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Giurisprudenza

Gestione proficua di slot machines:
va a finire dritta nel pro-rata Iva

Nel calcolo della percentuale di detrazione devono rientrare tutte le operazioni non meramente occasionali o accessorie all’attività effettivamente svolta dal contribuente

slot machine

La fattispecie esaminata dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 12689 del 25 giugno 2020, riguarda un avviso di accertamento emesso nei confronti di un contribuente, titolare di un bar con attività di gestione di slot machine, con il quale l’amministrazione finanziaria aveva parzialmente negato la detrazione Iva operata per l’anno d’imposta 2017, a causa dell’errata applicazione del pro-rata di detraibilità.
Poiché le operazioni esenti non danno diritto a detrazione (articolo 19, comma 2, Dpr n. 633/1972), per i contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo a operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività da cui derivano operazioni esenti ex articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria e il relativo ammontare è determinato – appunto – applicando il pro-rata di detrazione di cui all’articolo 19-bis (che recepisce – e rispetta pienamente, come chiarito dalla Corte di giustizia nella sentenza Mercedes Benz, C-378/15  – l’articolo 173 della direttiva 2006/112/Ce).
 
In particolare, la percentuale di imposta indetraibile si determina in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione e lo stesso ammontare, aumentato delle operazioni  esenti, effettuate durante il medesimo anno d’imposta. Dal calcolo del pro-rata, che può essere evitato tenendo, in relazione alle diverse attività esercitate, delle contabilità separate (cfr articolo 36, Dpr n.633/1972), sono escluse, tra l’altro, le attività esenti di cui ai numeri da 1) a 9) dell’articolo 10 (le operazioni relative a giochi e scommesse sono ricomprese nel n. 6)  “quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o siano accessorie alle operazioni imponibili”.
L’ordinanza in commento, nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia delle entrate, si sofferma proprio sul concetto di “oggetto dell’attività propria”.

La soluzione della Corte
La Ctr del Molise, rigettando l’appello dell’ufficio, aveva confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento, rilevando come il contribuente esercitasse due attività diverse, assoggettate a contabilità separata (ma qui la Ctr deve aver confuso la contabilizzazione “specifica” dei proventi con le contabilità separate di cui all’articolo 36: se vi fosse stata contabilità separata “in senso proprio”, non vi sarebbe stata materia del contendere). Secondo la commissione tributaria regionale., la gestione del bar costituiva l’attività principale e la gestione delle slot machines quella accessoria a essa, poiché non era gravata da costi e acquisti “inerenti”, non doveva ritenersi inclusa nel calcolo del pro-rata.

Disatteso il primo motivo, con il quale l’Agenzia aveva lamentato l’apparenza della motivazione della sentenza di appello, la Cassazione ha accolto il secondo, basato sulla violazione e falsa applicazione dell’articolo 19 del Dpr n. 633/1972. Secondo l’amministrazione, nel calcolo del pro-rata sarebbero dovute rientrare tutte le operazioni non meramente occasionali, avuto riguardo alla attività effettivamente svolta dal contribuente e considerando in termini parametrici il volume di affari complessivo; tuttavia, nel caso in esame, l’attività di gestione degli apparecchi da intrattenimento non era né accessoria né occasionale rispetto al volume d’affari complessivo.

La Corte ha accolto il ricorso, affermando che costituiscono proventi di un’attività strumentale e accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità Iva, quelli derivanti da una attività svolta in modo assolutamente occasionale e, quindi, “estranea” a quella propria di impresa del contribuente. Ha, altresì, precisato che l’occasionalità deve essere accertata non in base alle previsioni statutarie, bensì in concreto, “secondo parametri di regolarità causale rispetto al fine produttivo”. La natura dell’attività (occasionale o caratteristica) deve essere stabilita – ai fini della ricomprensione nel calcolo del pro-rata – con particolare riguardo all’ammontare complessivo dei ricavi derivanti da un’attività rispetto a quelli provenienti dall’esercizio dell’altra attività: è necessario, in altri termini, confrontare i due volumi d’affari, e tale accertamento è stato omesso dalla Ctr, che dovrà riesaminare la causa in sede di rinvio.

Brevi osservazioni
La pronuncia in esame si conforma a una giurisprudenza consolidata e ribadisce un principio quasi scontato: non può dirsi “occasionale” un’attività (esente) che genera un volume d’affari non marginale rispetto all’altra, quella che produce proventi imponibili. L’ordinanza non indica i dati numerici, ma è ben possibile, come talora si verifica nella pratica, che i proventi delle slot machines possano addirittura superare quelli dell’attività tipica (l’esercizio del bar).
La prima attività, oltre (nel caso concreto) a non essere esercitata sporadicamente, non può nemmeno dirsi “accessoria” alla seconda, se è vero che, per esser definita tale, la prestazione non deve costituire per la clientela un fine a sé stante, ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore (ad esempio, nella sentenza Mercedes Benz citata, la Corte di giustizia si esprime in termini di “prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività imponibile dell’impresa”).
Sulla nozione di “attività propria”, in senso conforme all’ordinanza in commento, la Cassazione si è espressa con la pronuncia n. 8813/2019, secondo la quale “per verificare se una determinata operazione attiva rientri, o meno, nell’attività propria di una società, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti (cd. “pro-rata”), occorre considerare l’attività in concreto svolta in modo prevalente dall’impresa, assumendo a tal fine rilevanza l’esistenza di una contabilità distinta e la misura ingente dell’ammontare dei ricavi derivanti dall’una, rispetto a quelli provenienti dall’altra attività”.

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