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Giurisprudenza

Gestione privata di ospedale pubblico:
esclusa l’agevolazione dell’Ires al 50%

Riconoscerla equivarrebbe a trasformare la disposizione in un beneficio di natura oggettiva, concesso solo per l’attività svolta e non anche per la natura pubblica degli enti

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In tema di Ires, le società private che gestiscono un ospedale pubblico, in regime di sperimentazione, attraverso la costituzione di una società mista a prevalente partecipazione pubblica,  non possono essere ricomprese tra gli “enti ospedalieri” (ex articolo 2, comma 2, legge n. 132/1968) con conseguente inapplicabilità in via estensiva della riduzione della metà dell’imposta prevista dall’articolo 6, comma 1, lettera a), Dpr n. 601/1973 in favore dei soli enti “pubblici” ospedalieri, trattandosi di norma agevolativa avente natura soggettiva derogatoria di previsioni generali, come tale di stretta interpretazione. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 2031 del 24 gennaio 2022.

I fatti 
Un centro medico specialistico, nella forma della società mista partecipata per il 51% dalla Asl e per il 49% da altra Spa, ha presentato istanza per ottenere il rimborso del 50% dell’Ires versata negli anni d’imposta da 2004 a 2007, ex articolo 6, Dpr n. 601/1973. A seguito di delibera regionale del 2003, la società contribuente, infatti, aveva ricevuto l’autorizzazione regionale ai programmi di sperimentazione di nuovi modelli gestionali e tale circostanza, a suo parere, le avrebbe consentito di poter chiedere di beneficiare della riduzione dell’aliquota d’imposta prevista per gli “enti ospedalieri”.

Formatosi il silenzio-rifiuto, la società ha proposto ricorso in Commissione provinciale, sostenendo di aver diritto alla restituzione delle somme versate. L’Ufficio, invece, ha sostenuto che la nozione di “ente ospedaliero” non si attagliava a una società di capitali, che ha come oggetto sociale lo svolgimento di un’attività commerciale. “Enti ospedalieri”, infatti, sono soltanto gli enti pubblici che istituzionalmente provvedono al ricovero e alla cura degli infermi (articolo 2, legge n. 132/1968) e, inoltre, possono esserlo le istituzioni a carattere privato che ottengono dalla regione, su domanda, che i loro ospedali siano considerati presidi dell’unità sanitaria locale (articolo 43, comma 2, legge n. 833/1978). In entrambi i gradi di merito, le Commissioni tributarie hanno ritenuto spettante il rimborso. In particolare, la Commissione regionale, riconoscendo alla società le caratteristiche di “accreditamento per svolgere attività sanitarie” presso la regione, ex l’articolo 9-bis, Dlgs n. 502/1992, richiamato dall’articolo 23, legge regionale del Piemonte n. 12/2008, ha ritenuto accertata l’attività sanitaria svolta, con conseguente applicazione della normativa agevolativa.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro:
- violazione di legge, poiché la sentenza aveva riconosciuto il beneficio sulla base del carattere innovativo della sua forma gestionale e organizzativa, non considerando che, per la sua natura eccezionale, si applicava esclusivamente agli “enti ospedalieri”, sulla base di una nozione restrittiva dei soggetti beneficiari
-  omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti (omesso accreditamento regionale; distinzione, soggettiva e di finalità, tra centro specialistico e presidio ospedaliero, soprattutto perché, nell’ambito del programma di sperimentazione, al centro medico era affidata solo l’attività di mera gestione organizzativa e amministrativa di una struttura sanitaria, come emergeva dallo statuto societario, oltre che dal contratto di gestione).
La Corte ha ritenuto fondati i motivi e ha affermato che l’agevolazione ex  articolo 6, comma 1, lettera a), Dpr n. 600/1973 «ha esclusivamente natura soggettiva e, quindi, può giustificarsi la sua applicazione ai soli enti pubblici ospedalieri, ai quali soltanto originariamente si riferiva, in considerazione dell’esclusività e della tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell’entrata in vigore della stessa norma, anche se in seguito confluiti nelle aziende ospedaliere e nei presidi ospedalieri delle Asl…» (Cassazione, sentenza n. 2031/2022).

