente all’estero a un tasso di interesse ritenuto non congruo con i valori del mercato finanziario della mutuante.
 
La Commissione tributaria regionale del Lazio riformava la sentenza della Ctp di Roma nella parte in cui aveva accolto il ricorso della società in relazione alla deduzione dei costi connessi alla prestazione della garanzia e confermava, invece, la parte della sentenza in cui i giudici di primo grado avevano accolto la tesi dell’ufficio accertatore in merito alla non congruità del tasso di interesse applicato nel contratto di finanziamento intercompany.
 
In particolare, in relazione alla prima contestazione, i giudici di merito affermavano che “l’anomalia dell’operazione risiede infatti proprio nella previsione di una redditività garantita pari al doppio del pattuito canone locativo determinando una complessiva diseconomicità dell’operazione, che sussiste anche tenendo conto delle considerazioni relative alle difficoltà di ottenere dal mercato finanziario una disponibilità immediata di così rilevante ammontare”.
In relazione alla seconda contestazione, nella medesima sentenza era stato affermato che il valore eccessivamente basso del tasso di interesse corrisposto dalla consociata estera costituisce “un’anomalia tale da far ritenere che lo scopo preminente dell’operazione fosse quello di lucrare indebiti benefici fiscali ovvero di trasferire capitali all’estero in violazione della vigente normativa”.
 
Avverso tale pronuncia, il contribuente ricorreva in Cassazione eccependo, tra l’altro, che l’antieconomicità della clausola di rendimento minimo garantito non fosse stata provata dall’ufficio accertatore.
 
La pronuncia della Corte
In relazione alla prima contestazione, la Corte suprema ha stabilito che, al fine di confermare la pretesa impositiva dell’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2005, non è necessario accertare l’antieconomicità dell’operazione in questione, in quanto sia l’an che il quantum dell’importo dovuto in relazione alla garanzia prestata può essere accertato e, quindi, dedotto dal reddito d’impresa solo al termine di ciascun esercizio e non, come eccepito dal contribuente, nell’anno in cui è stata stipulata la compravendita immobiliare, ossia nel 2005. Per gli esercizi successivi, l’eventuale deduzione degli oneri connessi alla garanzia prestata resta comunque subordinata a una valutazione di congruità tra il canone percepito dal cessionario dell’immobile e quello fissato nella garanzia prestata.
I giudici di cassazione hanno, inoltre, confermato la legittimità della seconda contestazione, ritenendo valide le argomentazioni utilizzate dalla Ctr del Lazio, che aveva reputato non congruo il tasso di interesse attivo applicato nel contratto di finanziamento.
 
Considerazioni
Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione conferma l’orientamento già espresso in altre decisioni in materia di indeducibilità dei costi connessi ai contratti di “rendimento minimo garantito” (cfr Cassazione, pronunce 6331/2016 e 3368/2013).
Sotto il profilo fiscale, infatti, in base al principio di tassatività degli accantonamenti fiscalmente deducibili (articolo 107, comma 4, del Tuir), non è possibile anticipare la deduzione di costi che difettano dei requisiti di certezza e obiettiva determinabilità. In ogni caso, l’eventuale deduzione dei predetti oneri nel periodo di competenza, come affermato dalla Corte suprema, è comunque subordinata a una valutazione dell’antieconomicità del valore della garanzia prestata rispetto al canone riscosso dal cessionario dell’immobile.
Infine, secondo la Cassazione, la valorizzazione del tasso di interesse attivo applicabile a un contratto di finanziamento intercompany erogato in favore di una consociata estera non può essere arbitraria, ma deve tener conto, tra l’altro, di un’analisi del mercato del mutuante.
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