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Giurisprudenza

Le gigantografie sulle vetrine
fanno pubblicità, perciò pagano

Costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, idoneo a far conoscere alla massa di possibili acquirenti il nome, l'attività e il prodotto di una azienda

manifesto pubblicitario

Sono soggette all’imposta sulla pubblicità le grandi fotografie che coprono l’intera superficie delle vetrine di un supermercato e rappresentano cibi vari (latte, verdure, pane, formaggi, eccetera), materie prime, scene agresti, persone che cucinano, che consumano pasti in compagnia della famiglia o di amici, poiché costituiscono immagini che inequivocabilmente promuovono l’attività dell’esercente e sono dirette a richiamare l’attenzione degli eventuali acquirenti. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 21043 del 2 ottobre scorso.
 
I fatti
Una Spa ha impugnato l'avviso di accertamento, relativo all'anno d'imposta 2015, riguardante l’imposta comunale sulla pubblicità per l'esposizione di mezzi pubblicitari apposti sulle vetrine di un punto vendita (minimarket). Nei gradi di merito, la contribuente si era vista accogliere il ricorso e confermare la sentenza di primo grado. In particolare, la Ctr, rigettando l’appello proposto dalla concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta, ha ritenuto che le vetrofanie apposte sulle vetrine del mini market erano carenti di funzione pubblicitaria in quanto, trattandosi di anonime riproduzioni di alcuni articoli in vendita, si limitavano a raffigurare cibo in genere e non richiamavano in alcun modo la denominazione sociale del contribuente.
La concessionaria ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione degli articoli 5 e 6, Dlgs n. 507/1993 e 17, comma 1, lettere a) e b), dello stesso decreto legislativo, per insussistenza dei presupposti di esenzione dal pagamento dell'imposta.
 
La Corte ha accolto il ricorso, ribadendo il consolidato orientamento di legittimità secondo il quale “costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti - indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione - obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l'attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica (Cass. n. 17852 del 2004, Cass. n. 15449 del 2010)” (Cassazione, ordinanza n. 21043/2020).
 
Osservazioni
I giudici di legittimità sono stati chiamati a stabilire se le grandi fotografie di prodotti alimentari o comunque riferibili all’attività commerciale del supermercato, affisse alle vetrine, siano soggette a imposta sulla pubblicità. L'oggetto di tale imposta ex articolo 5, Dlgs n. 507/1993, è costituito dai comportamenti pubblicitari, visivi o acustici, realizzati tramite affissione su appositi impianti o altri mezzi disponibili, e va riferito non all'attività di diffusione del messaggio ma al mezzo pubblicitario disponibile, avente lo scopo di promuovere la domanda di beni e/o servivi e di migliorare l’immagine aziendale a prescindere dal tempo durante il quale tali mezzi sono stati effettivamente utilizzati, non potendo l'amministrazione comunale accertare se ogni singolo mezzo autorizzato sia stato realmente impiegato per la diffusione dei messaggi pubblicitari e per quanto tempo (cfr Cassazione, n. 1307/2007).
 
Con riferimento ai mezzi pubblicitari utilizzati, i giudici di legittimità, in fattispecie assimilabili a quella in esame (cfr Cassazione, nn.1359 e 1360 del 2019), hanno distinto i mezzi di comunicazione con il pubblico da quelli con finalità meramente decorativa. In particolare, mentre i primi sono soggetti a imposizione, in quanto obiettivamente idonei a veicolare un messaggio, diretto a una pluralità indeterminata di possibili acquirenti, che promuova l'immagine ovvero i prodotti e/o servizi di un'azienda, assolvendo gli stessi mezzi a una funzione promozionale di vendita, per i secondi, e cioè per quelli aventi finalità meramente decorativa, l’imposta non trova applicazione.
Il presupposto impositivo, infatti, deve essere individuato nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto alla dimensione e all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perché vengono a trovarsi in quel luogo determinato (cfr Cassazione, nn. 6714/2017 e 30048/2018, con riguardo allo spazio interno della stazione ferroviaria il cui accesso sia consentito ai soggetti muniti di biglietto di viaggio; e n. 27497/2014, con riguardo alla targa indicativa di uno studio di un avvocato esposta in un cortile che, pur privato, è aperto al pubblico; e ancora Cassazione, n. 22572/2008).
 
È, quindi, soggetta all'imposta sulla pubblicità, ex articolo 5, Dlgs n. 507/1993, l'apposizione sul tetto del capannone aziendale di una scritta riproduttiva della ragione sociale, visibile dall'alto, finalizzata a segnalare il luogo di atterraggio alle mongolfiere partecipanti a un meeting, anche se, rispetto a tale mezzo di comunicazione con il pubblico, la funzione pubblicitaria non implica una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica e concorre assieme ad altre finalità (Cassazione, n. 15449/2010).
 
In relazione alla “pubblicità in vetrina” la Corte è pervenuta alle stesse conclusioni di imponibilità raggiunte per le vetrofonie  dei supermercati anche per le agenzie immobiliari che hanno scelto di esercitare l’attività d’impresa in un locale munito di vetrina, esponendo cartelli che descrivano gli immobili offerti in vendita o in locazione è frutto della strategia dell’agenzia immobiliare mirante a sfruttare la funzione di pubblicizzare (anche senza l’adozione di modalità di rappresentazione di carattere reclamistico) tali immobili, ossia di promuoverne la vendita o la locazione e, quindi e contestualmente, di promuovere l’accesso del pubblico ai servizi di mediazione offerti dall’agenzia. E ciò anche a prescindere dalla presenza, su detti cartelli, del logo e dei recapiti dell’agenzia, in quanto la promozione dell’attività di mediazione svolta costituisce effetto immediato e diretto della promozione dell’affare la cui mediazione sia stata affidata all’agenzia (cfr Cassazione, nn. 21966/2014 e 252/2012).

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