Osservazioni
Nella fattispecie in esame, i giudici di legittimità sono stati chiamati a valutare se l’agevolazione della riduzione alla metà dell’Ires, prevista per gli “enti ospedalieri”, ex articolo 6, primo comma, lettera a), Dpr n. 600/1973, possa essere riconosciuta a una Spa che gestisce un ospedale pubblico in regime di sperimentazione, attraverso la costituzione di una società mista a prevalente partecipazione pubblica.
A tal fine la Corte ha delineato l’articolato assetto normativo di riferimento e, richiamando la propria giurisprudenza, ha concluso per l’esclusione dal beneficio di: aziende sanitarie locali, imprese private (accreditate in via provvisoria o definitiva), imprese che gestiscano direttamente strutture sanitarie pubbliche e, nella fattispecie, società a partecipazione pubblica.
Gli articoli 2, legge n. 132/1968, e 4, Dlgs n. 207/2001 rendevano evidente la natura necessariamente pubblicistica degli “enti ospedalieri” (Cassazione, sezioni unite n. 4211/2012), ai quali era esteso lo stesso trattamento tributario riservato all’Amministrazione dello Stato. Successivamente, con legge n. 833/1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, sono state introdotte le unità sanitarie sull’intero territorio nazionale con compiti di vario genere. Al riguardo, l’articolo 3, comma 1-bis, e l’articolo 4, Dlgs n. 502/1992 hanno previsto rispettivamente che le unità sanitarie locali, in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, possono costituirsi in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale, e che gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico possono essere costituiti o confermati in aziende per specifiche esigenze assistenziali, di ricerca scientifica, nonché di didattica del servizio sanitario nazionale, specificando (articolo 4, comma 9) che gli ospedali non costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presidi dell’unità sanitaria locale.

A seguito delle modifiche all’originario assetto normativo, la Cassazione ha osservato che l’articolo 6, Dpr n. 601/1973, elencando i soggetti beneficiari della riduzione alla metà dell’IRES, ha mantenuto l’originaria dizione di “enti ospedalieri.” Pertanto, l’agevolazione, espressamente inserita tra quelle di carattere soggettivo, non è applicabile alle Asl alle quali sono state assegnate attività e funzioni diverse e nuove, neanche in via di interpretazione estensiva (Cassazione, n. 34639/2019, n. 18606/2019 e n. 18607/2019; n. 16555/2018 e n. 15007/2018; n. 27579/2017, n.19240/2017 e n. 19241/2017; n. 1687/2016; n. 11521/2015; n. 20249/2013 e n. 20250/2013) e neanche se tali aziende hanno, tra i compiti istituzionali, quello dell’assistenza medica, sociale e farmaceutica (Cassazione, n. 11918/2014), Ciò in quanto le Asl restano distinte dai “vecchi” enti ospedalieri, che mantengono una loro autonomia, o in quanto costituiti in “aziende ospedaliere”, o quali “presidi” ospedalieri nell’ambito delle Asl (Cassazione, n. 8922/2018; n. 1687/2016; n. 11918/2014; n. 20249/2013).
Le pronunce successive di legittimità hanno mantenuto un orientamento restrittivo, escludendo dal beneficio fiscale anche le società titolari di accreditamento con il servizio sanitario loro concesso dalla regione, sia definitivo (Cassazione, n. 29068/2020; n. 27831/2019, n. 20489/2019 e n.18603/2019), che provvisorio (Cassazione, n. 16642/2020; n. 12500/2019; n. 33244/2018). La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che, nell’ambito del snn, il passaggio (dal regime di convenzionamento esterno) al nuovo regime di accreditamento (ex articolo 8 Dlgs n. 502/1992, poi integrato dall’articolo 6, legge n. 724/1994) non ha modificato la natura sostanzialmente concessoria del rapporto esistente tra la pa e le strutture private. Non potendo porsi a carico dell’ente pubblico alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato e al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali (Cassazione, n. 26689/2014 e n. 17711/2014; n. 1740/2011), la Cassazione ha escluso che, «ai fini del beneficio fiscale della riduzione del 50% …, le istituzioni di carattere privato che ‘abbiano un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali’, di cui all’art. 43, comma 2, della legge n. 833 del 1978, anche se accreditate ai sensi della legge n. 724 del 1994, possano coincidere con gli ‘enti ospedalieri’ menzionati dall’art. 6, comma 1, lettera a, del d.P.R. n. 601 del 1973. L’espressione ‘enti ospedalieri’, e a seguito delle modifiche normative, i ‘vecchi’ enti ospedalieri costituiti in ‘aziende ospedaliere’, o quali ‘presidi’ ospedalieri nell’ambito delle a.s.l., consente di riferire il beneficio fiscale esclusivamente agli enti pubblici, non potendosi effettuare alcuna parificazione, a tali fini, con le istituzioni di carattere privato che abbiano un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente ex art. 43, c. 2, l. n.833/1978…» (Cassazione n. 2031/2022).

Riconoscere l’agevolazione a società private, indiscutibilmente estranee al concetto di “enti ospedalieri” pubblici, ai quali la norma originariamente si riferiva in via “esclusiva” in ragione del loro riconosciuto svolgimento della funzione di “presidio ospedaliero”, equivarrebbe a trasformare la disposizione in un’agevolazione di natura oggettiva, concessa in relazione all’attività svolta e non anche alla natura pubblica degli enti, considerata invece dal legislatore.
E ciò non sarebbe affatto consentito poiché in contrasto con il caposaldo dell’ordinamento tributario secondo il quale la norma di agevolazione, avente natura derogatoria di previsioni impositive generali e, quindi, insuscettibile di estensione al di là delle ipotesi tipiche disciplinate (Cassazione, n. 12500/2019 e sezioni unite n. 11373/2015), deve necessariamente interpretata in maniera restrittiva, in quanto rigorosamente legata al dato letterale (Cassazione, n. 2031/2022).

Tali conclusioni non sono contraddette neppure per le società miste costituite, a livello sperimentale ex articolo 9-bis, comma 4, Dlgs n. 502/1992, richiamate dalla legge regione Piemonte n. 12/2008.
Al riguardo, la Cassazione ha affermato che, nella fattispecie al suo esame, la peculiare modalità di svolgimento del servizio, a livello sperimentale, si interfaccia in modo significativo con la procedura di accreditamento regionale; di conseguenza, il beneficio non spetta alla contribuente in quanto la giurisprudenza di legittimità ha escluso l’accesso alle società private, anche se hanno ricevuto l’accreditamento provvisorio o definitivo dalla regione, o sono state riconosciute come “presidi ospedalieri”, o si sono costituite in società miste, con prevalente partecipazione delle Asl, comprese, quindi,  «le società miste costituite, a livello sperimentale, di cui all’art. 9-bis, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, richiamate dalla legge regionale Piemonte n. 12 del 2008». Ciò in quanto «l’agevolazione fiscale spetta esclusivamente agli enti ospedalieri di natura pubblicistica, con esclusione delle società private…» E la  partecipazione della Asl, così come gli elementi di fatto presenti nella Convenzione tra Asl e Spa, non consentono di riconoscere alla contribuente  natura “pubblica” né sulla base della disciplina delle società a partecipazione pubblica ex Dlgs n. 175/2016 e neppure vista l’inclusione giurisprudenziale, ai fini della fallibilità, delle società a partecipazione pubblica, a prescindere dalla tipologia di attività svolta,  dalla posizione  di socio assunta dall’ente pubblico in base al capitale conferito e dall’eventuale controllo analogo (Cassazione, n. 5346/2019).
Infine non si può riconoscere il beneficio dell’aliquota agevolata al 50 per cento neppure se si qualifica la contribuente quale “organismo di diritto pubblico”, non potendosi dedurre dalla qualifica del soggetto “formalmente”  privato che, proprio per avere avuto finanziamenti pubblici, deve utilizzare le forme dell’evidenza pubblica per l’affidamento delle commesse, la “natura pubblicistica” a ogni fine, e quindi anche per sottrarlo in ogni caso alla fallibilità o per beneficiare del dimezzamento delle imposte.
La necessità di continuare a seguire un’interpretazione rigida trova ulteriore giustificazione anche nella legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018). La Cassazione ha dato atto che, «a seguito delle forti critiche provenienti dalla galassia del non profit (si è fatto riferimento alla introduzione di una “tassa sulla bontà”), l’intervento abrogativo ha subito una fase di blocco» in sede di conversione del decreto legge n. 135/2018: l’articolo1, comma 8-bis, del Dl citato, infatti, ha sostituito integralmente l’articolo 1, comma 52, legge  n. 145/2018 (che aveva l’integrale abrogazione dell’articolo 6, Dpr n. 601/1973, con efficacia immediata, dal 1° gennaio 2019), rinviando espressamente l’efficacia dell’abrogazione all’introduzione di apposite misure di favore riservate però ai soggetti che svolgono, con modalità non commerciali, attività che realizzano finalità sociali. Il beneficio ex articolo 6, Dpr n. 601/1973, quindi, continua a trovare applicazione anche successivamente al 31 dicembre 2018, ma fino al periodo di imposta di prima applicazione del regime agevolativo da definire con successivi provvedimenti legislativi ex articolo 1, comma 52-bis, legge n. 145/2018.

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